Ieri, lunedì 06 giugno 2022, alle ore 17.00 circa, a Bellagio sul lago di Como è morto Gianni Clerici, lo Scriba del tennis, il Dottor Divago come lo aveva soprannominato il suo grande amico e collega di mille telecronache tennistiche Rino Tommasi.

Clerici, classe 1930, comasco, lombardo DOC, orgoglio italiano, laureato in giurisprudenza, figlio di un ricco commerciante entrato in crisi finanziaria durante la Prima guerra mondiale (uno dei primi imprenditori in Italia a gettarsi nel settore del petrolio). Durante la Seconda guerra mondiale il giovane Gianni portava mitragliatori ai partigiani sui monti del lago di Como usando la sacca da tennis e la custodia del violino. Molti anni dopo è stato inserito nella Hall of fame del tennis insieme ai più grandi, insieme a Nicola Pietrangeli, non per la sua poco esaltante carriera da tennista (fu prima categoria e partecipò ad un’edizione di Wimbledon uscendo al primo turno, per poi ritirarsi dal gioco iniziando a raccontarlo con la sua penna, la sua voce), ma per essere considerato il più grande conoscitore e scrittore di tennis del mondo.

Nel 1974, dopo aver rovistato sottotetti e cantine, divorato documentazione seduto ad una scrivania del British Museum, intervistato circa settecento addetti ai lavori, diede vita, come disse Enzo Biagi, al libro italiano più conosciuto dopo la Divina Commedia e Pinocchio, una vera e propria enciclopedia che una quindicina di anni fa ebbi la fortuna di riuscire ad acquistare in una delle sue ultime ristampe: 500 anni di tennis.
Italo Calvino lo definì, con profonda stima e con l’involontaria riserva di una società letteraria legata a vecchi schemi forse un po’ snob o provinciali, uno scrittore prestato allo sport.

Gianni Clerici è stato e sarà sempre molto di più di uno scrittore prestato allo sport, Gianni Clerici attraverso i suoi articoli scritti su La Repubblica, attraverso il suo modo unico di commentare, di spiegare una partita, attraverso i suoi romanzi, ha dato un significato più ampio al gioco, allo sport, ne ha esaltato i sentimenti, le passioni, le capacità, l’arte, il genio espresso con un drop shot o una volèe, con un gesto talmente fantastico ed impensabile che le sue parole lo descrivono a piena ragione come un quadro di Rembrandt o una scultura di Michelangelo, come l’immagine della bellezza.

Di lui ho acquistato, ho letto, oltre al già citato famosissimo 500 anni di tennis, anche il meno ma non poco conosciuto Divina, libro interamente dedicato al racconto maniacale di Suzanne Lenglen, da lui amorevolmente etichettata “la più grande tennista del XX secolo”, Erba rossa, romanzo che narra la trasferta della nazionale di tennis italiana nell’allora Cecoslovacchia, nei giorni precedenti alla Primavera di Praga ed Alassio 1939, romanzo ambientato sul mar ligure che racconta la storia di un bambino di nove anni che durante il sabato fascista, giorno dedicato allo sport, prende le prime lezioni di tennis, del gioco di cui è innamorato e che qualche mese dopo, a causa dell’inizio della Seconda guerra mondiale, dovrà purtroppo abbandonare.
Gianni Clerici scriveva in maniera geniale, erudita, appassionante, le sue sono narrazioni fatte di colori meravigliosi, illuminanti che assomigliano a quelli della primavera, dell’estate, assolutamente non a quelli grigi, spenti, bui, freddi dell’autunno e dell’inverno.

Oggi, il giorno dopo la sua scomparsa, la Federazione Italiana Tennis ha deciso di intitolargli la sala stampa degli Internazionali BNL d'Italia, rendendolo noto con queste parole del Presidente Angelo Biraghi: “Indipendentemente da dove, nel corso degli anni, sarà materialmente realizzata all'interno del Parco del Foro Italico, la sala che ospiterà i giornalisti incaricati di raccontare le imprese di giocatori e giocatrici impegnati di uno dei tornei più importanti del mondo porterà il nome di chi ha scritto pagine indimenticabili del giornalismo e della letteratura sportivi”.
Finalmente, una volta tanto, questo Paese non si dimentica di chi lo ha reso grande, rispettato, amato. Non me ne vogliano la Federazione, il Presidente Biraghi e lo sponsor BNL, ma non mi sento in dovere di applaudirli per questo gesto dovuto, per essersi immediatamente ricordati di quello che insieme a Gianni Brera e Gianni Mura è stato il più grande del racconto dello sport italiano. Grazie sì, applausi no, è arrivato il momento che questi riconoscimenti diventino la normalità, magari prima che i fuoriclasse ci lascino per andare a miglior vita.

I tre Gianni (Brera, Mura, Clerici) se ne sono andati, ma il tempo, la morte non possono togliere a loro nulla, possono solo consegnarli all’immortalità.

 “Se fossi un po' più gay di quello che sono, mi farebbe piacere essere accarezzato dalla volée di McEnroe”…anche noi Gianni avremmo voluto essere accarezzati da quella volée… il tuo amico Rino da oggi sarà un po’ più solo, anche io da oggi sarò un po’ più solo…ciao Gianni, quante ore a leggerti, ad ascoltarti senza mai annoiarmi…rimangono i tuoi libri, le tue immagini, i ricordi dei racconti dello sport più educato ed elegante del mondo.