Tanti si ricordano dove erano in quel momento...
1 Zoff, 2 Baresi, 3 Bergomi, 4 Cabrini, 5 Collovati, 6 Gentile, 7 Scirea, 8 Vierchowod, 9 Antognoni, 10 Dossena, 11 Marini, 12 Bordon, 13 Oriali, 14 Tardelli, 15 Causio, 16 Conti, 17 Massaro, 18 Altobelli, 19 Graziani, 20 Rossi, 21 Selvaggi, 22 Galli. Commissario Tecnico: Bearzot.

Doveroso cominciare dalla fine. Eccoli i nostri eroi che, giusto giusto, quarant'anni fa fecero l'impresa. Costruirono qualcosa che, come vedremo, era auspicabile, nei sogni, ma certamente non preventivabile.
Faremo un lungo viaggio, piacevole spero, che, come in un cortometraggio, ci porterà a ricordare, a rivivere, a pensare.
Un rewind che, inesorabilmente, non poteva che iniziare dai convocati di una spedizione nata ed etichettata come BrancaZot (una armata Brancaleone agli ordini di Bearzot) e poi, successivamente, trasformatasi in apoteosi.
Chi ha avuto modo di gustare il piacevole reportage di Sky, si sarà accorto di molte sfumature, più personali e dialettiche che non calcistiche, degli interpreti di allora.
Una frase del giornalista e scrittore fiorentino Mario Sconcerti mi ha fatto pensare. Ha ammesso che "la campagna denigratoria della stampa di allora fu così tanto forte perché la Nazionale di calcio "non è di nessuno"; chiunque, non avendo timore di proprietà di giornali e città da coccolare, poteva andare a ruota libera".
Che strano... 
Additare, come ha riportato con le lacrime agli occhi Gentile (si è commosso più di una volta - sottolineando - "un tempo ero un duro"), di "intesa peculiare" e distintiva fra Cabrini e Rossi o, come ha rimarcato stizzito Bruno Conti, di appiccicare l'etichetta al "bollito Bearzot" piuttosto che alla "mummia Zoff", non penso faccia parte di giornalismo, ma di becero sistema di alcuni che amano imbiancare i muri dell'anima con palate di fango.
Infatti, almeno rimanendo in ambito sportivo, la "Gazzetta dello Sport" titolò a nove colonne: "Bearzot, ora basta!". Spiegando: "O il commissario tecnico cambia rotta, o lascia la Nazionale". Il "Corriere della Sera", di rimbalzo, calò l'asso: "È giunto il momento in cui la Federazione ha il dovere di porsi seriamente una domanda: se sia il caso dì continuare a lasciare la Nazionale nelle mani di Enzo Bearzot. La nostra impressione è che siano sprofondate nella follia e nella vergogna le ottuse teorie immobilistiche del commissario tecnico". Il quesito diventava calcisticamente drammatico: riuscirà Bearzot a salvare la panchina?
Una volta di più, i detrattori restarono spiazzati. Anche perché sulla via del rinnovamento il Ct fu parsimonioso, ma vincente. Dopo aver inserito stabilmente Altobelli, dovendo trovare il successore del declinante Causio, a chi gli consigliava Bagni e Novellino rispose scegliendo il venticinquenne romanista Bruno Conti. In breve diventerà un irresistibile fuoriclasse delle fasce laterali. Identico buon fiuto si rivelò l'nvestitura di Marini, centrocampista di fatica dell’Inter, fatto debuttare contro la Danimarca e subito a proprio agio.
Il tecnico andò avanti con i suoi "pallini". Zoff, ormai vicino ai 40 anni, per salvare il quale, dopo le papere contro Olanda e Brasile nel Mondiale del 1978 in Argentina, decise di sfidare l’ira funesta della critica, quasi unanime, nel considerarlo al più un valido portiere d’albergo.
Fa strano ricordare che L’ASSIAL (Associazione italiana allevatori lombrichi) il 1° Luglio del 1982 offrì al capitano della nazionale italiana un milione di lombrichi per le prodezze del portiere azzurro. L’offerta fu possibile grazie al concorso di numerosi lombricoltori italiani. 
Tetragono ai colpi della critica, il commissario tecnico col naso da pugile, non si mosse di un centimetro. A Lipsia, in aprile, tornò Antognoni dopo il gravissimo infortunio subìto in campionato a Novembre contro il genoano Martina, e Bearzot azzardò buttando sul tavolo tre esordienti: se il terzino romanista Marangon e l’atteso Massaro, tornante della frizzante Fiorentina, aggiunsero poco, il terzo, il difensore interista Bergomi, fece scalpore per la sua età, appena diciotto anni (e un aspetto da adulto testimoniato dal soprannome “zio”), e per la disinvoltura con cui riuscì a calarsi nella parte. Sul piano del gioco era un’Italia in panne, che concesse ai tedeschi dell’Est il primo successo della storia nei confronti diretti. Il "partito di Beccalossi", estroso funambolo della Milano nerazzurra, le canta chiare a Bearzot al ritorno, alimentando un clima ormai generalizzato di completa sfiducia.
Il campionato italiano viveva una stagione di diffusa crisi tecnica, cui si cercò di rimediare portando a due il numero di stranieri per la stagione successiva, nella sempre più viva speranza che potessero essere acquistati campioni a rinsanguare il nostro asfittico calcio.
All’indomani della chiusura del campionato, il Ct scioglie le riserve: al posto di "Penna bianca" Bettega, atteso invano fino all’ultimo, c'era il cagliaritano Selvaggi. Viene ripescato pure Causio, spinto dall’orgoglio, a una strepitosa stagione nell’Udinese. Per il resto, tutto regolare, compresi il baby Bergomi, scommessa audace, e Rossi, subito recuperato alla causa nella speranza che potesse risolvere i problemi di anemia della squadra. L’ultima amichevole prima della partenza, con la Svizzera a Ginevra, fece registrare un pareggio (1-1) povero di gioco. L’ennesima scintilla per un incendio ormai incontrollabile. A parte un paio di eccezioni, l’ondata delle critiche si levò violenta, raggiungendo toni ed espressioni oltre il limite della ferocia e addirittura dell’insulto personale nonostante l’avversario fosse reduce da una sensazionale striscia positiva di risultati, e la prova degli azzurri, sul piano della tenuta atletica e dei meccanismi di gioco, non fosse da buttare.

Oltre ad Argentina e Spagna, partecipanti di diritto, passarono alla fase finale: Germania Ovest, Austria, Belgio, Francia, Cecoslovacchia, Urss, Ungheria, Inghilterra, Jugoslavia, Italia (su Danimarca, Grecia e Lussemburgo), Scozia, Irlanda del Nord, Polonia, Brasile, Perù, Cile, Algeria, Camerun, Kuwait, Nuova Zelanda, Honduras, El Salvador.
Una sola vittima davvero illustre, l’Olanda, uscita a pezzi dal girone, superata non solo da Francia e Belgio, ma anche dall’Eire. Esauritasi la generazione dei campionissimi, il "calcio totale" passò bruscamente di moda. Le 24 qualificate furono divise in sei gironi da quattro, in una formula a doppia fase, replica di quella precedente, con l’aggiunta tuttavia di due incontri di semifinale tra le prime quattro del secondo turno.
Avevo appena terminato la terza media; i compiti per le vacanze estive, perciò, inesistenti. Il "non fermarti completamente, leggi almeno 4-5 libri" detto da mio padre, fece, in parte, l'effetto sperato. Comprai tutte le settimane, con la paghetta della nonna, i nuovi Zagor e Tex... Non erano libri ma... erano lunghi e avvincenti ugualmente!

Il gruppo 2 si aprì con il "botto" dell’Algeria, trascinata dal fuoriclasse Madjer, per una storica vittoria sulla Germania, fresca campione d’Europa. L’Austria, con l’ossatura di quattro anni prima, si sbarazzò del Cile e poi fece fuori facilmente gli africani, che però si rifecero sui sudamericani, battuti anche dai tedeschi. C’era sentore di "combine" quando i forti austriaci affrontarono la Germania, cui solo una vittoria avrebbe consentito di raggiungere l’Algeria e superarla per differenza reti. Gli uomini di Schmidt si consegnarono ai tedeschi senza colpo ferire, aprendo loro la strada alla seconda fase: una vergogna sportiva!
Nel terzo gruppo altra sorpresa in avvio. L’Argentina di Maradona perse col Belgio, ma si rifece prontamente con l’Ungheria che maramaldeggiò, senza remissione, El Salvador (10-1!) non riuscendo poi ad andare oltre il pari contro lo spilungone portiere Pfaff e soci.
Nel quarto gruppo tutto facile per Inghilterra, che chiuse a punteggio pieno, e Francia, cui bastò battere il Kuwait e non perdere con i cecoslovacchi per passare il turno.
Quella dei transalpini, resterà uno degli episodi più clamorosi dell’intera storia del calcio. Al 79′, sul risultato di 3-1 a favore dei francesi, mentre questi ultimi erano in attacco, i giocatori kuwaitiani, sentendo un sibilo simile a quello del fischietto dell’arbitro, si fermarono, consentendo all’indisturbato Giresse di segnare il gol del 4-1. L’arbitro russo Stupar convalidò la rete: a quel punto inizia lo show dei calciatori arabi che, dopo aver cercato di spiegare all’arbitro di essere stati ingannati dal fatidico fischio, si ammassarono sotto la tribuna dove era presente, tra gli altri, anche lo sceicco Fahd Al Ahmad, presidente della federcalcio del Kuwait, il quale minacciò platealmente di ritirare la squadra. Stupar annullò la rete di Giresse, il gioco riprese e i minuti conclusivi lasciarono spazio al quarto gol francese siglato da Bossis. 
Lo sceicco Fahd Al Ahmad rimarrà vittima di un conflitto a fuoco con i soldati iracheni, nel 1991, durante la Guerra del Golfo.
Nel quinto gruppo gli arbitri sospingono la Spagna, destinata altrimenti a cadere per mano della sorprendente Irlanda del Nord. Un rigore discutibile consente alle ex "furie rosse" di salvarsi con l’Honduras, un rigore inventato (e ripetuto) la fa vincere contro la Jugoslavia. I modesti irlandesi di Billy Bingham centrano la grande sorpresa.
Nel sesto gruppo Brasile sugli scudi, seppure sospinto poderosamente dall’arbitro spagnolo Lamo Castillo a battere l’Urss in apertura. Poi, gioco entusiasmante, sulle ali di un centrocampo sublime, il "divino quadrilatero" come lo ha recentemente ribattezzato Serginho: Falcao, Cerezo, Socrates e Zico, con l’appoggio di Junior e Eder. Spazio anche per l’Urss, che superò la Scozia di Souness e Jordan solo grazie alla differenza reti.
Una volta di più, le condizioni climatiche favoriscono gli azzurri, spediti sull’Oceano atlantico, a Vigo, dove il freddo pungente rivitalizza gli atleti. Il girone, non proprio morbido, propone Polonia, Perù e Camerun: si qualificano le prime due. Il tradizionale match di allenamento venne organizzato con i portoghesi del Braga, neopromossi in A, sul loro campo oltreconfine. La prova non fu felice; gli spenti azzurri vinsero grazie a un golletto di Graziani suscitando la reazione indignata del presidente federale Sordillo: "Se la Nazionale è questa" - detta ai cronisti "meglio tornare a casa". 

La prima partita la vidi nella nostra casetta in campagna che ci ospitava fino al rientro in città per l'inizio delle scuole (quando feci la 1^ e 2^ elementare si tornava a ottobre...). Quattro chilometri dal paese e pochi di più da Firenze (il babbo faceva la spola) in mezzo a tutto quello che potessi desiderare: la libertà spensierata di quegli anni...
14.06.82 Vigo, Estadio Balaidos
Italia-Polonia 0-0
Italia: Zoff (c), Gentile, Collovati, Scirea, Cabrini, Antognoni, Marini, Tardelli, Conti, Graziani, Rossi.
Polonia: Mlynarczyk, Janas, Jalocha, Zmuda (c), Majewski, Matysik, Iwan (72' Kusto), Buncol, Lato, Smolarek, Boniek.
Arbitro: Vautrot (Francia).
Per il temutissimo esordio con la forte Polonia, del nuovo asso Boniek appena acquistato da Lei (assieme a Platini) per la stagione successiva, il Ct scelse di non cambiare. Dunque: Zoff in porta, Gentile e Cabrini terzini, Collovati stopper davanti al libero Scirea; a centrocampo, Marini mediano, Tardelli interno a tutto campo, Antognoni regista avanzato, Bruno Conti a vivacizzare il gioco dalle fasce; in avanti Rossi e Graziani. Al fischio d’avvio, i più temuti tra gli avversari, vennero spenti senza problemi: Tardelli annulla Boniek, Gentile acquieta il velocissimo Smolarek, solo Cabrini ebbe qualche problema col vecchio Lato. Per il resto, è Italia, con Mlynarczyk costretto agli straordinari su punizione di Antognoni e su tiri di Graziani e Conti. Nel finale, la traversa salvò il portiere polacco da una sventola di Tardelli. Italia tecnicamente e atleticamente superiore, con l’unico limite di non essere riuscita a concretizzare.

Ci invitò Ezio, figlio di Primo (un contadino che mi aveva già fatto provare l'ebbrezza di guidare un trattore a cingoli) che, a parte che era Gobbo Gobbo come quasi tutti quelli che vivono in campagna, faceva delle merende da urlo. Coglieva il pomodoro dal campo e lo strusciava, come se non ci fosse un domani, sopra a delle barche di pane condite con sale, olio e aceto che ci faceva strizzare gli occhi...

18.06.82 Vigo, Estadio Balaidos
Italia-Perù 1-1
Reti: Conti 18', aut. Collovati 84'.
Italia: Zoff (c), Gentile, Collovati, Scirea, Cabrini, Antognoni, Marini, Tardelli, Conti, Graziani, Rossi (46' Causio)
Perù: Quiroga, Duarte, Ruben Díaz (c), Salguero, Olaechea, Barbadillo (51' Leguía), Cueto, Velásquez, Cubillas, Oblitas, Uribe (65' La Rosa)
Arbitro: Eschweiler (Germania Ovest).

Quattro giorni dopo, Bearzot confermò gli undici contro il Perù, ricavandone una partita a due facce: buon primo tempo degli azzurri, con gol dal limite dell’indiavolato Conti; ripresa disastrosa, con un rigore negato ai peruviani (atterramento in area di Oblitas da parte di Gentile) e meritato pareggio su tiro di Diaz deviato nella propria porta da Collovati. Nell’intervallo, il Ct decise di togliere il fantasma Rossi, sostituendolo con Causio, senza rilevanti risultati. L’onda della critica si stava risvegliando feroce…
Oltre che per la prodezza di Bruno Conti, autore di un fantastico gol, quella tra peruviani e italiani può essere ricordata anche per un episodio curioso e, senza dubbio, sfortunato, occorso all’arbitro tedesco Eschweiler. Al 20′ del primo tempo, due minuti dopo la rete di Conti, mentre l’azione si sta svolgendo a centrocampo, il peruviano Velasquez ebbe un difettoso controllo del pallone e, nel cercare di riconquistarlo, impattò violentemente contro l’arbitro. Quest’ultimo ruzzolò a terra e rimase stordito per qualche secondo, procurandosi anche un taglio sulle labbra, perché, proprio al momento dello scontro, aveva il fischietto in bocca. Nulla di grave, comunque: furono sufficienti un paio di minuti per la ripresa del gioco. 

Giulio, a cui ho voluto bene quanto a un nonno, era stravagante. Veniva soprannominato "milleidee". Decise di attaccare il televisore tra il pollaio e il viottolo che andava in mezzo ai campi. I fili "ciondoloni" non si contavano. Guardammo la partita senza respirare per paura che si staccasse qualche presa; le galline ci guardavano e, a distanza di 40 anni, ho sempre la sensazione che ci prendessero per il culo...
23.06.82 Vigo, Estadio Balaidos
Italia-Camerun 1-1
Reti: Graziani 60', M’Bida 61'.
Italia: Zoff (c), Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani.Camerun: N’Kono, Kaham, M’Bom, Aoudou, N’Djeya, Onana, M’Bida, Kunde, Milla, Abega, Tokoto.
Arbitro: Dotchev (Bulgaria).

Al terzo appuntamento, lo scialbo pari con il Camerun distilla la goccia che fece traboccare il vaso dei veleni. Bearzot sostituì l’acciaccato Marini con Oriali, l’Italia scese in campo senza idee e senza nerbo. Solo nella ripresa un cross di Rossi venne raccolto di testa dal vivace Graziani che infilò il sorpreso N’Kono. Dopo appena un minuto, però, su un’esitazione di Scirea, Kunde passò a M’Bida che trafisse Zoff da pochi passi, in sospetto fuorigioco. Il gol non era sufficiente al Camerun: le due squadre erano a pari punti e differenza reti, ma l’Italia aveva il vantaggio di avere segnato due gol, il doppio degli africani. Ai quali non par vero di potersene andare, eliminati sì, ma imbattuti. Finì dunque in melina e in Italia si scatenò la gazzarra!
Alcuni giornali montarono una polemica sui premi stratosferici che sarebbero stati promessi agli azzurri: 70 milioni a testa solo per la qualificazione alla seconda fase, ottenuta senza riuscire a vincere neppure una partita. Puntuali, incominciarono a piovere le interrogazioni parlamentari, viatico al proibitivo girone di seconda fase, con i "mostri" Argentina e Brasile (passava solo la prima classificata).
In vista della prevedibile eliminazione azzurra, il fuoco incrociato dei cecchini della critica raggiunse punte di parossismo senza precedenti. Bearzot fu dipinto come un minus habens: "Prima di assumere l’alto incarico di Ct, trascorreva le sue giornate seduto sul caffè che dà sulla piazza di Ajello del Friuli e quando passavano gli automobilisti esitanti diretti a Udine o più oltre, e si fermavano per chiedere quale cammino seguire, il futuro mister si affrettava a insegnare loro premurosamente la strada giusta, per cui gli fu unanimemente riconosciuta questa sua qualità di insegnante. Poi si sa cosa accade a chi, senza essere dotato di un robusto equilibrio, ha la ventura di percorrere una carriera vertiginosa: perde facilmente la testa". 
Paolo Rossi gli siede accanto sulla graticola: "È una bestemmia mandarlo in campo; in queste condizioni un atleta si spedisce in montagna. C’è da chiedersi quali conoscenze di sport abbia gente convinta di poter cavare qualcosa da un atleta ridotto nelle condizioni di Rossi".

Gli azzurri si tuffarono nel caldo torrido di Barcellona, comunicando ai cronisti una decisione senza precedenti. Indispettiti dalle voci sui premi e dalla insinuazione di un quotidiano milanese (su un particolare feeling tra Rossi e Cabrini. A questo si era arrivati, come sottolineato in apertura), proclamarono il silenzio stampa. Motivazione ufficiale: le eccessive distorsioni delle loro dichiarazioni operate dai giornalisti nei loro resoconti. Unica eccezione: a nome di tutti avrebbe parlato solo Dino Zoff, la cui loquacità, è noto, pareggiava la popolarità di Bearzot tra gli operatori dell’informazione. 
Per inciso, nella puntata di Sky, sia Bergomi sia Zoff hanno sottolineato che il mutismo del gruppo fu fatto soprattutto per rispetto a Bearzot. "Voi non potete capire" - rivolto a noi telespettatori. Era inaccettabile che gli attacchi non fossero più a livello sportivo ma solo personale. Un livello, sempre per rimanere in ambito calcistico, veramente rasoterra. Per non dire sottoterra...
Sordillo convocò una conferenza stampa per smentire i 70 milioni dello scandalo, senza peraltro sottilizzare più di tanto sulle responsabilità di chi le aveva pubblicate. Tanto, tutti si stavano  preparando allo scempio che della povera Italia avrebbero fatto i fenomeni argentini e brasiliani.

Non poteva mancare, anche in un contesto assolutamente semplice formato, a volte, da persone analfabete, il figlio del mezzadro, tal Lorenzo. Simpatico come un campo di ortica! Ci invitò nel suo salotto in villa. Non potevamo dire di no: televisore enorme, a colori, e ogni ben di Dio su una tavola imbandita che sembrava più il giorno di Natale che non uno spuntino per merenda. Per ringraziarlo, appena prima di andare a letto, gli "svuotammo" un ciliegio dopo aver aperto un varco nella rete di recinzione...

29.06.82 Barcellona, Estadio Sarria
Italia-Argentina 2-1
Reti: Tardelli 55', Cabrini 67', Passarella 83'.
Italia: Zoff (c), Gentile, Cabrini, Collovati, Scirea, Tardelli, Antognoni, Oriali (76' Marini), Conti, Rossi (81' Altobelli), Graziani.
Argentina: Fillol, Olguin, Galvan, Passarella (c), Tarantini, Gallego, Ardiles, Maradona, Bertoni, Diaz (59' Calderon), Kempes (59' Valencia).
Arbitro: Rainea (Romania).

Il primo appuntamento fu con i campioni del Mondo uscenti. Nonostante la pressione generale, Bearzot confermò nuovamente il deludentissimo Paolo Rossi. Tornò al suo posto Oriali. Andammo in campo nel piccolo, ribollente stadio Sarrià; qui avvenne il miracolo. Di fronte a una Argentina che ricalcava la formazione del 1978, con Diaz al posto di Luque al centro dell’attacco e il giovane fenomeno Diego Maradona per Ortiz (con Kempes all’ala), gli azzurri dettero vita a una prova magistrale, cogliendo la prima vittoria. Il primo tempo andò avanti senza troppi sussulti, con leggera prevalenza degli uomini di Menotti con gli azzurri in fase di studio. Gentile annullò Maradona e nella ripresa l’Italia, rincuorata, si trasformò, dando vita a contrattacchi rapidi ed essenziali. Conti fece un lancio su Antognoni, il fiorentino avanzò con la solita falcata e, con un no look, pallone sul limite dell’area per l’accorrente Tardelli, che sparò un missile in rete al volo di sinistro senza scampo per Fillol.
In un girone a tre, chi perde il primo incontro è fuori per metà, logica la reazione rabbiosa degli argentini. Maradona colpisce il palo su punizione, ma tre minuti dopo l’Italia fa il bis: lancio dello scatenato Tardelli per Rossi, che spreca su Fillol in uscita, Conti raccolse la respinta e dette a Cabrini, il cui sinistro al volo infilò il portiere sulla sua sinistra. Due minuti dopo solo un nuovo, clamoroso errore di Rossi, sempre più stralunato, impedì il terzo gol agli uomini di Bearzot, che cominciarono ad accusare la fatica e qualche duro intervento avversario.
Uscì Oriali per Marini, così come lo spento Rossi per Altobelli. Su un fallo di Marini, Rainea decretò la punizione; Passarella decise di non aspettare il fischio e sorprese Zoff con un tiro che si infilò sotto la traversa. Mancavano pochi minuti, Gallego brutalizza Tardelli e viene espulso, Fillol con una prodezza assorbe un bel pallonetto di Conti ed è il fischio di chiusura.
L’imprevedibile è accaduto, qualcuno tra i critici comincia a rettificare il tiro, anche se c’è sempre il Brasile dietro l’angolo pronto a fare giustizia di Bearzot e dei suoi…
Contro l’Argentina, il Brasile conferma la propria irresistibile vena. La danza dei verdeoro è calcio in musica: segnano Zico, persino il goffo Serginho e poi Junior. L’esasperato Maradona viene espulso, nel finale un gol di Diaz salva la bandiera.
A questo punto è spareggio tra Italia e Brasile, con i sudamericani stra-favoriti, anche perché, grazie alla miglior differenza reti, basta loro un pari per arrivare in semifinale. Bearzot affronta la squadra più bella del Mondiale con gli stessi uomini.

La Stella, in Valle, è stata la mamma di tutti. Nella sua modesta casa la porta era sempre aperta. I figli Marco e Tiziano, insieme ai più grandi Giuseppe e Massimo, erano i "tremendi" del gruppo. Elio, il marito, un buono con il vizio del fiasco. Eravamo in un corridoio talmente stretto che non ci passava nemmeno la Chula, la gatta di tutti. Tra puzza di sudore e mani unte urlavamo come fossimo sugli spalti. Non sarò mai grato a tutti di quello che mi hanno insegnato, nonostante povertà e modestia. Oppure grazie proprio a quelle virtù...

05.07.82 Barcellona, Estadio Sarria
Italia-Brasile 3-2
Reti: Rossi 8', Socrates 12', Rossi 25', Falção 68', Rossi 74'.
Italia: Zoff (c), Gentile, Cabrini, Collovati (34' Bergomi), Scirea, Tardelli (76' Marini), Antognoni, Oriali, Conti, Rossi, Graziani.
Brasile: Valdir Perez, Leandro, Oscar, Luizinho, Junior, Cerezo, Zico, Falcao, Serginho (71' Paulo Isidoro), Socrates (c), Eder.
Arbitro: Klein (Israele).

Rossi, che probabilmente pagava i due anni di inattività, sembrava non reggersi in piedi. Non importa. Testardo fino all’ossessione, Bearzot conferma il "suo" Pablito, l’eroe di Argentina. Il Sarrià ribolle quando Klein fischia l’avvio. Il tempo di annotare il ringhio del truce, baffuto Gentile su Zico ed è già gol: Conti lancia Cabrini sulla sinistra, il terzino supera Leandro e crossa in area, dove Rossi, di testa (tutt’altro che la sua specialità), si sblocca e fa secco Valdir Peres. Entusiasmo alle stelle, ma sono le stelle del Brasile a mettersi in moto: triangolo sublime con Zico che libera Socrates davanti a Zoff, destro rasoterra e palla nell’angolino.
Il sogno azzurro svanisce? Niente affatto. La partita è bella, palpitante, di altissimo livello. I brasiliani danzano il loro calcio stellare, l’Italia controlla e risponde con ficcanti contro manovre.
Rossi sembra rinato: intercetta un pallone di Junior al limite dell’area e fugge verso il numero uno verde-oro, trafiggendolo in uscita. Collovati subì una distorsione, zoppicava vistosamente e dovette uscire. Bearzot non ha esitazioni: manda in campo il diciottenne Bergomi a montare la guardia al gigantesco centravanti Serginho. Zoff deve superarsi su un paio di calci di punizione, ma gli azzurri non stanno a guardare: Rossi viene atterrato in area da Luisinho, poi ancora Zoff, leggendario, sventa uscendo sui piedi di Cerezo. Non c’è un attimo di sosta: Rossi manda fuori di poco un pallone di Graziani e il Brasile lo punisce. Falcao, inafferrabile, riceve da Junior al limite dell’area, sbilancia i difensori con una finta magistrale e di destro silura Zoff con un gran tiro nell’angolo alto alla destra del portiere. Indomabile, l’Italia si riporta in avanti. Angolo di Antognoni, la difesa ribatte, riprende Tardelli rovesciando verso il centro, dove il lampo di Rossi, al volo, trasforma incenerendo il portiere: 3-2!
Per il Brasile si fa dura, le ali del gioco si appesantiscono, la manovra diventa affannosa. Azione tutta Viola Graziani-Oriali-Antognoni e tiro di quest’ultimo che sorprende di nuovo l’incerto Valdir Peres, ma l’arbitro annulla per un inesistente fuorigioco.
L’ultimo brivido è allo scadere: cross di Eder dalla trequarti sinistra, Paulo Isidoro di testa spara in porta, il monumentale Zoff blocca il pallone sulla linea. 

Ebbi la netta sensazione, per la paura e l'emozione, di aver ingoiato un nocciolo di pesca...
In un tripudio di bandiere italiane, l’Italia si qualificò per la semifinale. Riuscì a eliminare le due superfavorite del Mondiale, diventando la squadra più forte. E "Pablito" Rossi, redivivo, diventa per gli spagnoli "l'hombre del partido". Il centravanti del miracolo.
La strepitosa vittoria riportata dall’Italia costò cara al vicesindaco di Dumenza, località del Lago Maggiore, che aveva scommesso, in caso di vittoria dell’Italia, di percorrere a piedi una lunga salita di 10 chilometri tra Luino e la ridente cittadina. 
Gli industriali di Vigevano, città famosa per le sue calzature, decisero, invece, di conferire un premio speciale a Paolo Rossi per le tre reti segnate contro il Brasile: al centravanti azzurro furono garantite scarpe di classe per tutta la vita. 
Nel primo girone si sveglia Zbigniew Boniek, con una terrificante tripletta affossatore del Belgio, il cui contro gioco non basta poi a bloccare l’Urss. Nel confronto diretto, i polacchi fermano gli avversari sul nulla di fatto, passando per differenza reti.
Nel gruppo B, lotta allo spasimo: Germania e Inghilterra si astengono nel confronto diretto, poi i tedeschi, salvaguardati dall’arbitraggio onesto di Casarin, sbattono fuori gli spagnoli tra il cordoglio della tifoseria locale.
Gli stessi spagnoli, anziché "vendicarsi" regalando il successo agli inglesi, si battono con grande sportività, fermando gli avversari sul nulla di fatto.
Nel quarto gruppo, tutto facile per la brillante Francia di Platini (ma anche Giresse, Tigana e Tresor), che, con difficoltà, sconfisse l’Austria di misura e poi travolse l’Irlanda.

La sensazione, in casa azzurra, è che il peggio sia ormai passato. La Polonia, già domata in avvio di Mondiale, non vale l’Argentina e tanto meno il Brasile. Oltretutto scende in campo priva dello squalificato trascinatore Boniek. Bearzot dal canto suo deve rinunciare allo squalificato Gentile, ben sostituito da Bergomi. Priva del suo leader, la squadra di Piechniczek si limita a una partita di contenimento, con una brutalità colpevolmente tollerata dall’arbitro Cardellino.

La Serena e la Silvia sono state le amiche di sempre. I genitori si conoscevano da una vita. Quel pomeriggio, caldo come non mai, ci rifugiammo in casa loro. La temperatura fu abbassata grazie al "buio totale" che ci accolse. Tutte le persiane furono chiuse a notte sperando di non fare entrare la calura. Al secondo gol, in cucina, abracciai non so chi, percependo, "roba soda" che a quell'età cominciava a fare il suo effetto. Mi accorsi che era il cocomero a guazzo...

08.07.82 Barcellona, Estadio Nou Camp
Italia-Polonia 2-0
Reti: Rossi 22', Rossi 73'.
Italia: Zoff (c), Cabrini, Collovati, Bergomi, Scirea, Antognoni (26' Marini), Conti, Oriali, Tardelli, Rossi, Graziani (70' Altobelli).
Polonia: Mlynarczyk, Dziuba, Zmuda (c), Janas, Majewski, Matysik, Kupcewicz, Buncol, Lato, Ciolek (46' Palasz), Smolarek (79' Kusto)
Arbitro: Cardellino (Uruguay).

L’Italia, ormai sicura dei propri mezzi, controlla senza problemi e va in rete: punizione di Antognoni su cui l’inarrestabile Rossi, al volo, rapina il gol da pochi passi. Lo stesso numero 10 e simbolo della Fiorentina viene poi azzoppato da Matysik (cinque punti di sutura) dovendo uscire, sostituito da Marini. Povero Antonio, dovette rinunciare alla finale e non calciare il rigore contro la Germania per una entrata killer. Che carriera sfortunata...
Kupcewicz colpì il palo su punizione, ma non ci fu mai partita. Nella ripresa, Graziani, “accarezzato” da Zmuda, venne sostituito da Altobelli, che tre minuti dopo lancia Conti: fuga sulla sinistra, cross a centro area dove “buca” Janas e alle sue spalle di testa il micidiale Rossi fa il bis.
Splendida l’altra semifinale, fra transalpini e germanici, una battaglia a colpi di grande calcio. Il guizzante Littbarski prima colpisce la traversa su punizione di Breitner, poi, su una difettosa risposta di Ettori a un tiro di Fischer, porta in vantaggio i tedeschi. La Germania sembra rinata, dopo le opache prove precedenti, ma la Francia ha fantasia da vendere. Tigana inventa che è un piacere, Giresse pennella una punizione per Platini, che di testa serve Rocheteau, K.H. Forster lo atterra. Rigore ineccepibile, Platini spiazza Schumacher dal dischetto e fa il pari.
Fino al novantesimo non si segna più, nonostante lo splendido gioco francese, pilotato da Le Roi, e radi ma efficaci contropiedi tedeschi; uno spaventoso contrasto tra il lanciato Battiston e Schumacher in uscita costringe il francese a uscire, mentre lo stadio fischia i tedeschi.
Si va ai supplementari e i francesi finalmente concretizzano con Tresor e poi Giresse. Finita? Tutt’altro. Entra il claudicante bomber Rummenigge, che subito va in gol e, sulla sbandata dei transalpini, si allunga una zampata micidiale di Fischer. Sul 3-3 si va ai rigori. Dal dischetto prima fallisce Stielike, poi Six e Bossis lo imitano e i francesi escono di scena.

L’ultimo atto, nel monumentale Bernabeu tappezzato di bandiere italiane, è un inno alla superiorità degli azzurri.
Bearzot manda in campo Oriali per l’infortunato Antognoni, avanzando Cabrini, con Bergomi, Gentile e Collovati marcatori (rispettivamente su Rummenigge, Littbarski e Fischer). Graziani, sia pure menomato, scende in campo, ma una entrata di Kaltz lo sbatterà fuori dopo pochi minuti. Derwall non se la sente di rinunciare al claudicante Rummenigge.
Roma, vigilia della finale Italia-Germania Ovest. Le strisce pedonali in via Oderisi da Gubbio, nel quartiere Portuense, furono rese tricolori da alcuni tifosi azzurri, che, di fatto, “allargarono” le strisce bianche normali, verniciandone ai lati altre due, una rossa e l’altra verde. 

Eravamo a cena dalla Rosina. Donna solo in apparenza dimessa, anche a causa del marito, tonto fino allo sfinimento. Vedemmo la finale in un bellissimo prato con un cielo dipinto. Mia nonna chiese il plaid, che usavamo per il pic-nic, perché, a suo dire, aveva la percezione di umidità. Panzanella, o "pan molle" come lo chiamano in campagna, come primo piatto, un prosciutto "smarrimesso" (appena iniziato) con una marea arancione di popone. La cantina sempre aperta per prendere il fiasco; pardon, i fiaschi...

11.07.1982 Madrid, Estadio Bernabeu
ITALIA-GERMANIA OVEST 3-1
Reti: Rossi 57', Tardelli 69', Altobelli 81', Breitner 83'.
Italia: Zoff, Gentile, Scirea, Collovati, Bergomi, Cabrini, Oriali, Tardelli, Conti, Graziani (8' Altobelli, 88' Causio), Rossi.
Germania Ovest: Schumacher, Kaltz, Stieleke, K.H. Forster, B. Forster, Dremmler (63' Hrubesch), Breitner, Rummenigge (70' H. Muller), Briegel, Littbarski, Fischer
Arbitro: Coelho (Brasile).

Partenza guardinga delle due squadre, con marcature ferree: K.H. Forster chiude su Rossi, il fratello morde Graziani e poi Altobelli, Briegel picchia Conti; quando quest’ultimo trova un varco ed entra guizzando in area, il gigante lo stende e l’arbitro fischia il rigore. Mancando il rigorista Antognoni, batte Cabrini, il cui tiro sbilenco finisce fuori, radente il palo alla sinistra di Schumacher.
Azzurri avviliti, tedeschi in difficoltà a passare, gioco scarso.
Nella ripresa, l’Italia è rinfrancata e per gli avversari non c’è scampo. Tardelli su punizione lancia Gentile, sul cui cross Rossi di testa anticipa Cabrini mettendo in rete. I tedeschi provano a reagire e vengono puniti: da Rossi a Scirea sulla destra, servizio per l’accorrente Tardelli, che di sinistro al volo infila Schumacher, abbandonandosi poi a un rabbioso e liberatorio urlo in corsa, che diventerà il simbolo dell’Italia campione del mondo.
Pochi minuti e il gioco azzurro, che ormai viaggia sul velluto, produce ancora un gol, grazie ad Altobelli, servito da Conti e bravo a superare in serpentina Schumacher, Kaltz e Briegel e a depositare in porta.
Un diagonale di Breitner, su respinta della difesa azzurra, concede ai tedeschi l’onore delle armi.
Poi, è il trionfo italiano, con Bearzot e i suoi festeggiati dal Re spagnolo Juan Carlos e dal Presidente italiano Sandro Pertini. 
Nella stragrande maggioranza, i critici del Bel Paese chiesero alla propria faccia una fatica supplementare per saltare sul carro del vincitore e inneggiare all’eroe Bearzot e ai suoi ragazzi. Rimasti fino all’ultimo in silenzio stampa…
Paolo Rossi, con il primo gol azzurro nella finale, si consacra capocannoniere di quei Mondiali. Proprio per celebrare il loro illustre concittadino, le autolinee di Prato decisero di far coniare dall’artista fiorentino Bino Bini una speciale moneta che verrà utilizzata sugli autobus cittadini. 

Voglio riportare, nella miriade di commemorazioni e commenti, cosa disse Pablito, il nostro Paolo Rossi nazionale, che ci ha lasciato davvero troppo presto.
"Non è stanchezza, non è commozione; mi scopro triste. Guardavo la folla, i compagni e dentro sentivo un fondo di amarezza. Adesso dovete fermare il tempo, adesso, mi dicevo. Non avrei più vissuto un momento del gene­re. Mai più in tutta la mia vita. E me lo sentivo scivolare via. Ecco: era già fini­to...".
Quanta verità, anche non solo sportiva, soprattutto di vita, in quelle poche parole. Sovente il silenzio è profondo come l'eternità; il discorso, superficiale come il tempo. 

A tutti i protagonisti di questa storia, famosi e non, il mio più sincero ringraziamento; ho capito, e forse mai come adesso, che non si può cambiare il proprio destino ma si può scegliere, orgogliosamente, la propria eredità.