Bologna-Juventus, Atalanta-Milan, Napoli-Verona.
Siamo alla resa dei conti. L’ultima giornata di serie A, in scena domenica in prima serata, determinerà il destino degli ultimi due posti in ballo per accedere alla prossima Champions League. Tre squadre ancora in corsa. Già sicure Inter e Atalanta, l’ultima notte di campionato dirà chi tra Juventus, Milan e Napoli resterà fuori, con i bianconeri sfavoriti da una classifica che li vede indietro di un punto rispetto alle due rivali, ma tenuti ancora in vita dal pareggio strappato da un tenace Cagliari a San Siro contro il Milan nello scorso turno di campionato. Un risultato che costringerà i rossoneri ad andarsi a prendere la qualificazione sul difficile campo di Bergamo, dove la squadra di Pioli affronterà un’Atalanta ferita dalla sconfitta nella finale di Coppa Italia e desiderosa di prendersi, per la prima volta nella sua storia, il secondo posto finale in classifica. Meno problemi, almeno sulla carta, per il Napoli, impegnato in casa contro un Verona che appare in vacanza già da qualche tempo. Almeno nelle previsioni, la sfida per l’ultimo pass disponibile per le grandi notti europee, si rincorrerà sui campi di Bologna e di Bergamo.
Per l’ultima sfida della stagione, Pirlo decide di fare a meno di Cristiano Ronaldo. Stando alle dichiarazioni degli inviati delle tv, la scelta sorprendente dell’allenatore bianconero sembra dettata dalla stanchezza accumulata dal portoghese in questa fase finale della stagione. Motivazione cui è difficile dar credito, dal momento che Ronaldo, nei tre anni a Torino, ha saltato pochissime partite, scendendo in campo anche quando la condizione fisica avrebbe forse suggerito di farlo riposare. Ad ogni modo, questo è quanto è dato sapere. 
Lo schieramento della Juventus, allineato in un classico 442, prevede quindi Szczesny tra i pali e una linea difensiva composta, da destra verso sinistra, da Cuadrado, De Ligt, Chiellini e Alex Sandro. A centrocampo, la squalifica di Bentancur, ingiustamente espulso contro l’Inter nell’ultimo turno di campionato, priva Pirlo dell’unico vero incontrista in rosa, assenza per la quale l’allenatore bianconero, ormai appurata la non compatibilità di Arthur e McKennie con una mediana formata da soli due uomini, affida ancora una volta a Danilo il compito di supportare Rabiot che, in questa parte finale di stagione, si è preso la titolarità grazie a prestazioni in costante crescita. Sulle due fasce spazio a Kulusevski e Chiesa, che accompagneranno le iniziative portate dalla coppia d’attacco formata da Morata e Dybala.
Dall’altra parte Mihajlovic, che, nel corso della conferenza stampa della vigilia, ha raccontato di sogni, rigori e risvegli, schiera il suo consueto 4231. Skorupski, grande protagonista della sfida di andata, tra i pali. Tomiyasu, Soumaoro, Medel e De Silvestri formano la linea difensiva. Coppia mediana composta da Schouten e Svanberg, con il trio Vignato, Skov Olsen e Barrow a supportare Palacio, unico riferimento offensivo della squadra rossoblù.

Le nuove maglie bianconere, inaugurate mercoledì scorso con il successo in coppa Italia, fanno il loro debutto anche in campionato. Viene confermata l’ottima impressione destata in occasione della prima apparizione. Dopo tre anni sono finalmente tornate le maglie della Juventus. Le squadre scendono in campo nel rispetto del protocollo anti covid. Prima del fischio d’inizio viene osservato un minuto di raccoglimento in ricordo delle vittime dell’incidente sulla funivia Stresa - Mottarone. Una batteria di fuochi d’artificio esplode fuori dallo stadio mentre le due squadre si schierano sul prato pronte a partire. Al segnale dell’arbitro Valeri, la partita, in contemporanea con i campi di Bergamo e Napoli, ha inizio. Il bravo Callegari in telecronaca promette di tenere i telespettatori informati su quanto accadrà nelle altre gare. 

L’avvio della sfida bolognese è a ritmi importanti. La Juventus scende in campo determinata a chiudere la pratica prima possibile e passa subito in vantaggio. Danilo lancia lungo verso la parte destra del campo. Il pallone viene raggiunto da Morata che dalla linea di fondo, di tacco, libera Kulusevski. Lo svedese taglia l’area con un pallone raccolto da Rabiot all’altezza del secondo palo. Il francese controlla e tira. Skorupski devia sulla traversa. Sul rimpallo arriva prima di tutti Chiesa che calcia e mette il pallone appena sopra la testa del basso Medel. La Juventus trova subito la rete necessaria per indirizzare la partita sul binario desiderato.
Forte del vantaggio, la Juventus si distende agile sul terreno di gioco, trovando in Dybala il tocco di classe che accende la manovra, portata avanti sulle due fasce dalla corsa potente di Chiesa e Kulusevski. La facilità con cui gli uomini di Pirlo si impossessano della gara, per un breve periodo rilassa forse troppo la squadra che, in un paio di circostanze, si concede alcuni momenti di eccessiva confidenza che rischiano di sfociare nella superficialità. La partita è vera. Il Bologna, incitato per tutta la settimana dai suoi tifosi che chiedono alla squadra di battere la Juventus per riscattare una stagione tranquilla ma tutto sommato anonima, vorrebbe concludere in maniera dignitosa il campionato. Gli scontri si moltiplicano. Valeri è costretto ad interrompere spesso il gioco. Medel picchia e si rotola a terra alla ricerca di ammonizioni per gli avversari. De Ligt deve  ricorrere alle cure dei medici a bordo campo a causa di un nuovo colpo subito nella stessa zona del piede destro già duramente toccata dal rude Romero in coppa Italia. Un tiro centrale di Vignato e una conclusione alta di Barrow racchiudono però la produzione offensiva dei rossoblu in tutto il primo tempo. Mihajlovic, inquadrato in panchina, non pare soddisfatto della prestazione dei suoi, che mostrano una certa fragilità in fase difensiva.
Dagli altri campi non arrivano notizie, a Bologna la Juventus raddoppia. Lo fa poco prima della mezz’ora. Cuadrado trova Dybala con un pallone filtrante tra le linee della difesa avversaria. L’argentino controlla e accelera. Ubriaca Schouten e con un tocco di esterno sinistro scavalca Skorupski in uscita bassa. Morata, di testa, a pochi passi dalla linea di porta corregge in rete.
Prima della fine del tempo, arriva anche il terzo gol. Dybala, Chiesa, Kulusevski. Uno scambio ad alta velocità tra le linee difensive bolognesi, rifinito dallo svedese che con un assist filtrante smarca Rabiot solo davanti alla porta. Il centrocampista, bravo a leggere lo sviluppo della manovra e ad inserirsi con i tempi giusti, batte Skorupski con un tocco rasoterra di sinistro. Tre a zero per la Juventus. La missione bolognese è compiuta. Non rimane altro da fare che attendere le notizie dagli altri campi. Una arriva subito e purtroppo non è favorevole. Nello stesso momento in cui Rabiot depositava il pallone in rete, a Bergamo il Milan passava in vantaggio con Kessie, come al solito molto bravo e freddo nel trasformare il ventesimo calcio di rigore ottenuto dai rossoneri in questo campionato. Rigori tutti nettissimi ed indiscutibili, per carità. 

Si va al riposo con l’umore diviso tra soddisfazione per la buona prova del Dall’Ara, prestazione che dà seguito ad una serie positiva iniziata dopo la sconfitta contro il Milan, rammarico per i tanti, troppi punti letteralmente gettati via nel corso del campionato, all’inseguimento “dell’utopia liquida”, e scoramento per il vantaggio rossonero a Bergamo che incrina in maniera sensibile le possibilità di raggiungere, all’ultima curva il quarto posto. Inutile negarlo, la maggior parte delle speranze erano riposte nell’Atalanta. Alla possibilità che il Verona mantenga fino alla fine il pareggio contro il Napoli non ci crede nessuno. Almeno non ci credono i vari gruppi di whatsapp che, come sempre, accompagnano l’intervallo. Esauriti i quindici minuti di riposo, le formazioni fanno il loro ritorno in campo. Subito una novità per la Juventus al rientro dagli spogliatoi. De Ligt lascia il posto a Bonucci. Visto l’andamento della partita e il problema al piede del difensore olandese, giusto non correre rischi.

In apertura di ripresa, la Juventus trova il quarto gol che, se ancora ce ne fosse bisogno, sigilla definitivamente i tre punti. Segna Morata, che si esibisce in un grande controllo su un rilancio di Szczesny e, pochi passi dentro l’area, da posizione defilata, batte in diagonale uno Skorupski che nell’occasione non si dimostra impeccabile. Il gol, inizialmente annullato dal guardalinee per fuorigioco, viene convalidato dopo una rapida revisione da parte del Var.
La partita continua a non esistere. La differenza tecnica e di motivazioni è troppo grande. La Juventus potrebbe dilagare. Nel giro di pochi minuti Chiesa, Dybala e Morata vanno ad un passo dal quinto gol, non trovando la porta per questione di centimetri. Ancora Morata, qualche istante più tardi, calcia a botta sicura da dentro l’area, trovando sulla traiettoria del tiro l’intervento provvidenziale di Soumaoro. Mihajlovic, ampiamente insoddisfatto per la prestazione offerta dai suoi, prova a dare una scossa alla sua squadra effettuando tre cambi in un solo momento. Escono Skov Olsen, Vignato e Medel, rilevati da Orsolini, Sansone e Anton. Contemporaneamente Pirlo richiama Chiellini e Chiesa, mandando in campo Arthur e McKennie. Danilo scala in difesa, mentre l’americano prende le mansioni di Chiesa sulla fascia sinistra.
Si tratta solo di attendere. La regia regala un’inquadratura della panchina bianconera ormai più interessata a controllare quanto accade sugli altri campi. Da Bergamo non arrivano novità. Cambia invece il punteggio a Napoli. Arriva la notizia attesa e temuta. Rahmani porta in vantaggio gli azzurri. Il destino sembra compiuto. La regia coglie evidenti smorfie di disappunto da parte dei giocatori in panchina. Le stesse del tifoso bianconero davanti alla tv. 
Nonostante le notizie non buone, l’atmosfera al Dall’Ara si scalda all’improvviso. Tocca a Pinsoglio. Szczesny gli lascia il suo posto tra i pali. Nello stesso momento, entra anche Bernardeschi al posto di Danilo. Alex Sandro diventa centrale di difesa. L’ingresso di Pinsoglio, accompagnato dal boato della panchina, non può che portare fortuna. Bergamo continua a tacere. La sorpresa arriva da Napoli. Il vantaggio azzurro dura meno di dieci minuti. Il Verona pareggia con Faraoni. Il tifoso davanti alla tv inizia a crederci, anche se venti minuti sono ancora troppi per coltivare aspettative reali. In panchina sono tutti impegnati a guardare su tablet e telefoni quanto avviene a Bergamo e a Napoli. Il gol di Orsolini, con un diagonale preciso di destro sul palo lontano, a cinque minuti dal termine, è solo un piccolo momento di distrazione da una tensione che cresce con il passare dei minuti.
Il simbolico minuto di recupero concesso da Valeri scorre via. La partita e il campionato della Juventus finiscono con una vittoria attesa e importante. Arriva, anche per il tifoso davanti alla tv, il momento di contribuire attivamente al mantenimento della posizione conquistata. Si passa a Napoli, ovviamente. La sensazione immediata è quella di una squadra azzurra sulle gambe. Il Verona riesce abbastanza agevolmente a tenere il pallone lontano dalla porta. Sembra difficile per la squadra di Gattuso trovare la rete. Dei quattro minuti di recupero concessi però ne è trascorso uno solo. Ne mancano tre e sono tanti per lo stanco tifoso provato da una dura stagione. Se prima dell’inizio delle partite, il probabile quinto posto era vissuto con filosofica rassegnazione, a questo punto avrebbe il sapore amaro di una beffa durissima da sopportare. Lo zapping sui vari campi diventa frenetico e regala l’illusione che il cronometro scorra più veloce. Una puntata a Bergamo, giusto in tempo per assistere alla trasformazione del ventunesimo rigore stagionale in favore del Milan, nettissimo anche questo come tutti gli altri. Kessie mette in rete con la solita sicurezza, regalando ai rossoneri il secondo posto e il meritato ritorno in Champions League dopo tanti anni. Una inutile puntata a La Spezia con l’unico scopo di guadagnare secondi, quindi si torna a Napoli proprio nel momento in cui, sugli sviluppi di un lungo calcio di punizione, un colpo di testa di Petagna si spegne sul fondo assieme alle residue speranze dei napoletani. Finisce anche al San Paolo, oggi Stadio Maradona. Il tifoso bianconero, felice e sollevato, torna a Bologna, dove è in corso la festa dei giocatori Juventus. In qualche modo colpisce vedere una squadra che ha vinto per nove anni consecutivi, celebrare con entusiasmo e trasporto un quarto posto conquistato all’ultima giornata.

All’ultimo respiro, la Juventus ottiene quindi il pass per la prossima Champions League. Archiviata l’emozione per un finale che è andato come meglio non avrebbe potuto, inizia il momento delle riflessioni. Il piazzamento finale e i due trofei conquistati rendono la stagione, dallo stretto punto di vista dei risultati, non esaltante ma in qualche maniera sufficiente. Rimane invece gravemente insoddisfacente l’analisi del cammino condotto dalla squadra, cominciando dal percorso di Pirlo come allenatore che, nel corso dell’anno, quasi non ha fornito alcun segnale di crescita, dal momento che, dal punto di vista della proposta di gioco, l’allenatore è rimasto ancorato, oltre ogni limite di tempo ragionevole, ai suoi principi base, costantemente riproposti nonostante le continue risposte negative ricevute dal campo. Voler piegare una squadra con determinate caratteristiche ad un particolare sistema di gioco, è certamente uno dei capi di imputazione più gravi per un allenatore che non è mai sembrato adatto al ruolo che gli è stato affidato. 

La Juventus, dopo vari segnali di sbandamento mostrati nella prima parte del campionato, nel girone di ritorno ha addirittura subito una costante involuzione che è divenuta crollo verticale dopo l’eliminazione in coppa contro il Porto, seguita dalla sconfitta interna con il Benevento e dal pareggio nel derby contro il modestissimo Torino. E’ in quel periodo che la squadra bianconera ha reso la rincorsa al piazzamento europeo molto più complicata di quanto sarebbe stato lecito attendersi. La conferma ad oltranza di Pirlo da parte della società, anche quando l’esonero appariva una soluzione inevitabile, non ha prodotto nell’immediato gli effetti sperati. L’involuzione, che ad un certo punto appariva inarrestabile, ha raggiunto il suo culmine nel triste pareggio di Firenze, nella vittoria stentata di Udine e nel tonfo interno contro il Milan che sembrava aver compromesso la corsa in maniera definitiva. Quel giorno si è forse toccato il punto più basso della stagione. Una squadra vuota, completamente priva di idee e di anima. Una crisi che appariva irreversibile e un tecnico che non sembrava in grado di trovare una soluzione per cambiare la rotta. 
La Juventus invece è riuscita a risollevarsi nel finale. Lo ha fatto abbandonando quei principi di gioco inseguiti per tutto l’anno, e rivelatisi fallimentari, e impostando una tattica più semplice, più facilmente comprensibile ed applicabile anche da una squadra in difficoltà. Un’idea dal sapore antico che certamente farà storcere il naso ai nuovi narratori del pallone, personaggi che si presentano davanti alle telecamere con l’aria offesa del pittore incompreso e dilagano con ampollose banalità, ma che la prova del campo ha dimostrato essere efficace. Pirlo ha impiegato almeno un girone di troppo per arrivare ad una soluzione che, a vari livelli, appariva come la più indicata per la rosa a disposizione. 

La gestione della rosa apre il secondo grave capo di imputazione per il nostro allenatore. Lo svilimento del patrimonio tecnico della società è preoccupante. Allo stesso modo, preoccupa non avere solidi punti di riferimento per intervenire. In questo momento, la Juventus non ha indicazioni attendibili, se non poche e sporadiche, circa il vero valore della sua rosa. Tolto Chiesa, nessuno dei nuovi acquisti ha offerto il rendimento atteso. La delusione più grande forse è rappresentata da Arthur, giocatore di cui, nonostante una stagione intera, non si capisce bene quale utilizzo fare. Insistere nel proporlo in un centrocampo a due, per il quale non ha passo, resistenza e fisicità a contrasto, non depone certo a favore della capacità dell’allenatore di cogliere le caratteristiche dei giocatori a disposizione e adattare su di esse la costruzione tattica della squadra. Pirlo, come parziale attenuante, oltre alla stagione iniziata senza poter svolgere una vera preparazione, può sicuramente rimpiangere l’assenza di Dybala, determinante nello scorso torneo, avuto a disposizione per troppo poche partite e mai nella condizione fisica migliore. Un punto a suo favore, infine, è senza dubbio segnato dal non aver sbagliato le ultime decisive prove, finale di coppa Italia compresa. Rimane la sensazione di una scelta che è sembrata azzardata fin dal principio e che non ha offerto, durante l’anno, elementi solidi da lasciar ritenere opportuno il proseguimento del percorso intrapreso la scorsa estate. 

E’ dunque il momento delle scelte e delle riflessioni. A livello societario, di staff e di rosa. Sarà l’imminente assemblea Exor, in programma questa settimana, a fornire indicazioni più precise su cui costruire ragionamenti circa la prossima stagione. La presenza della Famiglia, costantemente al fianco della Juventus, rappresenta per tutti i tifosi bianconeri la certezza di un futuro sempre all’altezza del blasone e della storia secolare della società. A prescindere da giocatori e allenatore.