Sono giorni di riflessione per IBRA e il suo clan, che sta attentamente valutando le proposte che giungono (crediamo) da tutto il mondo, il che per un calciatore di 38 anni evidenzia l'eccezionalità del caso.

In Italia, sembra che il Milan sia il più determinato nel cercare di ottenere le prestazioni dello svedese e questo, già in partenza, è un chiaro passo indietro rispetto alle strategie di inizio stagione, che a loro volta, avevano rappresentato un evidente cambio di percorso rispetto alla stagione precedente, quella di Gattuso allenatore.

Insomma, ad ogni difficoltà, Elliot modifica il percorso e credo che questa insicurezza, unita a tante altre carenze, come la scelta della dirigenza, la priorità stadio, la scarsa competenza tecnica e persino le difficoltà di comunicazione, fa del Fondo proprietario del club, quanto di più inadeguato ci possa essere nel contesto calcistico, in cui sconsideratamente si è autocostretto ad operare.

Per evitare di dilungarci eccessivamente sull'argomento e tornare al tema IBRAHIMOVIC, ci limitiamo quindi a sottolineare che, se la testa di un azienda malfunziona, non possiamo aspettarci che lo faccia il resto della struttura, tantomeno nel calcio.

Nella assoluta necessità di ricercare una soluzione tecnica al disastroso e preoccupante rendimento della squadra, il ricorso alla "cura" Ibrahimovic è dunque stato condiviso dalla proprietà USA, a costo di smentire se stessa; ma è anche il "rimedio" più immediato e tutto sommato anche più logico, anche se non privo di rischi.

Sgombriamo il campo da equivoci: a noi l'età del calciatore non fa minimamente paura; si tratta di un atleta che, dal punto di vista della forza fisica, darebbe dei punti a due terzi dei calciatori di Serie A, dove la preparazione atletica, salvo rari casi come Zeman e Gasperini, non è mai stata la priorità da parte dei nostri allenatori.
Basterà quindi saper gestire lo svedese nel giusto modo o addirittura lasciarlo fare a lui stesso, visto che si tratta di un professionista esemplare, agevolato pure da un impegno limitato a una ventina di partite, con cadenza settimanale.

Abbiamo già accennato alla grande professionalità di Zlatan, che quindi ci rassicura sulle motivazioni che possano spingerlo ad accettare la proposta Milan.
Al di là della sua riconosciuta immodestia, del suo egocentrismo, dell'eccentrica gestione della sua immagine e della comunicazione, che ne fanno un soggetto assolutamente incapace di "adagiarsi", c'è un fattore determinante nella visione prettamente agonistica del calciatore: non accetta la sconfitta!
Va ancora sottolineata, nella figura trainante dello svedese, l'innata leadership, già manifestata, sin dagli esordi, negli spogliatoi dei maggiori top club d'Europa: ricordiamoci che ha giocato con Juve, Inter, Barcellona, PSG, Manchester U.,Ajax e lo stesso Milan; non solo, ma per capire meglio il concetto, basterà leggere da quali fenomeni del calcio erano composte le rose di questi club...

Zlatan, dal punto di vista della personalità, si è distinto anche e soprattutto all'interno di questi spogliatoi, anche quando l'età giovanile gli avrebbe forse dovuto suggerire un minimo di "soggezione e rispetto" verso autentici miti del pallone, che gli stavano a fianco.
A questo, oggi ha aggiunto 20 anni di carriera al più alto livello; la partecipazioni ai campionati europei e mondiali per nazioni, alle maggiori coppe nazionali e internazionali per club! Un tesoro enorme di esperienze, che lo hanno completato a livello caratteriale e ne fanno un trascinatore, un galvanizzatore, un capo assoluto. Un valore aggiunto che sarebbe importante per ogni squadra, indipendentemente che scenda o no in campo.

Al Milan è però imprenscindibile che NON SOLO GIOCHI, ma che da subito inizi a dare il suo contributo di gol; il Milan dunque scommette su di lui a 360 gradi, convinto che rappresenti LA SOLUZIONE ai problemi della squadra, perchè capace di apportare ancora un valore tecnico d'eccellenza, MA SOPRATTUTTO CAPACE DI FAR LIEVITARE QUELLO DEI COMPAGNI, con le buone (il suo esempio) o con le cattive (il suo carattere).

Si chiama EFFETTO IBRA, e una cosa è sicura: fallisse lui, salterebbe il banco, pardon il FONDO.