Il calcio è il gioco più bello del mondo.
22 persone che corrono dietro ad una palla con il desiderio di spingerla in rete per conquistare la gloria e per essere osannati dal resto del gruppo.
Eppure, molto spesso non è proprio così; critiche, offese e prese di posizione annebbiano in modo permanente questo gioco. Basterebbe fermarsi un momento a pensare a come è nato il gioco del calcio e soprattutto a quale scopo è nata questa disciplina. A volte guardare il mondo con gli occhi di un bambino risulta difficile perché nell'era digitale tutto viene fatto con lo schermo: si guardano film, si sperimentano nuove piattaforme e si organizzano feste sui social senza uno scopo ben preciso. Nel corso del tempo è venuto a mancare il vero spirito del viaggio, la vera partita.
Ogni tanto sarebbe conveniente viaggiare non per visitare uno stadio, ma l'isola dove tutto è nato: Robben Island. Situata in Sud Africa al largo di Città del Capo, viene comunemente battezzata come "l'isola di Nelson Mandela". Ebbene, il gioco del calcio nasce proprio qui.
Nelson Mandela trascorse 18 dei suoi 27 anni proprio nella prigione di Robben Island e proprio qui sperimentò la sua grande passione. Nell'arco della giornata, lontano da tutto e da tutti, spaccava con il piccone sassi per fare sassi; un giorno ebbe la brillante idea di annodare due magliette e di gettarle nel corridoio. Immediatamente tutti i detenuti dell'isola iniziarono a giocare a calcio come risposta alla dura legge divina dell'Apartheid.
Nel giro di poco tempo vennero fondate le prime squadre e il pallone cominciò a diventare lo strumento più familiare nella maggior parte dei continenti.
Il calcio nasce quindi come passatempo e come sport con l'obiettivo di mettere a tacere gli orrori dell'Apartheid, ma molte volte oggi i tifosi e i giocatori perdono il vero senso di questo intrattenimento. Succede ovunque, dai campi di serie A ai campionati dilettantistici dei bambini, dove molte volte l'eccessiva brama di competizione va a ledere la libera iniziativa del ragazzo. Persino nelle piccole realtà sportive succedono talvolta fatti inspiegabili: critiche dagli spalti per bambini che non hanno ancora compiuto 10 anni, offese, selezioni e atti di prepotenza.
Purtroppo il vero senso dello sport sentito da Nelson Mandela non è più presente; sono lontani i tempi dei giochi di gruppo, dell'amicizia e del divertimento perchè è venuto a mancare il senso di appartenenza e di lealtà sportiva. Anche gli allenatori contribuiscono talvolta a rovinre l'unità di squadra e proprio per questo ci sarebbe bisogno di figure professionali elevate. Sì, perchè l'allenatore deve essere prima di tutto un educatore, capace di aiutare i propri calciatori nei momenti di difficoltà e di insegnare loro i fondamentali del calcio, nel rispetto delle regole e nel divertimento.
Pensando per un attimo al gioco dei grandi, i due allenatori in grado di gestire anche un  gruppo di ragazzini potrebbero rispondere ai nomi di Luciano Spalletti e Diego Simeone. Il tecnico dell'Inter perchè con le sue battute e il suo modo di fare potrebbe allo stesso modo far divertire e insegnare calcio mentre il carisma di Simeone e la sua abilità di far fare gruppo sarebbe essenziale per far emergere un sentimento di amicizia e una solidità di squadra non indifferente.
C'è quindi bisogno di allenatori con caratteristiche simili a questi due.
Aspiranti mister, datevi da fare, nel nome dei ragazzi, ma soprattutto nel nome dello sport.