Da sempre il cambio di allenatore in corsa si piò rivelare come un’arma a doppio taglio: per un Empoli che al terzo cambio sembra aver trovato la giusta strada per l’impresa salvezza (e chi se non Nicola quando si parla di imprese) c’è un Napoli che sembra totalmente in mano agli sbalzi umorali del suo presidente, che dal post Spalletti in poi sembra aver ormai perso la bussola.
Insomma, per cambiare a stagione in corso ci vuole una bella dose di coraggio e proprio il coraggio sembra premiare la scelta dei Friedkin che a Roma hanno esonerato Mourinho (non proprio l’ultimo arrivato) rilanciando il progetto giallorosso con un figlio di Roma come De Rossi. Mandare via Mou non sembrava essere certo la scelta migliore considerando soprattutto il rapporto viscerale creato dal tecnico con i tifosi giallorossi. Tifosi che hanno reso l’Olimpico praticamente sempre sold-out e che di certo non hanno preso nel modo migliore l’addio del loro condottiero.
Anche la scelta di De Rossi sembrava essere (e forse lo è) più un’operazione calmante, visto che qualsiasi altra scelta si sarebbe trovata ad affrontare la rabbia dei tifosi romanisti. Rabbia mitigata dalla scelta di puntare su chi ha fatto della Roma una vera e proprio ragione di vita. Lo stesso De Rossi ha dimostrato fin da subito di sapere che il suo passato ha sicuramente influenzato la decisione della società ma non per questo si è tirato indietro anzi ha preso la palla al balzo per realizzare il suo più grande sogno: allenare la Roma.

Tornando però ai giorni dell’esonero di Mourinho viene da chiedersi come mai la società abbia preso una decisione così tanto impopolare e che soprattutto poteva minare il rapporto creato con i tifosi decisamente più sereno di quello creato da Pallotta nei suoi anni romani.
Sicuramente il cammino abbastanza incidentato della Roma ha influenzato i proprietari che ben sapevano che difficilmente il rapporto con il tecnico portoghese sarebbe proseguito al termine della stagione e il continuo parlare di rinnovo da parte dello stesso Mourinho avrebbe sicuramente reso l’addio più traumatico (anche in ottica rapporto società-tifosi visto che quest’ultimi di certo non avrebbero gradito la mancata proposta di rinnovo).
La mancanza di gioco (con una Roma sempre in balia degli avversari e che aveva nel contropiede l’unica arma a disposizione) è un altro fattore così come la troppa animosità della squadra: troppe le espulsioni rimediate ma soprattutto troppi gli allontanamenti da parte dello staff tecnico sempre troppo veemente nel protestare. Lo stesso Mourinho poi è sembrato più occupato nel cercare un nemico da attaccare (che siano gli arbitri scarsi o gli avversari in campo) che voglioso di portare la Roma ad un livello di gioco superiore.
Oltre ai difetti, bisogna però sottolineare anche le cose positive fatte in quasi tre anni dal vate di Setúbal, a partire dal già citato rapporto con la tifoseria che ha contribuito a riportare il grande tifo sugli spalti dell’Olimpico (ricordiamo ancora i continui sold-out importanti sia dal punto di vista economico che dell’affetto) fino ad arrivare alla vittoria in Conference League che ha ridato alla Roma una dimensione europea importante oltre che il primo trofeo europeo della sua storia. Trofei che potevano diventare due con l’Europa League persa (ingiustamente) nella travagliata finale contro il Siviglia della passata stagione. C’è poi la valorizzazione del vivaio con Bove e Zalewski diventati dei titolari oltre al famoso effetto calamita verso i grandi campioni come Dybala e Lukaku affascinati dall’idea di lavorare con Mourinho.

Tanti motivi per cambiare ma anche tanti per continuare fino alla fine della stagione poi però la bilancia ha finito per far pesare più i lati negativi che quelli positivi fino ad arrivare alla scelta dell’addio e dell’arrivo di De Rossi che a conti fatti sta pagando e anche tanto. Nonostante sia la sua prima vera occasione (mettendo da parte la sfortunata esperienza alla Spal della passata annata) De Rossi è riuscito fin da subito a mettere in pratica le proprie idee riportando così i giallorossi in corsa per un posto in Champions e agli ottavi di Europa League dopo la lotteria dei rigori che ha permesso alla squadra di De Rossi di superare gli olandesi del Feyenoord.
Ma in cosa è cambiata la Roma? Intanto De Rossi ha dato alla squadra un nuovo modulo passando dalla difesa a tre a quella a quattro (tra l’altro da sempre idea centrale del gioco di Mourinho ma accantonata quasi subito perché secondo lui non c’erano gli uomini giusti per giocare a quattro) anche se parlare di modulo sarebbe riduttivo. Più che nelle posizioni (spesso la Roma si è posta comunque a tre) è nell’atteggiamento che la squadra è cambiata radicalmente: niente difesa ad oltranza e gioco sporco ma più spazio alla ricerca del fraseggio e del possesso del pallone. Il tutto in pochissimo tempo (e con grandi risultati visto il punto di partenza) a dimostrazione che il tecnico sia fin da subito entrato nella testa dei giocatori.
Anche a livello di singoli la Roma sembra essere cresciuta con Pellegrini rinato (e forse rinfrancato da chi conosce bene il peso di essere capitano romano e romanista) così come Paredes tornato ad offrire prestazioni più che dignitose. La tripletta contro il Torino ha restituito tutta la qualità di Dybala (che forse potrebbe mettere in stand-by la questione mercato e restare anche in futuro a Roma) mentre la scelta di Svilar tra i pali è un altro piccolo segnale del lavoro fatto fin qui da De Rossi.

Cinque vittorie e una sola sconfitta (ma contro una corazzata come l’Inter e dopo aver chiuso in vantaggio uno splendido primo tempo) più il passaggio in coppa è lo score realizzato fin qui da De Rossi. Basterà il lavoro del mister per guadagnarsi la riconferma o sarà d’obbligo l’accesso alla prossima Champions?
E soprattutto la società farà il famoso tentativo per riportare in Italia Antonio Conte oppure darà fiducia al nuovo che avanza?
Tutti interrogativi che saranno sciolti a fine stagione anche se per quanto fatto fino ad adesso forse dare fiducia a De Rossi non sarebbe poi una scelta così azzardata (al di là di come dovesse concludersi la stagione).