Si è chiusa all'Ataturk di Istanbul una stagione irripetibile per il calcio italiano di club capace di mandare per la prima volta tre squadre nelle finali europee (nonchè cinque nelle semifinali e sei nei quarti). In pratica alla fase conclusiva delle competizioni è mancata la sola Lazio. E' incredibile che nessuna di queste squadre sia riuscita a vincere ! Giustificare gli insuccessi con la sfortuna, gli errori arbitrali o dei singoli non è corretto e soprattutto è molto italiano. In realtà, ancorchè in modo diverso (in rapporto alla diversa forza degli organici schierati dalle nostre formazioni), è mancato qualcosa a tutt'e tre nelle diverse finali. 

L'abitudine a giocare ai massimi livelli !

Il Siviglia ha un organico inferiore sia alla Juve che alla Roma eppure nelle tre partite disputate con le nostre squadre è stata più determinata e convinta. Non è un caso che gli spagnoli abbiano disputato sette finali di Europa League vincendole tutte mentre la Juve ne ha perse sette (su nove di Champions e tre di UEFA disputate) e la Roma due (su tre). Non è neppure un caso che nell'arco dei vari confronti determinanti siano stati giocatori che hanno calcato i campi della Serie A (Suso, Ocampos, Lamela) senza lasciare segno mentre sono rifioriti nella Liga. Non è casuale, infine, che il Siviglia abbia stravinto ai rigori dopo aver mostrato maggior freschezza nell'overtime.

Brucia la sconfitta della Fiorentina contro il West Ham perchè sulla carta gli inglesi erano forse, tra i tre capitati in finale alle italiane, quello più abbordabile. Mai vincitore del campionato, solo un successo europeo (nella lontana Coppacoppe del '65) il West Ham si è trovato contro una squadra, quella viola, che è l'unica ad aver disputato almeno una volta la finale in tutte le competizioni europee (vincendone una contro i Rangers e perdendo le altre quattro). In effetti, la Viola ha sfiorato il successo arrendendosi solo per una colpevole disattenzione all'ultimo minuto.

E veniamo all'Inter che arrivava ad Istanbul con il compito in teoria più difficile: affrontare i mostri del Manchester City già vincitori del campionato e della coppa nazionale. Il paradosso è che i nerazzurri sono riusciti ad imbrigliare gli inglesi per l'intero incontro ma sono drammaticamente mancati negli uomini su cui erano fondate le maggiori aspettative. Bastoni, Acerbi e Darmian hanno concesso poco o niente al trio delle meraviglie Haaland, Grealish e Bernardo ma il centrocampo (a parte Brozovic e DiMarco) non ha saputo palleggiare e verticalizzare (dov'eri, Calhanoglu ?) e l'attacco ha completamente fallito. Se Dzeko, finchè è stato in campo, si è almeno impegnato a creare spazi in avanti hanno sorpreso in negativo Lautaro, mai incisivo, e soprattutto Lukaku che arrivava a quest'appuntamento in gran forma ed è stato addirittura controproducente, respingendo un gol fatto a DiMarco e mancando da pochi passi il pareggio.

Mi sarei aspettato dall'Inter (ma anche da Roma e Fiorentina) un inizio arrembante per sfruttare la maggior vigoria dei suoi interpreti rispetto ai più tecnici inglesi. Invece i nerazzurri si sono adeguati al palleggio del Manchester sperando di fare centro in qualche ripartenza (che gli uomini di Guardiola sono stati molto attenti ad evitare). Chi, come me, si aspettava il Manchester devastante visto contro il Real è rimasto deluso ma anche questo è stato un segnale di maturità da parte di Guardiola che ha giocato su quello che la sua squadra sa fare meglio (la precisione nel passaggio smarcante) negando all'Inter il contro piede in campo aperto.

Se le tre finali lasciano l'amaro in bocca alle italiane c'è da dire che la pioggia di milioni (150) caduta soprattutto sull'Inter beneficia almeno il conto economico ed è una boccata d'ossigeno preziosa.

Da milanista devo ammettere che i rossoneri non avrebbero saputo nè potuto far meglio dei cugini in finale ed è forse meglio che a disputarla siano andati loro. La penso diversamente riguardo il Napoli che, nella sua versione migliore, avrebbe potuto impensierire il Manchester che non mi è sembrato così insuperabile come veniva dipinto.

Ora non resta che prepararsi alla prossima stagione europea traendo insegnamento da quanto successo. Quando si arriva in finale bisogna dare tutto, anche rischiando, sempre attaccando. La tattica rinunciataria, volta a bloccare il gioco avversario e sperare nell'errore altrui, non sempre paga.