Penso che i tifosi di Inter e Milan possano convenire sul fatto che quest’estate si è chiuso un ciclo per entrambe che ha portato in dote il diciannovesimo scudetto e (per i cugini) due finali europee perse veramente per un soffio.
La nuova stagione segnerà una ripartenza vuoi per chi (Inter) dovrà cedere qualche gioiello di famiglia per far quadrare i conti e continuare a competere ad alto livello vuoi per chi (Milan) ha sacrificato il capitano del passato (Maldini) e quello del futuro (Tonali) sull’altare della sostenibilità economica nell’auspicio di ricostruire una squadra vincente.

Le prime partite della nuova stagione ci diranno come hanno operato le dirigenze nerazzurra e rossonera, ma da tifoso milanista lasciatemi fare una considerazione sui giocatori simbolo delle due squadre, entrambi osannati dalle rispettive tifoserie e riconosciuti come emblema dell’appartenenza alla rispettiva squadra. Stiamo parlando di due attaccanti che, in momenti diversi, sono stati issati sull’ingombrante piedistallo di re di Milano dalle rispettive tifoserie, ingombrante perché non è facile issarvisi ma è ancor più difficile gestirlo quando vi si è sopra. Stiamo naturalmente parlando dell’interista Lukaku e del milanista Ibrahimovic.

Sono passati circa due mesi dal commovente addio di Zlatan al popolo rossonero. Lo stadio gremito gli ha tributato ovazioni, cori e striscioni riconoscendogli di esser stato il primo mattone della rinascita rossonera (ricordate quand’arrivò alla corte di Pioli all’indomani della disfatta di Bergamo?) quindi il trascinatore del suo attacco ed infine il “grande vecchio” dello spogliatoio, la chioccia che ha instillato nei giovani il senso di appartenenza alla casacca e soprattutto la voglia di vincere l’ultimo scudetto.

Anche Lukaku ha vissuto una parabola simile. Si deve in buona parte alla sua ferocia agonistica l’ultimo scudetto di Conte che nel belga ha trovato l’interprete ideale del suo credo calcistico. Devastante in area di rigore, poderoso nei contrasti Lukaku in particolare in uno dei recenti derbies vinti dall’Inter ha impersonato lo spirito dell’altra sponda del Naviglio, eletto a furor di popolo (nerazzurro) come re di Milano.

Ma i sovrani, anche quelli del mondo pallonaro soggetti alla precarietà dei favori popolari, devono comunque meritarsi questo ruolo soprattutto quando escono di scena. Zlatan l’ha fatto con le lacrime agli occhi, mostrando sia prima che dopo il suo ritiro, cosa voglia dire avere i colori rossoneri tatuati sulla pelle. Qualcuno dirà che negli ultimi anni è stato il Milan a doversi ricredere con più frequenza sui propri idoli. Da Calhanoglu, passato all’Inter, a Kessie, Romagnoli e Donnarumma, che hanno preferito ingaggi più sostanziosi. Ma è proprio questa la natura del vero re, quella di essere superiore a queste cose ed uscire regalmente, come ha fatto Ibrahimovic.

Che dire invece del suo supposto omologo sull’altra sponda del Naviglio? Aveva spergiurato eterno amore alla Beneamata, fatto i capricci per tornare alla corte di Inzaghi (perché si sentiva poco considerato a Londra) e ancora, in questa rovente estate meneghina, riempito le pagine dei giornali con i suoi richiami a Marotta e ad Ausilio perché lo richiamassero ad Appiano, magari sacrificando qualche altro “big” (come sta succedendo con Onana).
E poi che fa, questo sovrano illuminato? Briga di nascosto con la Juventus per passare alla corte di Allegri temendo (timore tutt’altro che infondato) che l’Inter non riesca a mette insieme il gruzzoletto richiesto dal Chelsea per riportarlo in Italia.

Questo è il re che il popolo nerazzurro ha acclamato per Milano, non più tardi di qualche mese fa. Ai posteri l’ardua sentenza su chi, fra Ibra e Lukaku, abbia davvero meritato questo titolo per il ciclo appena concluso.
Noi del Milan stiamo già cercando un nuovo sovrano per il prossimo che sta per iniziare.