Seduto sulla solita sedia a dondolo vicino a papà, i piedi di Costanza, distesa sul divano, che si muovono vorticosi e senza sosta, mi accingo a seguire, senza particolare ansia e trasporto, la finale di Coppa Italia.
Le solite cuffie mi aiutano a trovare la giusta concentrazione per accompagnare la partita e preservano le mie orecchie dai commenti, alcuni decisamente particolari, di Costanza.
Non ho grande entusiasmo per la ripresa della stagione calcistica. Il virus aveva interrotto un anno faticoso, ricco di criticità sia nella costruzione della rosa, sia nella gestione tattica della squadra. La vittoria a porte chiuse contro l’Inter mi pareva la migliore conclusione possibile per questa stagione. Invece si riparte. Al solito il mio posto è qui, davanti la televisione insieme a papà (da qualche tempo ho la curiosità di scoprire quante partite abbiamo visto insieme. Non mi metto a scavare nel tempo e nei ricordi solo perchè ho paura di scoprire di ricordarle tutte). Stavolta nelle varie discussioni pre partita su whatsapp non ho scritto nemmeno il solito “speriamo di fare una buona partita e di vincere in maniera convincente”. No, questa volta ho scritto solo “speriamo di vincere”. Che non faremo una buona partita lo so già. Ne abbiamo fatte pochissime di buone partite in questa stagione (in verità sono pochissime anche allargando il discorso alle ultime tre stagioni), c’è stata la sosta, c’è stata la semifinale contro il Milan (o quello che resta del Milan) controllata nel gioco ma portata a casa grazie alla regola del gol in trasferta. Troppo poco per essere ottimisti. Non perchè penso che il Napoli sia superiore, forte o chissà cos’altro. La semifinale con l’inter è stata una partita piatta tra due squadre modeste. Ha premiato il Napoli, ma senza che gli azzurri mostrassero in campo una superiorità evidente. Il mio timore, ormai a questo punto la mia rassegnazione, è che è diventato troppo facile arginare la nostra manovra.
Vero che per farlo la squadra avversaria rinuncia, almeno per una parte di partita, a qualsiasi tipo di azione offensiva, vero che gioca in dieci dietro la palla e in otto praticamente nell’area di rigore ma questo sistema contro di noi si rivela efficace. A meno di giocate sopra la media (che dopo un intervallo di tre mesi non è neppure lecito attendersi) o di errori difensivi difficilmente produrremo palle gol. In entrambe queste ultime due partite, proprio nei primissimi minuti, la palla gol l’abbiamo anche avuta. Purtroppo né Costa con il Milan né Ronaldo contro il Napoli sono riusciti a sfruttare le due occasioni, nate la prima da una giocata sulla sinistra di Sandro, la seconda da un errore di Callejon capito e sfruttato da Dybala. Mancata, in entrambe le partite, l’occasione di andare subito in vantaggio, la sensazione che sarà dura trovare il gol diventa molto forte. Nelle intenzioni di Sarri, almeno stando alla formazione ufficiale annunciata in un primo momento, il dubbio Pjanic - Khedira era stato risolto in favore del professore tedesco. Questa scelta in automatico prevedeva quindi la presenza di Danilo in difesa, per coprire gli inserimenti senza ripiegamento di Khedira (sono lontani i tempi di Vidal e Marchisio…) e Cuadrado in panchina, primo e unico cambio del tridente Dybala, Ronaldo, Costa. Si andava quindi a comporre un trio di centrocampo Khedira, Bentancur, Matuidi. Una composizione già vista in passato (soprattutto negli anni scorsi) e mai particolarmente convincente a causa di caratteristiche non perfettamente assortite dei tre.
I piani di Sarri vengono però fatti saltare in aria durante il riscaldamento, durante il quale inaspettatamente Khedira accusa un risentimento muscolare che lo esclude dalla partita. La mia flebile speranza di vedere a quel punto un classico e semplice 442 con Cuadrado e Costa alle ali e Bentancur e Matuidi in mediana, viene frustrata dalla prevedibile scelta sarriana di affidare per l’ennesima volta le chiavi del centrocampo a Pjanic. Il bosniaco neanche questa sera riuscirà a trovare la serratura. La scelta di Pjanic e il conseguente spostamento di Bentancur sulla mezzala destra, suggerisce a Sarri la soluzione Cuadrado terzino. Protetto dal dinamismo e dall’intensità dell’uruguaiano, Cuadrado potrebbe rappresentare un’arma in più arrivando da dietro.

Come quasi sempre accaduto in stagione, la partita inizia e i buoni propositi rimangono sulla carta. L’errore di Callejon regala a Dybala l’occasione di servire Ronaldo ben piazzato appena dentro l’area di rigore, il tiro immediato del portoghese, che in una situazione simile, a Cardiff, purtroppo con la maglia sbagliata, andò in gol, è però abbastanza centrale e viene respinto da Meret.
L’inizio di partita ricalca quello della recente semifinale con il Milan. Tanto possesso nella metà campo avversaria, ma altrettanta difficoltà a trovare spazi in cui rendersi pericolosi. Il Napoli si chiude bene, per lunghi tratti non riesce a ripartire, ma non rischia niente in nessun momento e, anzi, nella seconda parte del primo tempo si avvicina al gol prima con una punizione di Insigne, che scheggia il palo e proprio sul finale con un inserimento di Demme respinto da Buffon.
Il primo tempo finisce.
Nella mia testa serpeggia il dubbio che l’unico modo per andare in gol possa essere un colpo di testa di De Ligt. Il pensiero va a quell’occasione di Ronaldo. Sono anni che creiamo poco e quando capita bisogna sfruttare l’occasione. Mi rendo conto che pensare ad un tiro in porta dopo due minuti di gioco con tutto questo rimpianto è la testimonianza più efficace che la squadra non va. Ha problemi mai risolti e, vista la rosa a disposizione e le idee del tecnico, forse non risolvibili.
Nella testa immagino i cambi che potrebbero in qualche modo migliorare la situazione. Gli unici con un significato sono Danilo e Ramsey. Troppo poco per una rosa che ad inizio stagione era accreditata di ben due squadre di pari valore. La mia scelta sarebbe per il terzino brasiliano anche a causa delle condizioni non perfette di Ramsey. Andrebbe sostituito Pjanic. Il centrocampista bosniaco nei pensieri notturni di Sarri, e prima di lui di Allegri e del resto della società, sarebbe l’uomo dei 150 palloni. Il giocatore attorno a cui la squadra nasce e sviluppa il suo gioco grazie ai ritmi dettati dal regista. Il mattino però mostra in maniera inesorabile un giocatore che altro non è che un passaggio in più nella manovra, un rallentamento che, avendo in campo anche un giocatore non adatto al palleggio veloce come Matuidi, diventa mortale per lo sviluppo del gioco. Inoltre la sua non prestanza fisica, oltre a non offrire copertura difensiva, rallenta drammaticamente le varie fasi di transizione. Praticamente ci servono due giocatori per farne uno. Le nostre partite di fatto iniziano sempre 10 contro 11, nel rispetto di questo feticismo tutto italiano che vuole assolutamente un regista a ridosso della difesa, protetto da un paio di mediani che offrono il contributo di fatica che il regista non è in grado di dare.
Invito tutti i lettori di questo articolo a dare una rapida ripassata ai vari “centrocampi” che si sono visti e si vedono nelle squadre europee di vertice e soprattutto a prestare attenzione particolare al tipo di giocatore schierato davanti la difesa e, ancora di più, alla qualità delle mezze ali schierate. Questo italico feticismo è alla base di tutte quelle orribili questioni che negli anni, soprattutto in nazionale, hanno penalizzato i giocatori più tecnici costringendoli a sfiancanti lavori di copertura o addirittura all’esclusione quando la buona sorte ce ne concedeva più di uno. Le famose staffette, l’eterna domanda “Baggio e Del Piero possono giocare insieme?” hanno origine da qui. Dalla necessità di proteggere l’Albertini, il Verratti, il Pjanic di turno. In chiave bianconera la domanda di questi ultimi due anni è se Ronaldo e Dybala possono giocare assieme. La mia risposta è la stessa che davo durante i mondiali del 98 e in tutte le occasioni in cui questo tipo di domanda mi è stata presentata: “Ronaldo e Dybala possono giocare. Tutti gli altri invece?”

Comunque Sarri rimanda in campo la Juventus senza operare sostituzioni. In parte c’è anche da capirlo. Le scelte in questo particolare momento sono poche, quelle affidabili ancora meno, in gran parte dei casi ci si dovrebbe affidare alla speranza se non addirittura all’illusione. Il mio approccio al secondo tempo è tranquillo. Non fosse per i piedi di Costanza che continuano il loro vorticoso mulinare e per l’orribile coreografia digitale, ideata da non so chi per sopperire all’assenza del pubblico, che accompagna l’intera partita non avrei addosso alcun elemento di tensione. Papà è tranquillo. Siamo rassegnati in realtà. Negli anni ho scoperto di essere una persona ottimista. Contrariamente a quello che potrebbe sembrare da un carattere spigoloso, tendente alla chiusura e all’isolamento riflessivo, sono ottimista. E la cosa non mi piace. Crea possibilità e speranze che in realtà non esistono.
Affronto l’inizio del secondo tempo pensando che tutto sommato nel primo abbiamo avuto il controllo del gioco, che la palla la avevamo spesso noi, che se avessimo mantenuto lo stesso ritmo anche nella seconda parte dell’incontro forse prima o poi una breccia nella decisa ed efficace difesa del Napoli si sarebbe aperta. Ovviamente non succede. Lo sapevo anche io. Una caratteristica della Juventus di questi ultimi anni è che la squadra non regge novanta minuti ad alti ritmi, a maggior ragione non era lecito aspettarselo alla seconda partita dopo tre mesi. L’avvio del secondo tempo mette in evidenza una squadra più lunga e un palleggio meno pulito. Aumenta anche la frequenza dei passaggi all’indietro chiamati continuamente da Buffon. Chiunque sia in possesso di palla, si sente il nostro portiere urlare: “c’è Leo!”. Il Napoli prende un po’ più di campo. Non sta più solo chiuso in difesa ma cerca l’occasione per colpire. Dopo cinque minuti penso che la sostituzione di Pjanic non sia più procrastinabile. Sarri invece aspetta. Aspetta che il Napoli sprechi una buona occasione con Milik per procedere al primo cambio. Non esce Pjanic ma Douglas Costa. Al suo posto in campo Danilo con Cuadrado, forse il migliore dei nostri, che si posiziona nel più congeniale ruolo di ala. Il cambio non produce effetti particolari.
Subentra la rassegnazione. Rassegnazione dovuta all’evidenza che Sarri nasce e muore con la sua idea di calcio e non sembra propenso a trovare soluzioni alternative, magari più congeniali alla rosa a disposizione che di sicuro non è particolarmente adatta a giocare in una certa maniera.
La soluzione rigori diventa sempre più concreta e in fondo l’unica opzione che ci rimane. Segnare, non segneremo. Le energie sono sempre meno, il controllo del campo non c’è più, il possesso palla che riusciamo a produrre serve solo per far scorrere il tempo. Le punte sono abbandonate al proprio destino.
Verso la mezz’ora del secondo tempo esce Pjanic, al suo posto Bernardeschi. La speranza di 442 è frustrata dalla posizione di mezzala destra occupata dal nuovo entrato. Bentancur scala al centro, Matuidi continua ad offrire il suo contributo di fatica sulla sinistra. Ci troviamo così con Bernardeschi e Cuadrado entrambi nella parte destra del campo e Ronaldo abbandonato a se stesso dall’altra parte. Dybala vaga per il campo alla ricerca di una palla giocabile, di uno spunto risolutivo che non troverà. L’ultimo cambio, verso la fine della partita, serve solo a mettere dentro Ramsey, che è un rigorista più affidabile di Cuadrado, ormai esausto. Angolo per noi a ridosso del novantesimo, l’ottimismo di cui parlavo prima mi porta a pensare che potrebbe essere maturo il gol di De Ligt. Kulibaly allontana di testa il pallone calciato dalla bandierina. La partita sembra ormai finita.
Mi sorprendo a studiare un possibile elenco dei rigoristi quando, nel secondo dei tre minuti di recupero, Bernardeschi, fin lì senza infamia e senza lode e, visto nello spezzone di partita contro il Milan, sarebbe comunque un progresso, regala al Napoli un angolo da far cascare le braccia. Su quell’angolo il Napoli avrà l’occasione più grande della partita con il colpo di testa di Maksimovic parato e lasciato lì da Buffon e il palo colpito da Elmas nella successiva mischia. Scampato pericolo, la partita finisce, si va ai rigori.

La tensione resta vicina allo zero.
Sono scettico sulla possibilità che Buffon possa parare più di un rigore. Sbaglia subito Dybala. La sensazione è che sia finita prima di iniziare. L’errore di Danilo al tiro successivo mi strappa un sorriso. In due partite non siamo riusciti a segnare neppure su rigore. Segnano Bonucci e Ramsey ma ormai è andata. I quattro rigoristi napoletani non sbagliano mai. Milik chiude la serie.
Il Napoli vince questa Coppa Italia e per quello che si è visto in campo non si può dire che non abbia meritato. Assistere alla premiazione è un pensiero che non mi passa nemmeno per la testa. Una rapida doccia per schiarire i pensieri e combattere questo accenno di caldo estivo e mi immergo nella lettura dei primi commenti sui vari forum.
Come accade da qualche anno a questa parte, da quando l’ossessione per la Champions che non arriva ha preso il posto del sentimento e dell’orgoglio di essere della Juve, il popolo social bianconero offre purtroppo il lato peggiore di sé. Pochi commenti equilibrati più o meno condivisibili a seconda dei punti di vista e poi una caccia all’uomo spietata. Il capro espiatorio di questa sconfitta è fin troppo facile da individuare e colpire. Sarri viene sommerso dagli insulti e dalle ironie da parte delle stesse persone che lo scorso anno riservarono il medesimo ignobile trattamento ad Allegri.
Oltre a Sarri viene preso di mira Paratici, al quale sono imputate le colpe di una campagna acquisti di difficile comprensione. Tra i giocatori, nel rispetto di una tradizione iniziata quasi 30 anni fa, scatta il massacro verso Ronaldo e Dybala. Funziona sempre così. Zidane e Del Piero erano i responsabili dei pochi mancati successi di una squadra composta in larga parte da onesti giocatori. La glorificazione del gregario, il culto del sudore e della lotta, il fuoriclasse che si sacrifica in ripiegamenti sfiancanti sono un must della letteratura juventina dagli anni 90 a questa parte. Il tifoso juventino applaude entusiasta nel vedere un ex centravanti trasformato in terzino prodigarsi in chiusure e recuperi. Non perdona il giocatore più talentuoso che, spesso abbandonato al proprio destino, non riesce a trovare il colpo risolutivo. Ho comunque l’assoluta convinzione che almeno l’ottanta per cento di coloro che si dichiarano tifosi e che non fanno mai mancare il loro tweet polemico, in realtà neppure guardi le partite. Si limita semplicemente a seguire l’andamento della gara attraverso i social, vomitando insulti contro la squadra nel malaugurato caso questa non offra il risultato giusto da ostentare davanti agli amici virtuali. Sarebbe sicuramente preferibile che queste persone prendessero altre strade.

Tornando alla nostra stagione, è innegabile che esistano situazioni critiche in ogni singolo aspetto: tattico, tecnico e gestionale. La rosa, senza voler mancare di rispetto a nessuno, presenta troppe situazioni ambigue. Sembra completa, competitiva e futuribile soltanto per quanto riguarda la difesa centrale reparto in cui con gli acquisti di De Ligt e Demiral probabilmente si sono gettate le basi per un discorso a lungo termine. Inspiegabile è invece l’assortimento dei terzini. Detto che ritengo validi i due brasiliani, che De Sciglio avrebbe potuto essere una discreta riserva da cui non aspettarsi altro che un rendimento onesto ma che, a causa di ripetuti infortuni non è mai disponibile, resta un mistero la decisione di non inserire in rosa un terzino sinistro di riserva e di iniziare un percorso di adattamento di Cuadrado che, nonostante un’applicazione innegabile, non mi sembra così produttivo per la squadra in quella posizione. Aggiungo che il colombiano ha 32 anni e anche nel caso la trasformazione da ala a terzino si completasse con successo, altro non sarebbe che una soluzione temporanea. Dal momento che come ala offre un rendimento sicuro ed affidabile sull’arco di una stagione perchè questa scelta? Perchè non inserire uno specialista del ruolo? 
Allo stesso modo per me è incomprensibile la composizione dell’attacco. Arretrato Cuadrado, chiusa, a mio parere con un anno di ritardo, l’epoca Mandzukic e ceduto, per ragioni che non riesco ad individuare se non per esigenze di bilancio, Kean, perchè non è stato preso nessuno e ci si è limitati soltanto a reinserire in rosa il rientrante Higuain, abbondantemente entrato nella fase calante della sua carriera? Il tentativo di vendere Dybala, l’ipotesi di scambiarlo con Lukaku sono solo brutti ricordi estivi che preferisco dimenticare. Abbiamo una tendenza a non rinnovare gradualmente la rosa. Non sembriamo propensi a lasciar andare giocatori che magari hanno dato tanto negli anni ma sono evidentemente a fine corsa. Diversi rinnovi di contratto mi sembrano azzardati. Non mi sembra che si stiano ponendo le basi per il futuro. La sensazione è che ogni anno, anche nel rispetto di esigenze dettate dal bilancio, si rimescolino le carte nel tentativo di pescare la mano vincente. Il mercato 2019 ha praticamente sconfessato e ribaltato il mercato 2018 con le cessioni dopo un anno o poco più di Cancelo, Spinazzola, Emre Can. Tutti acquisti sbagliati? Oppure, considerando anche la cessione di Kean, sono andati via perchè erano gli unici vendibili? In questo caso, quanto possiamo stare tranquilli per il futuro?
C’è poi la questione di un centrocampo costruito in un modo che non sembra dare continuità alla scelta di mettere Sarri sulla nostra panchina. Sarri è un allenatore particolare. Valido ma integralista nel suo modo di vedere e proporre il calcio. Il caposaldo è la difesa a zona e la costruzione del gioco attraverso intensità, proprietà di palleggio e inserimenti dei centrocampisti. E’ comprensibile che un allenatore del genere, allenandolo per la prima volta, possa credere di trovare in Pjanic il suo regista ideale. Il bosniaco non si è rivelato tale e ce lo aspettavamo tutti (almeno tutti quelli che guardano le partite). Probabilmento lo aveva capito anche lo stesso Sarri, quando aveva iniziato a metterlo da parte prima della sospensione della stagione. Il problema evidente del nostro centrocampo è che il solo Ramsey è un tipo di giocatore cui poter chiedere un certo tipo di lavoro in campo. La difficoltà del gallese di trovare continuità dal punto di vista fisico ha privato la squadra di quello che sarebbe stato un punto fermo in questa stagione. Nella posizione di mezzala destra, come abbiamo avuto modo di vedere nelle ultime occasioni in cui è stato disponibile. Occasioni in cui ha segnato e fornito un supporto importante alla manovra offensiva. Tutti gli altri, per ragioni tecniche o fisiche, mal si sposano con questo modo di giocare. Emblematica a mio parere è l’analisi della partita di Matuidi ieri sera. Come dico sempre offre il suo generoso apporto di fatica, corre anche per i tanti che non reggono più di mezz’ora e personalmente mi è pure simpatico. Il problema, con lui in campo, nasce quando siamo in possesso di palla. Ieri risultava evidente come la nostra manovra offensiva sembrava quasi dover affrontare un avversario in più. Corre, si inserisce ma il nostro portatore di palla non lo cerca mai e soprattutto gli avversari non lo inseguono. Lo lasciano andare tranquillamente, vanificando il suo tentativo di creare spazi tra le linee nemiche e soprattutto possono permettersi di mantenere costantemente tre uomini a chiudere lo spazio al portatore di palla. Nella finale con il Napoli chiunque dei nostri avesse il pallone sulla sinistra era circondato da tre avversari. Senza possibilità di andare in dribbling, sfumata l'opportunità della sovrapposizione e non avendo il giocatore in grado di cambiare repentinamente il gioco con un lancio sulla fascia opposta, non restava che il passaggio indietro e la ricerca, nei tempi necessari, della fascia destra. Questa soluzione evidentemente, per quanto attuata anche abbastanza bene durante il primo tempo, concedeva agli avversari il tempo di chiudersi. Con il risultato di rendere sterile ed inefficace la nostra manovra offensiva. Abbiamo una rosa di centrocampisti, compreso l’ex Emre Can, composta prevalentemente da giocatori portati a cercare il gioco centrale, poco propensi ad allargarsi, ad inserirsi con efficacia e continuità e a rifinire l’azione. Li ritengo più adatti e meglio assortiti in una eventuale linea a due. Bentancur-Matuidi, Bentancur- Rabiot sembrano coppie, almeno sulla carta, in grado di sorreggere un attacco formato da due ali a supporto di Dybala e Ronaldo. Insistere nel presentare certi giocatori in posizioni diverse e poco congeniali al loro modo di giocare e alle loro caratteristiche fisiche, ne compromette il rendimento, creando spirali involutive dalle quali rischiano di non riemergere. 

Il prosieguo di questa stagione mi vede preoccupato.
Ho sempre messo in conto la possibilità che prima o poi questo ciclo di scudetti finisca. Non sarebbe una stagione sbagliata e sfortunata, capitata oltretutto in un anno così particolare, ad intaccare la stima per coloro che hanno riportato i nostri colori lassù, al loro posto, dopo l’ignobile scempio di quattordici anni fa. La preoccupazione nasce dal timore di finire schiantati dall’ossessione di Sarri per il suo ideale di calcio. Il tecnico è chiamato a togliersi i panni dell’allenatore di seconda fascia e a calarsi nella realtà della grande squadra. Realtà che richiede sempre una soluzione alternativa qualora la prima opzione scelta non si riveli efficace.
La rosa, pur con tutte le criticità di cui ho scritto, offre la possibilità di provare qualche variazione rispetto a quanto visto finora. Si tratta di prendere decisioni importanti, di avere l’umiltà di mettersi in discussione e di riconsiderare un unico tipo di calcio sviluppato in trent'anni di carriera. Le sorti di questa stagione dipendono in buona parte dalla capacità che avrà Sarri di dimostrarsi meno integralista e più elastico.
Ci riuscirà? Spero di sì, ma temo di no.