Oggi la TV è quasi in ogni casa e con frequenza pressochè quotidiana sforna partite di calcio a tutte le ore del giorno e della notte, ma a fine anni '50 non era certo così. Le prime televisioni erano un lusso di pochi e le trasmissioni erano poche e concentrate nelle ore serali.

Soprattutto nei paesi le famiglie -per assistere a determinati eventi- si riunivano davanti al tv dei fortunati ma generosi possessori, che volentieri si mettevano a disposizione di parenti, amici e conoscenti. Gli eventi sportivi in generale e il calcio in particolare però latitava dalle trasmissioni RAI di quei tempi.

La compagna inseparabile di chi amava il calcio era quindi la radio, un elettrodomestico dai costi accessibili la cui diffusione in quegli anni era pressochè in tutte le case. La nostra radio era grande, con delle manopole bianche. Il rivestimento era tutto di legno e in un angolino in alto, il rivestimento in corda degli altoparlanti era interrotto da una specie di palpebra di colore verde, che si illuminava confermandone l'accensione. Era il cosiddetto occhio magico, elemento che distingueva gli apparecchi di maggior pregio.

Col mio papà seguivamo lo sport, soprattutto la box, perchè il mio genitore cresciuto nel mito del peso massimo italiano Primo Carnera, si era appassionato a questo sport in modo straordinario e non si perdeva un incontro dove fossero impegnati pugili italiani.

Una volta papà era particolarmente ansioso per un incontro valido per il titolo mondiale, un campion americano contro lo sfidante italiano; ne parlò tante volte nei giorni della vigilia, ci sperava proprio nella vittoria del nostro connazionale; finalmente a tarda sera iniziò il collegamento via radio dagli USA e iniziò il match che durò pochissimi secondi....Il campione USA stese praticamente al primo pugno lo sfidante, suscitando una grande ilarità nella mamma che disse a papà " ....ne hai parlato una setimana per un match durato meno di un minuto...."

Nel gennaio 1960 nacque la storica trasmissione radiofonica "...tutto il calcio minuto per minuto"; papà che cominciava a manifestare i problemi di salute che ce lo avrebbero portato via l'anno dopo; quella trasmissione quindi rappresentava il momento in cui stavamo vicini a seguire il racconto dei radiocronisti. Nella mia mente si materializzavano i dribbling, le giocate, i gol di un calciatore che più degli altri era entrato nella mia immaginazione: Omar Enrique Sivori.

Sarà stato per quei calzettoni arrotolati alla caviglia, per il suo gioco fantasioso, per quel carattere provocatorio e irridente, io Sivori lo sognavo di notte e non è un modo di dire. La mia passione per il calciatore argentino travalicava quella per la Juventus, anche se ovvimente le vittorie dei biaanconeri, specie quelle che vedevano il mio idolo protagonista, mi rendevano felice.

I miei compagni mi prendevano in giro; come si poteva tifare il giocatore e non la sua squadra? eppure vivevo serenamente quella incongruenza e continuavo a seguire le gesta del grande campione argentino, attraverso la mia compagna di sempre: la radio.

La morte di papà nel 1961 non modificò la mia abitudine di seguire "...tutto il calcio..." anche se mi mancavano i commmenti, gli sguardi, le emozioni del mio genitore innamorato del Palermo, la squadra della città dove era nato.

Io continuai a sognare le magie di Sivori: mi era stata regalato il completo della Juventus, finanche le scarpette bullonate; quando andavo in strada a giocare con gli amici, indossavo la tenuta, arrotolavo i calzettoni attorno alla caviglia e iniziavo a giocare. Accompagnavo le mie prestazione con na sorta di radiocronica mentale, dove io ero Sivori: stop di Sivori, dribbling di Sivori, gol di Sivori....

Sivori accompagnava ogni momento della mia vita: entrava a scuola con me, pranzava con me, ovviamente giocava con me; di più: a lui confidavo le mie prime simpatie femminili, con lui sfogavo le mie emozioni quotidiane, la delusione di un brutto voto, la gioia di un regalo.

Lui mi ripagava la domenica dov'era protagonista assoluto nel bene (tantissimi gol) e nel male (tantissime espulsioni). Il Mondiale 1962 fu una sorta di calvario: seguii la partita decisiva con i padroni di casa del Cile in TV: uscimmo sconfitti con due espulsi e una rissa finale tra i giocatori; ma Sivori non giocò quella partita,,,,,,oltre il danno, la beffa.

Quelle del mondiale del 1962 furono le prime partite che seguii in TV, ma non si verificò mai nella mia vita la rinuncia alla trasmissione radiofonica "tutto il calcio"....

Trent'anni dopo, nel 1992 ho realizzato i sogni di due bimbi di 6 anni, uno mio figlio Alessandro 6 anni tifosissimo del Milan, adoratore di un olandese volante di nome Gullit; l'altro sono io che, inaspettatamente, all''ingresso di Milanello (dove accompagnavo Ale a realizzare il sogno di incontrare Gullit) mi sono ritrovato davanti a.....lui: Omar Sivori.

Incredibile.... L'ho abbracciato, mentre il bambino di 6 anni dentro di me gli diceva "grazie". Omar ha capito tutto.