Ieri sera si sono conclusi gli ottavi di finale della Champions League, la più importante competizione per club d’Europa, probabilmente del Mondo.
La verità che ancora una volta purtroppo è emersa è che il calcio italiano non fa più parte dell’élite europea. Inter e Milan non entrano nelle otto finaliste della Coppa con le orecchie da una decina di anni, La Juve da due, l’Atalanta che l’anno scorso è stata ad un minuto dalle semifinali, quest’anno ha forse un po’ deluso le aspettative di tutti noi che la credevamo capace di continue imprese da libri di storia del calcio.

Stamattina, molto presto, al risveglio all’alba, ho completato i dati degli ultimi cinque anni dell’Europa che conta, e il risultato è questo:
Bayern Monaco 4 volte ai quarti di finale, Barcellona 4 volte, Manchester City 4 volte, Real Madrid 3 volte, Liverpool 3 volte, Juventus 3 volte (l’ultima nella stagione 2018/19), Borussia Dortmund 2 volte, Paris Saint Germain 2 volte, Porto 2 volte e una volta altre 12 squadre, tra le quali Atalanta e Roma.
Da questi numeri si evince facilmente una cosa, che esiste nel calcio, come in altri settori, un Europa a due velocità, un’Europa di serie A e una di serie B, e l’Italia purtroppo fa parte della categoria più bassa.
Il perché è non è difficile da spiegare, la ragione più evidente è la ricchezza dei club, la disponibilità finanziaria per acquistare i giocatori migliori e per pagargli stipendi ad otto cifre.
Pep Guardiola, il padre del Tiki Taka, l’innovatore del calcio del 2000, in una recentissima intervista, alla domanda perché quest’anno il tuo Manchester City è così dominante ha risposto: “Perché abbiamo tantissimi soldi da spendere per comprare i migliori giocatori del Mondo.”

C’è poi secondo me una seconda ragione per la quale il calcio italiano è retrocesso di categoria, una ragione magari non a tutti così evidente ma non secondaria come importanza, una ragione di cui ha parlato ieri sera negli studi Sky Fabio Capello. In Italia negli ultimi anni abbiamo copiato uno stile di gioco sorpassato, abbiamo copiato il Tiki Taka del Barcellona, invece, per stare al passo con i tempi, avremmo dovuto copiare il calcio verticale, veloce, fisico, di qualità tecnica, fatto di transizioni di Klopp.
Sì signori, il calcio italiano, oltre ad essere povero nel portafoglio, è vecchio nelle idee, ha voluto snaturarsi credendo di innovarsi, ha pensato di adeguarsi senza rendersi conto che nel frattempo tutto era già cambiato, che il continuo giro palla, il coinvolgimento del portiere nella regia, la lentezza e l’orizzontalità erano tutte cose sorpassate, e che lo stesso ideatore del Tiki Taka le aveva abbandonate per sposare un calcio più mirato a cercare continuamente la porta nel minor tempo possibile, con il minor numero di passaggi possibile, attraverso le verticalizzazioni e i duelli uno contro uno.
In Italia vediamo partite sonnifero, con squadre, Atalanta esclusa, che fanno tutte la stessa cosa. Palla sempre a terra, partenza dal portiere (ormai diventato il vero regista della squadra), difensori che giocano solo in orizzontale, centrocampisti che si avvicinano con molta calma per ricevere palla…ma la cosa più emozionante per gli spettatori è quando finalmente dopo un quarto d’ora arriva la palla al limite dell’area avversaria e invece di puntare l’avversario per provare a dribblarlo, entrando così in area per tentare un tiro o un assist vincente, il portatore di palla si gira verso la sua porta e fa un lancio di 70/80 metri passandola al suo portiere. E’ questo il modo per vendere il nostro prodotto calcio all’estero? E’ questo il modo per attirare spettatori, sponsor e nuovi ricchi ed appassionati proprietari? E’ questo il modo per tornare nella serie A europea e competere per vincere la Champions League?
A voi, cari lettori, la risposta.