Nel 2004 adidas lanciò la campagna pubblicitaria Impossible is Nothing entrando nella storia del marketing. Lo spot più celebre è quello in cui viene ricostruito un incontro di boxe tra un giovane Muhammad Ali e la figlia Laila, anche lei pugile, campionessa mondiale dei supermedi. Oltre a Muhammad Ali parteciparono alla campagna pubblicitaria molti grandi personaggi dello sport legati ad adidas: Zidane, Beckham, Raúl, Tracy McGrady e Ian Thorpe, che parteciparono allo spot Long Run, una sessione di jogging nella quale Ali correva facendo da capo fila, tirando il gruppo. I valori trasmessi dalla campagna del brand tedesco erano ottimismo e azione, secondo l’idea per cui un atteggiamento positivo nei confronti delle sfide dello sport, e della vita, dà la possibilità di creare un futuro migliore, vincente, proprio seguendo l’esempio di Muhammad Ali, che pronunciò per primo la frase “Impossible is nothing”.

Qui in Italia abbiamo un uomo che ha fatto dello slogan Impossible is nothing il suo marchio di fabbrica, il simbolo della sua esistenza e di quella dei suoi collaboratori: Silvio Berlusconi.
Non voglio inoltrarmi in terreni insidiosi come il giudicare l’uomo nella sua vita privata, non è mia competenza e la cosa sinceramente non mi interessa, e poi diciamo la verità, il rischio di finire nelle sabbie mobili sarebbe enorme. Non voglio fare né un elogio né tantomeno una ricerca perversa di quali possono essere stati i mezzi a dire di qualcuno poco leciti che lo hanno portato a traguardi incredibili in diversi settori, voglio semplicemente provare a raccontare che niente è impossibile, e farlo prendendo come esempio i successi di uomo di cui si possono dire milioni di cose, tutto e il contrario di tutto, ma l’unica verità certa, che piaccia o no, è che si tratta di un vincente, probabilmente del più grande vincente italiano degli ultimi 50 anni.
Partiamo dalla sua attività nell’edilizia. Nella seconda metà degli anni sessanta, in pieno boom economico, acquistò 712 000 m² di terreni nell’area del comune di Segrate alle porte est di Milano, costruendovi, dal 1971 al 1979, un centro residenziale geniale, vivibile, alternativo, chiamato Milano 2. Un nuovo modello con ampi spazi verdi (in contrapposizione alla scarsità di verde nelle città di quel periodo), con un triplice sistema viario (pedonale, ciclabile e veicolare), in cui le vie ciclabili e pedonali non incontrano mai quelle battute da autovetture e motocicli. Il successo fu immediato, le case andarono a ruba e ancora oggi è una delle zone più ambite per andare a viverci, la qualità della vita è ai primi posti nelle classifiche.
Subito dopo Milano 2 arrivò la TV, la TV privata, La TV commerciale, l’alternativa al monopolio RAI, alla TV di Stato.
Canale 5, Rete 4, Italia 1, i meravigliosi anni ’80.
Le serie TV americane Dallas e Dinasty, i Visitors, Happy Days, Mork & Mindy, Arnold, i Jefferson…gli incontri di boxe e di tennis commentati da Rino Tommasi, le finali di basket NBA tra i Lakers e i Celtics, il Maurizio Costanzo show (talk show per antonomasia)…il Drive in con il personaggio del paninaro di Enzo BraschiDJ TV con Jerry Scotti, Amadeus, Fiorello e Jovanotti… insomma, da provincialotti del sud Europa, la TV berlusconiana ci catapultò improvvisamente nell’internazionalità, facendoci conoscere, facendoci divertire, facendoci spendere un sacco di soldi per comprare tutti i prodotti che promoveva attraverso gli spot pubblicitari.
Fu il vero inizio del consumismo all’americana.

In quegli anni in cui soprattutto a Milano tutto sembrava bello, c’era una squadra di calcio della città che stava vivendo il suo periodo più buio: la serie B, non una ma bensì due volte e il fallimento della società sempre più probabile (si narra che l’allora proprietario Giusy Farina affittasse il centro allenamenti Milanello per i matrimoni). La squadra di cui sto parlando è il Milan.
Silvio Berlusconi ha probabilmente l’innata capacità di trasformare il nulla in qualcosa di speciale, a lui non piace comprare diamanti, lui ha l’ambizione, la convinzione perpetua di trasformare gli zirconi in diamanti, e spesso la cosa gli riesce.
La storia la conosciamo tutti, comprò il Milan un minuto prima che finissero i libri in tribunale, facendolo entrare in pochi anni nella storia dello sport, vincendo e convincendo ripetutamente in Italia, in Europa e nel Mondo.
Poi arrivò la politica, Tangentopoli, il suo amico Craxi costretto all’esilio per sfuggire alle manette, le macerie della prima Repubblica, un Paese improvvisamente risvegliato a schiaffoni da un bellissimo sogno: il benessere diffuso.
Cosa poteva fare il buon Silvio se non lanciare una nuova entusiasmante e sulla carta impossibile sfida? Eccolo buttarsi in politica, fondare in un niente un partito politico che per vent’anni si alternerà con il centrosinistra alla conduzione dell’Italia.
Silvio Berlusconi è nato il 29 settembre 1936 a Milano, tra quattro mesi quindi compirà 86 anni. Di solito a quell’età, chi ha la grande fortuna di arrivarci in buona salute, si dedica ai nipoti e passa buona parte della giornata seduto su un divano sonnecchiando senza alcun progetto importante in testa.
La maggior parte della gente, forse il 99% dei quasi ottantaseienni, ma non Silvio Berlusconi. Quindi cosa fa? L’anno scorso compra il Monza, lo affida al suo amico e collaboratore Galliani, e insieme lo portano per la prima volta nella storia in serie A.

Sì signori, Monza-Milan, Monza-Inter, Monza-Juve… non è uno scherzo, è tutto vero, Silvio Berlusconi è riuscito anche in questa inimmaginabile impresa e non si vuole fermare, vuole lo scudetto, vuole la Champions League.

Impossible is nothing by Silvio Berlusconi