Storie di calcio - III stagione - VI episodio

"A Varria', me sa che domenica te cacciano... Sta attento a come te comporti che me sa che te cacciano. Io ho conoscenze a Roma, sono venuto a sapere che ti stanno per sostituire... Non è bello che ogni domenica prendi di mira gli allenatori."

Un allenatore che ha dato tutto nel calcio con la sua caratteristica e spiccata parlata romanesca.
Da Roma passando per Ascoli, Firenze, Catanzaro, Lecce, Bologna, Cagliari, Brescia e infine Livorno. Si è fatto conoscere in un paese intero, contribuendo a delle ottime salvezze nel nostro campionato.

Ho il piacere di dedicare questa sesta puntata al mitico Carlo Mazzone.
Nato il 19 marzo 1937, il giovane in passato ebbe per un periodo di tempo un giocatore qualsiasi dell'Ascoli. La sua carriera cambiò quando Carlo si infortunò gravemente: frattura della tibia in un contrasto, perchè non portava i parastinchi. 
Un giorno il presidente Rozzi (che per Mazzone era un fratello buono, meraviglioso, esuberante e intelligente) gli affidò il compito di redigere le Giovanili per poi arrivare in prima squadra. In quattro anni compie subito un miracolo, l'Ascoli passò da un momento all'altro, dalla Serie C alla Serie A. Non male come inizio. Per la città è un periodo storico, perchè si trattava la prima squadra delle Marche ad esordire nel massimo campionato.
Arriva subito la salvezza (la prima delle tante per Carletto), tanto meno che la Fiorentina decide di scommettere su di lui. Sette anni di puro amore con l'Ascoli. Ah dimenticavo, il tecnico conquisterà l'unico trofeo con i bianconeri: la Coppa di Lega Italo-Inglese.
L'annata a Firenze è splendida: terzo posto e fascia di capitano al giovane Antognoni. Però la magia si interrompe e Mazzone viene esonerato nella stagione successiva dopo un inizio complicato.
Ennio Pellegrini ebbe un bel rapporto con il tecnico tanto e il suo ricordo è ancora legato alla Viola:
"Una volta mi chiamò da una parte e mi chiese chi venisse a vedermi alle partite. Mio zio, risposi io, e lui : 'Ah Ennio, nun te la prenderai allora se il capitano lo faccio fare ad Antognoni, vengono 50.000 persone a vederlo'. Per me è sempre stato un orgoglio dare la fascia a Giancarlo".

Il Catanzaro che stava vivendo la sua epopea d'oro si trovò a giocare in Serie A e la dirigenza scelse Mazzone come nuovo allenatore. La seconda salvezza per Carletto è ancora storica, soprattutto per un club della Calabria. Sempre al debutto, ormai è un abitudine.
Alberto Marchesi (giornalista e amico di Carlo) seguiva con attenzione gli allenamenti dei giallorossi e fece una domanda relativa alla sfida contro la Juventus: "Carlo, la tua squadra va proprio forte, ma sai che la Juve la potete mettere in difficoltà?"
Lui rispose: "Speriamo di riuscirci. Magari!".
Il giornalista osservò ancora per qualche secondo la seduta e gli disse: "Ma sai che siete proprio bravi. Secondo me con la Juve potete pure vincere".
Mazzone rispose ancora:
"Magara!". in accento romanesco.
Marchesi scriverà un articolo dedicato a lui e fin dalle prime righe lo chiamerà: "Mazzone 'Er Magara'".
Il Catanzaro ferma la Juventus per 0-0. Una prestazione che per Carletto lo porterà per sempre appiccicato nella sua mente.
"Le Marche per me è come una donna da sposare che poi diventa mia moglie."

Sor Magara ritorna all'Ascoli e per quattro lunghi anni conquisterà varie salvezze. Un vero miracolo per una piccola squadra marchigiana in un campionato difficile nei primi anni Ottanta. 
A Bologna ottiene soltanto un sesto posto in Serie B, ma a Lecce riesce subito a salire in cattedra e nel 1988, grazie al secondo posto nella serie cadetta, i salentini volarono in Serie A.
"Numero due: AMBO"
Quel due vuol dire salvezza, cosa che Mazzone farà in terra salentina nel 1989 e 1990. A sorpresa lanciò Antonio Conte e Francesco Moriero, allenando tra l'altro Barbas e Pasciulli e Pietro Paolo Virdis al tramonto della sua gloriosa carriera.
"Benvenuto a Casteddu"
I fratelli Orrù lo chiamarono per affidare la panchina del Cagliari. E subito amore a prima vista, perchè si rivelò un grande allenatore. Arrivò subito un'altra salvezza e nel frattempo il club sardo si preparò per il cambio di proprietà. Nell'estate del 1992 la società passa in mano a Massimo Cellino.

La seconda annata è straordinaria. Carletto chiede alla dirigenza un grande mercato e alla fine arrivarono giocatori come: Luis Oliveira, Moriero, Bellucci, Sanna, Pusceddu e Tejera come quarto straniero. In campionato arriva addirittura sesta che vuol dire: EUROPA. I sardi hanno atteso 21 anni per questo sogno bellissimo: "Sono felice di aver dato la Coppa UEFA a questa gente di Cagliari e della Sardegna, perché è gente eccezionale. In tribuna è venuta a vederci anche mia moglie. Io non ci indovino mai: una volta che vado in UEFA adesso vado via”.
La data da incorniciare era il 6 giugno 1993 quando il Cagliari battè per 4-0 il Pescara e finalmente poteva partire la festa. Ritornerà nella stagione 1996/97, ma sarà un totale disastro. I sardi nonostante essere arrivati allo spareggio, non riusciranno a vincere la sfida contro il Piacenza e vengono retrocessi nella serie cadetta.
"Roma nun fa' la stupida stasera."
Franco Sensi punta su Sor Magara e le due stagioni sono di bassi ed alti. Prima arriva settimo e poi secondo. Il 27 novembre 1994 è un'altra data da mettere in bacheca. Molti davano per spacciata la Roma che con grande merito batte la Lazio per 3-0. Al fischio finale, il tecnico sfoga la sua gioia sotto la Sud niente di meno con una corsa sotto la curva.
Mazzone ebbe l'onore di lanciare in prima squadra un giovanissimo Francesco Totti "C'è solo un capitano", che grazie al tecnico continuerà la sua crescita esponenziale e resterà sempre legato a Carletto. Lui dirà un giorno: 
"Quando lo vidi per la prima volta non sapevo nemmeno chi era ma feci in fretta a notarlo. ‘Ma chi è?’, chiesi al mio staff. ‘Mister, un certo Totti’. ‘Mannaggia! Questo ci fa prima prima divertire e poi vincere’, esclamai. Entrammo subito in sintonia e cercai di farlo integrare più rapidamente possibile anche chiedendogli semplicemente 'Come va? Come stai? Salutami la famiglia ogni giorno. 
"Pensavo tra me e me: ‘Questo sa giocà, ma bene bene! C’abbiamo avuto na fortuna… Ma non diciamogli niente, lasciamolo tranquillo che nun se sa mai’. Aveva una tecnica ed una rapidità di pensiero fuori dal comune già a quell’età. Più che altro, cercavo di essere spiritoso ed usare anche terminologie simpatiche con lui. ‘Bravo Francè, bello. Se il pallone fosse un giovanotto apprezzerebbe enormemente la tua delicatezza nel toccarlo’. Secondo me lui e il pallone si stavano simpatici a vicenda".

Insomma era come un figlio.
"Bologna mi rivuole, io devo scappare in Emilia. Ho ancora un incarico da compiere."
Con i felsinei, la seconda parantesi è quasi eccezionale. Vince la Coppa Intertoto e guida i suoi verso le semifinali di Coppa UEFA e di Coppa Italia.
A Brescia vive un periodo stupendo. Quattro anni di puro amore verso la città (tifosi compresi). Ha avuto modo di allenare campioni come Roberto Baggio e il futuro tecnico del Barcellona, Bayern Monaco e Manchester City, Pep Guardiola. Il rapporto tra lo spagnolo e Mazzone resterà sempre speciale: "Un giorno apro il giornale e leggo che la Reggina sta trattando Baggio. Telefono a Cesare Metori, un amico di Roberto, una cara persona che non c’è più e gli chiedo: 'Ti chiedo un piacere, chiamalo e fammi parlare con lui'. Baggio mi disse che era vero ma che non era convinto perché non voleva allontanarsi dalla famiglia. Colsi al volo l’opportunità e gli chiesi 'Ti piacerebbe giocare a Brescia?'. Roberto rispose 'Magari'. Saltai in macchina, andai nell’ufficio del presidente Corioni e gli proposi 'Perché non portiamo Baggio a Brescia?'. Corioni ci pensò un attimo e rispose 'Baggio è come il cacio sugli spaghetti'. Roberto stava allenandosi a Caldogno, con il suo preparatore personale".
"Mi raccontò 'Dribblo il mio preparatore e davanti ho il deserto'. Questa è la storia dell’emarginazione di Roberto Baggio. Dicevano che era rotto. Un paio di allenatori importanti gli avevano fatto terra bruciata. Cattiverie... Da anni Roberto aveva un ginocchio che lo faceva tribolare, ma si curava. Si presentava agli allenamenti un’ora prima per fare fisioterapia e potenziamento ed era l’ultimo ad abbandonare il campo. E poi le partitelle con lui diventavano poesia...".
"Che cosa ha rappresentato Baggio nella mia carriera? Mi ha reso bello il finale. Sono stato un allenatore fortunato: vivere il tramonto della mia professione con lui è stata una magnifica esperienza. Gestire Robi è stata una passeggiata. Era silenzioso, educato, rispettoso, umile. Non ha mai fatto pesare la sua grandezza. Era un amico che mi faceva vincere la domenica... Baggio è stato uno dei più grandi calciatori italiani di sempre. Ma è stato più grande come uomo. Sì, lo posso dire: l’uomo supera il giocatore...".

Baggio risulterà sempre più decisivo nel Brescia che disputò vari campionati benevoli arrivando ottavo, tredicesimo e nono. Nelle Rondinelle, il tecnico ha arretrato Andrea Pirlo in posizione di regista. Era una delle sue geniali intuizioni.

Una terza data da incorniciare era il 30 settembre 2001.
Il Brescia stava perdendo 3-1 contro l'Atalanta, Mazzone venne insultato dagli ultras orobici che offendono lui e la sua famiglia. Le Rondinelle riaprirono il match e Sor Magara fece una pazzia in caso di parità:
"Se famo er tre pari vado sotto la curva dell’Atalanta". 
"Je so' pazzo je so' pazzo"
Baggio trova il goal del 3-3 e la promessa venne mantenuta. Carletto corre sotto la curva dei rivali per farli stare zitti dopo averlo insultato a lungo. Un giorno si pentirà e come se non bastasse arrivò la squalifica di cinque giornate. I tifosi del Brescia ricorderanno a lungo quel maledetto gestaccio.
"Livorno è il mio ultimo viaggio. E stato bello."
In Toscana chiude in bellezza (o meglio straordinariamente) la sua carriera da allenatore. Subentrato in corsa a Donadoni, Sor Magara porterà per la prima volta nella storia il Livorno in Coppa UEFA. 

L'ultima delle imprese, era un modo per salutare il calcio a mani alte.
Pep Guardiola dedicò la vittoria della Champions League del 2009 al mitico Mazzone. Per lui era un orgoglio averlo avuto come tecnico.

Oggi Sor Magara vive ad Ascoli Piceno e trascorre tutto il suo tempo con la sua splendida famiglia. Nel 2019 gli venne dedicato la nuova Tribuna Est del Cino e Lillo Del Duca.
L'ennesima prodezza di un allenatore leggendario, amato tantissimo dai campioni che ha allenato.

"Fatece largo che passamo noi, Sti giovanotti de sta Roma bella, Semo regazzi fatti cor pennello, E le regazze famo innamorà. E le regazze famo innamorà."

Concludo con un piccolo estratto della società dei magnaccioni di Lando Fiorini, perchè Mazzone e il suo accento romanesco sarà un legame fortissimo nell'Italia contemporanea.
E' stato un privilegio ascoltare la tua incredibile carriera.

Un abbraccio Pasqui