Dopo il pareggio ottenuto a Bergamo nei minuti di recupero, il duello tra la Juventus e l’Atalanta, per l’assegnazione dell’ultimo posto disponibile per accedere alla Champions League della prossima stagione, riparte da una sfida sempre affascinante. Il calendario propone infatti per i bianconeri il derby contro il Torino. L’eterno scontro contro quelli che, nati quando la Juventus aveva già messo in bacheca il suo primo scudetto, falliti e resuscitati nel 2005, pretendono di raccontarsi come la vera squadra di Torino. Mettendo da parte quelle che possono essere semplici schermaglie campanilistiche tra tifosi, per la Juventus si prospetta una sfida da affrontare con grande attenzione e concentrazione, contro una squadra che fa della corsa, dell’intensità e del vigore fisico, uniti alle buone capacità tecniche di alcuni elementi, i suoi punti di forza. Una sfida nella quale imporre il proprio predominio fin dai primi minuti, per non correre il rischio di incappare in un inatteso passo falso proprio nel periodo in cui la stagione sta entrando nella sua fase decisiva. 

L’annuncio delle formazioni ufficiali risolve anche gli ultimi dubbi sullo schieramento, ammessi dallo stesso Allegri nel corso della conferenza stampa di vigilia. Nel 433 che si sta imponendo come modulo di riferimento per il nuovo ciclo juventino, il tecnico bianconero propone Szczesny tra i pali; in difesa, squalificato Danilo, assente Bonucci per i postumi del recente infortunio e perduto anche Rugani durante il riscaldamento, tocca a Cuadrado, De Ligt, Alex Sandro e Pellegrini comporre un’inedita linea arretrata. A centrocampo, torna dal primo minuto Zakaria. Locatelli e Rabiot completano il reparto. In avanti, ancora spazio al trio formato da Dybala, Vlahovic e Morata che sembra rappresentare il punto di forza della squadra e la pietra d’angolo del nuovo corso. Sulla sponda granata, Juric, tecnico formato alla scuola di Gasperini, presenta la sua squadra schierata nel consueto 3421. Milinkovic; Djidji, Bremer, Rodriguez; Singo, Pobega, Mandragora, Voivoda; Lukic, Brekalo; Belotti; sono gli undici uomini in maglia granata che inizieranno il derby.

Il tifoso prende posto davanti alla tv nel momento in cui le due squadre fanno il loro ingresso sul terreno di gioco. Uno Stadium gremito nei limiti della capienza concessa accoglie i giocatori. Purtroppo per il tifoso, in telecronaca torna Pardo. E’ carico, la sua voce viaggia ancora più incalzante del solito. Sciorina con grande disinvoltura una serie di banalità cariche della consueta, inutile enfasi che ha ormai impregnato un mondo divenuto di plastica. Vuoto e artificiale. Inutili statistiche prendono la scena nel racconto. La partita neppure è cominciata e il tifoso davanti alla tv già si trova a rimpiangere l’ormai perduta possibilità di silenziare la telecronaca e lasciare soltanto i rumori dello stadio e del campo. Il progresso avanza ma i servizi per gli abbonati non sembrano tenere il passo.

Suonato (fischiato dal pubblico) il tremendo inno della Lega, scambiato un segno di pace tra i giocatori a centrocampo e operato il sorteggio tra i due capitani per decidere chi toccherà il primo pallone, l’arbitro Massa può finalmente fischiare l’inizio del derby. Parte meglio il Torino. La squadra di Juric prova a forzare il ritmo fin dall’avvio, cercando di cogliere la Juventus impreparata. Come prevede il calcio del tecnico croato, i granata avanzano portando molti uomini sulla trequarti offensiva. Provano a creare lo spazio per colpire muovendo il pallone centralmente, per poi tentare di sorprendere gli avversari sulle fasce, dove Vojvoda e Brekalo a sinistra e soprattutto Singo a destra cercano la linea di fondo con buona continuità. La Juventus aspetta gli avversari. Non forza la pressione e, nonostante il tridente, si sistema in fase di non possesso palla su due linee di quattro uomini. Delle tre punte tocca a Morata il compito di muoversi largo sulla sinistra e di coprire in più circostanze l’intera fascia con ripiegamenti profondi. Fin dai primi minuti, il tifoso davanti alla tv percepisce una minore intensità messa in campo dai bianconeri rispetto alle ultime convincenti uscite. In possesso di palla, l’azione parte da dietro in una maniera perfino troppo ragionata. Il Torino lascia scoperto il lato dove agisce Pellegrini, con ogni probabilità Juric è convinto che il giovane terzino rappresenti l’anello debole dell’improvvisata linea difensiva bianconera. Sulla destra, Brekalo e Vojvoda limitano Cuadrado. Il palleggio della Juventus, lento, statico e a tratti anche impacciato, si esaurisce sempre più spesso con un lancio profondo verso Vlahovic che, fin da subito, inizia il suo duello con Bremer. Le mani del difensore costantemente addosso. In quel momento il serbo non può ancora sapere che davanti a lui si prospetta una partita di sacrificio, sofferenza e tanta tristezza. Completamente isolato in avanti. Il Torino si presenta per primo dalle parti di Szczesny. Mandragora impegna il portiere polacco con un diagonale di sinistro da dentro l’area di rigore. Pochi minuti più tardi, Brekalo affonda sulla fascia e crossa verso il centro. Szczesny, con un intervento di piede, è bravissimo a togliere il pallone dalla disponibilità di Belotti, appostato a due metri dalla linea di porta, e dell'accorrente Singo. 

Intorno al decimo minuto entra finalmente nella sfida anche la Juventus. Lo fa accendendo una manovra fino a quel momento lenta e fin troppo ragionata grazie ad una combinazione verticale, tutta di prima intenzione, che, avviata dall’ennesimo ripiegamento di Morata, coinvolge Dybala, Vlahovic e Zakaria, aprendo il campo per la corsa di Rabiot. Il francese conclude con un tiro che esce sfiorando il palo più lontano. Scossa dal torpore iniziale, la squadra di Allegri sembra adesso prendere il controllo della partita. Porta diversi uomini nella metà campo avversaria e pare dare finalmente inizio ad un gioco meno attendista e più propositivo. Poco prima del quarto d'ora trova anche la rete del vantaggio. Segna De Ligt. Su un calcio d’angolo indirizzato da Cuadrado verso il secondo palo, l'olandese salta più in alto di Vlahovic e Vojvoda e di testa schiaccia il pallone in fondo alla porta. Nonostante il vantaggio bianconero, l’incontro rimane in equilibrio. La Juventus non riesce a prendere il sopravvento. Il Torino continua a mettere in campo tanto agonismo, favorito in qualche modo anche dal metro di valutazione dell’arbitro Massa, decisamente permissivo verso le continue sbracciate e le trattenute che i difensori granata usano sovente per contrastare Vlahovic, Dybala e Morata. Nel dubbio il fischio arbitrale premia più spesso i granata. La squadra di Juric trova il suo binario preferito sulla fascia destra, dove Singo dà la sensazione di poter disporre a suo piacimento di Pellegrini. Da un errore in disimpegno del terzino, nasce una buona opportunità per Brekalo, chiuso da De Ligt un attimo prima di poter scoccare il tiro da distanza ravvicinata.

La squadra di Allegri non riesce a trovare continuità nella sua proposta offensiva. Il baricentro della squadra rimane troppo basso. La pressione sui portatori di palla avversari è pressoché inesistente. Dybala e Morata sono spesso costretti ad arretrare a ridosso della loro area di rigore per tentare di offrire un tocco di qualità, uno strappo ad una squadra decisamente piatta, rinchiusa dentro il suo sterile e monotono palleggio. Zakaria non sembra a suo agio in un ruolo in cui raramente è stato impiegato in carriera. Non riesce quasi mai a trovare i tempi di gioco, sia in inserimento che in chiusura. Per lunghi momenti del primo tempo, quasi ci si dimentica della sua presenza. Dopo una prima parte di carriera in cui si è affermato come mediano, sia nel Borussia Moenchengladbach che nella nazionale svizzera, arrivato alla Juventus, è stato reinventato mezzala da Allegri. E vai a capire il motivo per cui il nostro allenatore sembra quasi divertirsi a schierare i giocatori fuori ruolo. Vedendo alcune scelte di formazione, ogni tanto sorge il dubbio che lo staff tecnico neppure conosca i giocatori che la società acquista. Le occasioni da gol sono sporadiche. Dall’unica iniziativa di Pellegrini sulla sinistra, Dybala conclude da buona posizione, trovando la pronta risposta di Milinkovic. Sul prosieguo dell’azione, Morata prova dalla distanza. Il tiro dello spagnolo viene facilmente contenuto dal portiere granata. Il Torino però è ben presente dentro la partita. Non costruisce vere e proprie occasioni da gol, ma trasmette una sgradevole sensazione di pericolosità soprattutto attraverso calci d’angolo e punizioni con le quali l’arbitro Massa non manca mai di premiare i tuffi degli uomini di Juric. Il direttore di gara, inoltre, continua a permettere ai giocatori del Torino di fare ampio uso di braccia e mani in marcatura, intervenendo soltanto quando la trattenuta, sempre piuttosto evidente, arriva ad assumere i connotati di un placcaggio di stampo rugbistico.

Il primo tempo scorre verso la conclusione mentre Pardo chiacchiera amabilmente con Ambrosini, seconda voce in telecronaca. Il giornalista regala una citazione alla sigla della serie tv Boris, poi rievoca i tempi, spero per lui gloriosi, in cui partecipava alle prime feste con gli amichetti. Quasi si commuove citando l’antico gioco della sedia, raccontato sia nella versione con la musica, sia in quella senza. In qualche maniera, Pardo riporta alla mente l’amico che tutti abbiamo avuto ai tempi del liceo. Il compagno poco interessato al calcio che però, per non rimanere escluso dal gruppo, nel fine settimana si auto invitava a guardare le partite insieme agli amici e finiva per infastidire tutti parlando continuamente di argomenti che con la partita avevano poco a che vedere.

Finisce il primo tempo. Va al riposo una Juventus non bella ma che almeno ha avuto il merito di sbloccare il risultato e conservare il vantaggio fino all’intervallo. Nonostante il gol di De Ligt, non si respira grande soddisfazione sui gruppi di whatsapp che accompagnano i quindici minuti di riposo. La Juventus non è piaciuta. È parsa lenta, involuta, fisicamente inferiore agli avversari. In ogni messaggio traspare la preoccupazione circa le possibilità di riuscire a condurre fino al novantesimo una vittoria che sarebbe molto importante. Serve qualcosa in più di quanto visto nella prima parte della gara. 

La pausa termina. Al rientro dagli spogliatoi, Allegri presenta la prima novità. Lascia il campo Pellegrini, che ha accusato un problema fisico nel finale del primo tempo. Al suo posto entra De Sciglio. Il Torino approccia anche la ripresa meglio dei bianconeri. La squadra di Juric arriva subito dalle parti di Szczesny con una conclusione di Mandragora, lasciato troppo solo al limite dell’area nonostante l’alto numero di maglie bianconere presenti nella zona, deviata in angolo dal portiere polacco.

La Juventus si fa vedere dalle parti di Milinkovic con un tiro da lontano di Dybala che termina sul fondo, piuttosto distante dal palo. Purtroppo l’azione segna anche la fine della partita del numero dieci, dopo poco più di cinque minuti dall'inizio della ripresa. L’argentino sente un fastidio alla coscia e chiede il cambio. Nonostante Pardo, scopertosi medico, leggendo l'atteggiamento del corpo di Dybala al momento dell'uscita dal campo, parli di sostituzione a scopo precauzionale, il tifoso davanti alla tv, seriamente preoccupato in vista dell’imminente sfida contro il Villarreal, assiste sfiduciato all'ennesimo inconveniente capitato al giocatore dotato di maggiore tecnica e inventiva nella rosa. Al posto di Dybala, Allegri inserisce McKennie. La Juventus schiera adesso ben quattro mediani. Con l’ingresso dell’americano, Zakaria scivola più all’interno del campo, in una posizione maggiormente congeniale alle sue caratteristiche. Sale un minimo di tono la partita dello svizzero, ora più presente in fase di contrasto e recupero del pallone, ma la manovra della Juventus, sotto l’aspetto qualitativo, scende ancora più di livello. La squadra è completamente piatta. Trasmette la sensazione di non essere in grado di provocare seri pericoli alla porta avversaria. Si presenta in area con un inserimento di McKennie contenuto in angolo da Bremer e cerca fortuna con qualche effimera iniziativa sulla fascia destra proposta da Cuadrado. Vlahovic, isolato in avanti, con le mani di Bremer costantemente sulla schiena, si avvita in una spirale di tristezza. Il serbo perde lucidità con il passare dei minuti, perdendosi in qualche errore di troppo.

Il tifoso davanti alla tv è già rassegnato al fatto che la Juventus non segnerà più. Al massimo la squadra può riuscire a difendere il gol di De Ligt. Non sembra però una serata in cui le cose possono andare bene fino in fondo. Troppi segnali negativi, a cominciare dall'infortunio di Rugani nel riscaldamento, per proseguire con quello di Dybala. Il gol del Torino arriva intorno al quarto d’ora del secondo tempo. Brekalo scende sulla sinistra, crossa dal fondo un pallone arretrato e a mezza altezza sul quale Alex Sandro manca l’intervento. Belotti, a quel punto libero a pochi passi da Szczesny, in girata, indovina la prima giocata di una partita fino a quel momento impalpabile, nella quale si era distinto soltanto per le continue proteste e le sceneggiate a terra per reclamare falli immaginari. Comunque il Torino pareggia e, in fondo, gol come quello appena subito sono rischi che si corrono quando ci si ritrova a giocare con un terzino adattato come centrale di difesa, dopo aver lasciato partire Demiral e rinnovato il contratto a Chiellini per accompagnarlo verso l’ultimo mondiale (forse…). La Juventus, incassata la rete di Belotti, non sembra più in grado di rimettere la testa avanti. Il derby si muove sul binario preferito dai granata, ai quali va in ogni caso riconosciuta un’organizzazione tattica nettamente superiore a quella data (ma forse sarebbe più corretto dire non data) da Allegri ai suoi. Mandragora con un diagonale sinistro leggermente deviato da Cuadrado, sfiora addirittura il gol del vantaggio.

Il tifoso davanti alla tv galleggia tra diversi stati d’animo. Infastidito per l’arbitraggio di Massa che sembra sempre troppo permissivo verso i granata, preoccupato per una partita che ha preso una piega complicata e avara di soddisfazioni, deluso per la prestazione offerta dalla Juventus. Una prova che è difficile classificare con aggettivi diversi da scialba, povera, piatta, triste. Inutile nasconderlo, ci si attendeva ben altro. Dopo settanta minuti finisce anche la partita di Vlahovic. Per il serbo una prestazione sicuramente non buona, anche se non si può ignorare la condizione estrema, soprattutto dopo l’uscita dal campo di Dybala, nella quale il centravanti si è ritrovato a giocare (?). Isolato in avanti da una squadra costantemente bassa, nella quale il secondo attaccante, pur con quattro mediani in campo contemporaneamente, è stato mantenuto largo sulla sinistra, continuamente costretto a profondi ripiegamenti in copertura. Nella Juventus del resto il primo compito degli attaccanti è aiutare la difesa. Per il gol, unico metro di valutazione sul quale poi vengono giudicate le punte, devono attrezzarsi in qualche modo. Problemi loro. L’importante è sacrificarsi in fase difensiva, come chiede ossessivamente il tecnico. Purtroppo per Vlahovic, nel momento in cui era ormai pronto per spiccare il volo, si è ritrovato nelle mani di Allegri. Colui che sembra specialista nel normalizzare gli attaccanti. Verrebbe quasi da consigliargli di mettersi in salvo finché è in tempo. Non è infatti un caso che anche Cristiano Ronaldo visse sotto la guida del tecnico toscano la stagione meno prolifica dei suoi tre anni in maglia bianconera. 

Al posto del centravanti serbo entra Kean, mentre in mezzo al campo Arthur rileva Locatelli, calato alla distanza dopo un buon primo tempo. I due cambi proposti da Allegri lasciano il mondo e la partita esattamente come li avevano trovati. Adesso tocca a Kean, con meno forza fisica e meno talento, combattere spalle alla porta con Bremer, e le sue mani, costantemente ignorate da Massa, sempre poggiate sulla schiena. Ci vogliono ottantuno minuti per vedere finalmente il primo cartellino giallo all’indirizzo dei giocatori in maglia granata. E’ Lukic a finire sul taccuino dell’arbitro Massa. Il provvedimento viene accolto da tutto lo stadio con un boato carico di sarcasmo. La partita scivola via tra proteste e perdite di tempo inscenate dai giocatori di Juric e assecondate di buon grado da Massa. Probabilmente al Filadelfia vengono  proposti allenamenti specifici a riguardo, dal momento che quasi tutti i giocatori del Torino, anche dopo aver commesso fallo, nel dubbio si buttano per terra e protestano. 

La Juventus però non ha più niente da mettere nella partita. I quattro minuti di recupero scorrono via senza sussulti. La Juventus prova l’ennesimo attacco piatto e disordinato senza esiti apprezzabili. Due cross malamente sbagliati da Cuadrado e un lungo possesso palla ai limiti del grottesco, concluso senza neppure alzare il pallone in area chiudono la partita. L’ormai esigua sponda granata ancora presente sulle scene del mondo calcistico, esulta nel settore ospiti per il punto conquistato. Per la Juventus arriva un pareggio che somiglia molto ad una sconfitta. Una partita brutta, addirittura peggiorata con l’uscita dal campo di Dybala. Perso lui, che pure ha giocato partite nettamente migliori di questa, la poca luce in campo si è trasformata nel buio più totale. Nella parte conclusiva della gara, la Juventus ha dato la netta sensazione di giocare per mantenere il pareggio e di non volersi prendere nessun rischio per provare a cambiare il destino della partita.  

“Vincere è meglio di pareggiare, pareggiare è meglio di perdere” recitava il saggio Boskov. Allegri dimostra di preferire la certezza di un punto, anche in casa, anche contro un avversario sulla carta inferiore, piuttosto che prendersi la responsabilità di osare, anche dal punto di vista tattico, per conquistare l’intera posta in palio. Lo dimostra con il cambio operato al momento dell'infortunio di Dybala. Nonostante tre mediani in campo, nonostante una squadra già abbastanza coperta, nonostante il lavoro difensivo svolto da Vlahovic e Morata, nonostante la presenza in panchina di Kean, Kaio Jorge e, perchè no?, del giovane Akè, il tecnico ha preferito rinforzare gli ormeggi con McKennie, un quarto mediano per quanto valido negli inserimenti, per difendere il gol di vantaggio nonostante ci fosse quasi un intero secondo tempo ancora da giocare. Andiamo avanti così, come piace al nostro tecnico. Una partita per volta, un punto per volta. Speriamo solo di non accorgerci di aver sbagliato a fare i conti quando sarà ormai troppo tardi per rimediare.