Sandro Rosell, il nubifragio catastrofico in arrivo sulla Masia, storica accademia in grado di forgiare futuri campioni.
Facciamo un salto indietro, e raccontiamo delle radici catalane che hanno reso unica la storia del Barcellona.
Essere un Blaugrana è un vanto della propria terra, l’orgoglio di un’ appartenenza rivendicata in ogni contesto, una passione viscerale che scorre nelle vene, immutabile. “Questa è una malattia che non va più via”. Sulle note di un famoso coro entrato nella corrente ultras italiana, si scopre l’origine sbandierata di un popolo differente ed indipendente, fiero di ciò che ha costruito.
L’Azulgrana si sente catalano e si identifica nei valori del club fondato da Gamper, “ Mes que”. Di più. I principi sono l’esser puro, ed esportarne le matrici che lo hanno reso diverso, inimitabile.
Barcellona vive di pelota, ed i suoi tifosi trasmettono la loro passione, fieri. E’ l’orgoglio di una città, un legame definito come uno spirito, l’attaccamento ai quei colori, rosso e blu.
La filosofia secolare è già in casa, semplice e con degli emblemi opposti rispetto agli acerrimi rivali del Real Madrid, volenterosi di vincere al primo istante, e pronti a tutto per farlo, comprando giocatori già svezzati, rodati a livello internazionali, spregiudicatamente.

Il fascino catalano risiede nella Masia, il vero simbolo, fondato in parallelo con la nascita del club.
In questo posto si formano giovanissimi attraverso l’insegnamento di un gioco iberico, ritmato ed orientato alla profondità. Schemi offensivi, nei quali i ragazzi giocano la parte di maggior rilievo: sono liberi di arricchirsi palla al piede, conoscersi e formarsi ed hanno a disposizione un’organizzazione paradisiaca.
Tecnica è la parole d’ordine di una preparazione mirata ad implementare le doti del calciatore, mai ripudiando la fisicità o la statura, bensì sfruttando le capacità ed il controllo con la sfera, componenti divine nelle epopee targate Cruyff, primo fruitore della Masia su alti livelli e Guardiola, che ne fonderà le schematiche vent’anni dopo.
Il pensiero è rivolto unicamente al calcio: se vi entri ne esci con altra mentalità, un piglio differente, che ha sempre contraddistinto i campioni creati.
La Masia è l’amore perduto nei confronti del calcio del capitale, vile denaro, il quale ha sfrattato una solida identità. Il futbol malato e contagioso, presagio dell’imminente ed oramai in corso, mutazione cadaverica.
Il soldo in più ha risvegliato le turbolenze madridiste, neanche lontanamente sperate dall’ambiente.
Machiavelli avrebbe graziato Rosell e Bartomeu, seguendo il” fine giustifica i mezzi”. Forse, l’unico, insieme a chi gestisce il flusso esagerato dell’economia pallonara. Oramai è la realtà che non si può negare, che ha distrutto anni d’identità propria.
I senatori ne vogliono fuggire, complici sfavorevoli della tempesta che arerà al suolo anni di sacrificio. Messi, ne è l’ultima immagine, distante dalle idee, amante del suo tiki taka embrionale e scostato dalle sue origini.
Lionel è l’enigma della questione: trattenuto a forza in un progetto opposto, spintonato a rendere le ultime gocce di sudore vane.
Il grattacielo nel quale si son costruiti i successi, eretto meticolosamente per anni è stato abbattuto dal potente temporale.
Le radici del nuovo sono ferme: non le vuole nessuno. Si farà, a pochi passi dalla Masia, storica e novecentesca.

Anno 2011: Rosell avvia la fine della storica entità. Lui, predecessore di Bartomeu, filone continuo della stessa avida mentalità.
L’edificio, si dice, esser pronto nel 2020. Esso, nove anni dopo, è solo l’ultimo sbiadito ricordo che condizionerà le sue presidenze, ricercate e criticate per le scelte rovinose.
Capi espriatori d’una decadenza morale, inseguiti dal tifo caldo. Dal 2013 i canterani son stati gettati in un minestrone aspro, in cui gli ingredienti erano errati.
Le luci della Masia sono dinanzi ad un black-out, oppresse e vittime d’opere scellerate, come i tifosi, a loro volta impattati dal dilemma. Loro, stoici combattono ancora. L’accademia si è interrotta, il potente ed disimperiale palazzo anche.
Sopra di loro il vuoto grigiore che rende consapevoli d’infinita tristezza, di aver rigirato il sole che pulsava come mai d’altre parti.
Lui, emetteva luce propria e calore. E come la teoria di Tibert, musicale come lui, affermava saggiamente, la chiave era semplicità nel far fiorire le virtù, quelle introspettive e celate, represse in zero circostanze per ampliarle al pubblico e deliziarlo, perché naturali e sviluppate da sé, con ore ed ore di pratica, sotto la stella lucente gioiosa di proseguire nel suo compito, inclusa in un insieme implacabile, sgretolabile dalla bacchetta dell’oppressore, che ha fatto svanire un pezzo di storia.
Ha placato l’istinto nobile che è il catalano al mondo, ai suoi occhi. E’ il ribelle non conforme alle norme sociali, che primeggia in quanto eccellente gratitudine nei confronti della sua terra natia, palesandola e condividendone l’emozione che essa trasmette.
E lui, il più irrefrenabile supporter, l’Azulgrana, il pavone che nel suo proclamarsi autorevole e privo di paure, si fa temere ed amare, come il miglior governatore ha fatto.
Lui è buono ed eretto, saluta, ringrazia e dialoga con chiunque.
Lo trovi ad ogni allenamento della Masia. Lui, ed il raggio sfavillante che pulsava nei cuori dei tifosi, si mostrava eroico, conduceva una battaglia già vinta. L’importante era, e rimarrà, poiché non un organo di tale importanza radicato non si smuove, e primeggia dalle nascita, con quel rosso battaglia e quel blu cielo. Le stelle al centro della Camiseta brillano, iridescenti e lucenti.
Il capitalismo blaugrano non sarà riscritto nel libro della sua storia, verrà annientato e bruciato, come la visione di un madrileno può far scaturire.
Son sentimenti e li capisci solo se ci sei dentro.
E lo racconterai ad un figlio, “una malattia che non va più via”, e tramanderai la miglior religione che esista. Lui, valoroso la condurrà per sempre nel suo destino.
L’unico contagio possibile è quello umano, mai “roselliano”. Quello da solo s’è fatto male.
Ma credetemi, tornerà quel giorno a sfolgorare, rimuovere fasti dolorosi ed immeritati. Il Barcellona nasce dal suo esser chi, ha combattuto le scelte errate, ma ha sventolato con veemenza il suo ardore, che risiede nella Masia, una semplicità che si riflette.
“Rosell era l’unica malattia”. Permettetemi, son d’accordo. Ma svanirà. Lo devo a voi, che, avete fatto del calcio lo sport che è oggi.
Guardiola, era l’ultimo faro splendente, che vedeva la barbara rivoluzione, spregiudicata. Ha condotto ai successi, salutato non da idolo, come meritava.
Tributato dalle nuvole, le prime goccioline. Iniesta, Xavi, hanno preso la pioggia.
Mai le scuse arrivate, al contrario la vigliaccheria nel fuggire o la supponenza nel definirsi corretto.
Il passato sarà chiaro, il futuro certamente splendente.
Non siete le lacrime del 4-0 o dell’ 8-2, siete la coreografia contro la Juventus, l’inizio del declino sul terreno di gioco. Ed in voi lo conoscevate, ma non lo accettavate, ed in quei minuti, la pioggia scrosciante è cessata.
Si è arrestata, timidamente. Poi è tornato l’oscuro presagio d’un avvenire complicato ed indecifrabile. Il 2020, senza di voi, stadi vuoti, è inaccettabile.
E’ la negazione di un’anima per cause ignote, la volta nella quale vediamo lo sport del popolo consegnato a pochi, inerme, e noi, di fronte alle tv. Questo ci ha uccisi, a tutti, rendendoci non più umani, incapaci di reagire ad elementi di forza maggiore che ci auguriamo di non rivivere.

Voi, Blaugrana, siete il bello del calcio. Il bambino, con la maglia di Messi indosso, lacrima. Anche voi, sofferenti, lo avete fatto.
Non siete questo. Tempi armonici torneran per tutti, e vi onorerò al rientro al Camp Nou, casa che mai lascerete.
In cuor mio, oggi, son diventato Azulgrana. Ogni tifoso, nel suo Dna, lo è ed è conforme al loro spirito, dal quale si può solo trarre insegnamento.
Quel bambino, piange ancora. Messi è rimasto, ma come? Lui, non voleva un epilogo del genere. E noi la prendiamo come la sconfitta, 
Nel gelido silenzio di avvenenze non nostre, vi lascio a immagini calorose, come il sole della Masia.
E la chiudo, cosi, lasciando la parola a loro.
Blaugrana è per sempre.