#vaialmastersport-2 La multiforme dirigenza nerazzurra L'Inter appare sempre più come una nave senza comandante agli occhi di chi non vive la quotidianità di Appiano Gentile. Gli anni di Moratti avevano abituato tutti alla presenza di una grande figura di riferimento, per quanto criticata. Dopo il Triplete, però, il declino è stato perpetuo ed apparentemente inarrestabile. Ecco quindi che arriva la decisione, tanto auspicata da un nugolo di tifosi irriconoscenti e poco consapevoli, di vendere la società. L'acquirente è un tal Erick Thohir, businessman indonesiano e sedicente intenditore di calcio. Ai festeggiamenti e alle speranze degli stessi tifosi che pretendevano a gran voce l'addio di Moratti hanno fatto seguito, però, solo delusioni e promesse non mantenute. Già, perché il tal Erick Thohir si è rivelato essere non certo uno stupido, ma un grande speculatore; non certo un uomo arrivato per fare il bene dell'Inter, ma un uomo arrivato per fare il proprio. Il merito dell'indonesiano è stato quello di aver salvato un nave che sembrava destinata ad affondare, ma non per riportarla a dominare i sette mari, bensì per rivenderla al miglior offerente e fare profitto. E questa non è certo una colpa. Non se si parla di business. Perché questo è stato, almeno per lui. Ma l'Inter non è business, e mai lo sarà. L'Inter è una questione di cuore. L'avvento dei cinesi, che hanno promesso grandi investimenti, ha ridato nuova linfa ad una tifoseria e ad un ambiente ridotti ai minimi termini dalla gestione Thohir. Eppure, nonostante gli oltre cento milioni spesi in estate, la musica non è cambiata, e l'Inter continua a sprofondare dal punto di vista sportivo. È chiaro, quindi, che qualcosa non va. La risposta della dirigenza a questo problema è stata una: Frank De Boer, sacrificato sull'altare di colpe non sue. Il tecnico olandese è stato scelto prima dell'inizio del campionato per dare una dimensione internazionale alla squadra; per creare un'Inter spettacolare e vincente. Eppure dopo 85 giorni è stato allontanato. Silurato da una delle tante anime dirigenziali dell'Inter. Già, perché il club nerazzurro si trova ad avere una gestione schizofrenica. Il 70% della società è di proprietà del gruppo Suning, che oltre a dare il benestare alle scelte di altri e a mettere i soldi, poco o nulla fa. I tanti km di distanza che separano la proprietà dalla squadra si sentono, si percepiscono ad Appiano Gentile, luogo nel quale agisce la seconda delle tante teste di quell'idra che è la dirigenza nerazzurra. Qui opera l'anima "italiana", che fa riferimento a Massimo Moratti, mai davvero fuori dalla società. Ed infine c'è il proprietario, a tempo determinato, dell'ultimo 30%, il tal Erick Thohir che nella speranza di valorizzare il marchio per migliorare i suoi profitti al momento della cessione definitiva, si occupa di marketing e spendibilità del prodotto a livello internazionale. In questa caotica divisione dirigenziale si deve fare spazio una squadra costruita con evidenti limiti tecnici, composta da giocatori di qualità ma privi di guida e controllo. La prima, e più importante, necessità dell'Inter è quella di avere una dirigenza che agisca in modo chiaro e diretto, ragionando come un'unica entità e non per filoni. Ecco perché il gruppo cinese dovrebbe, ancor prima di cercare un allenatore, creare un board dirigenziale plenipotenziario che dia vita ad un progetto sportivo al quale possa essere dato seguito effettivo. Un progetto che abbia basi solide, che non crolli alla prima sconfitta inattesa e che non ricominci da zero ogni giugno. Il piano di azione tecnico, oltre che economico, deve essere la base fondante di ogni decisione; dalla scelta dell'allenatore, che non deve essere messo in discussione ad ogni pie sospinto, a quella dei giocatori, che devono poter contare su una dirigenza compatta. All'Inter serve un organo decisionale unico ed unito. Un organo che potrà dare il via ad un progetto che deve essere strutturato per ottenere risultati sul medio-lungo periodo. E qui si inserisce la seconda, e più evidente agli occhi degli esterni, necessità nerazzurra: un allenatore. Dall'addio di Mourinho, infatti, all'Inter si sono avvicendati addirittura nove allenatori, tutti capaci e con qualità differenti tra loro. Tutti accomunati da un comune destino: il fallimento. È chiaro, però, che la fine toccata ad ognuno di essi, da Benitez a De Boer, trova le sue radici nei problemi intestini alla società. L'Inter ha bisogno di stabilità, ha bisogno di veder nascere un progetto e di poterci costruire la solidità delle scelte. Ha bisogno di un allenatore che sia capace di dare entusiasmo ad un ambiente demotivato e deluso, di un condottiero che restituisca la gioia di essere interista agli interisti. All'Inter serve un volto, una figura carismatica e di spessore col sangue nerazzurro, che possa ergersi a baluardo dei sogni proibiti del popolo interista, stanco di mandare giù bocconi amari. All'Inter servirebbe uno come Diego Simeone, che da sempre strizza l'occhio ai suoi vecchi colori e che, grazie alla potenza economica di Suning, potrebbe davvero tornare a Milano. A patto che, ovviamente, possa trovarsi in condizione di poter lavorare in un ambiente che lo permetta. E proprio questa è l'ultima grande priorità che la nuova proprietà deve soddisfare: la creazione di un ambiente positivo in cui lavorare. L'Inter si trova costantemente al centro di critiche, scandali e caos. Esempio più recente ed evidente è stato il caso Icardi, assolutamente inconcepibile per una società di spessore come quella nerazzurra, che ha dato il colpo di grazia alla gestione De Boer. Tutti gli allenatori transitati da Appiano Gentile hanno sottolineato come sia difficile lavorare in questa condizione di scarsa serenità. I complessi da abbandono societario, fatti presenti da Mazzarri e Mancini su tutti, sono solo la punta dell'iceberg. Perché il caos porta all'anarchia e ad una situazione di ingestibilità del gruppo. Qui dovrà agire Suning per poter consentire al prossimo allenatore di non aggiungersi alla lista degli esonerati, alla lista degli errori. L'Inter ha bisogno di una dirigenza compatta, di un allenatore di qualità e di un ambiente sereno in cui tutti possano lavorare e rendere al meglio. Tutte variabili all'ordine del giorno nelle squadre di successo, ma non così facili da raggiungere per l'Inter dalla dirigenza multiforme.