Il Real Madrid, per blasone e importanza storica, è il massimo a cui un calciatore, così come un allenatore può puntare nel corso di una carriera. Come disse tempo fa Zidane "i migliori, alla fine, vanno sempre al Real", e di fatto è così. Anche Carlo Ancelotti, uno dei tre migliori allenatori del mondo, ha subito il fascino della "Casa Blanca" e non ha saputo resistere alla tentazione. Si è presentato in Spagna con un palmares incredibile: due Champions league, titolo della Serie A, titolo della Premier e titolo della League One (oltre ad altre svariate coppe, tra cui una supercoppa europea e diverse coppe nazionali). Al suo sbarco, una cosa gli è stata chiesta da Florentino Perez: "La Decima". Mourinho, Capello e Pellegrini: sono solo alcuni dei suoi più illustri predecessori che hanno fallito. Ancelotti al primo anno è riuscito, tra mille difficoltà, ad ottenere il successo che sembrava, ormai, a Madrid impossibile da raggiungere. Eppure non è bastato all'allenatore di Reggiolo per entrare nel cuore dei tifosi, e soprattutto di un presidente troppo volubile e poco riconoscente. Non sono bastate 42 vittorie in 58 partite totali con le Merengues che hanno portato, oltre alla vittoria della decima Champions League, una coppa del Re, una supercoppa europea ed un mondiale per club. È, infatti, vero che il Real Madrid è l'apice massimo che si possa toccare nel mondo del calcio, ma è altrettanto vero che è, spesso, un ambiente ostile, oltremodo pretenzioso. Nella seconda parte della stagione in corso, infatti, la squadra è stata spesso subissata di fischi, anche nei suoi uomini più rappresentativi come capitan Casillas e lo stesso Ancelotti. A nulla sono serviti gli appelli dei giocatori, che necessitavano di una spinta da parte del proprio pubblico. Così la stagione si è conclusa con "solo":un mondiale per club, una supercoppa europea, la semifinale di Champions e il secondo posto in campionato. Tutto questo non è bastato a Carletto per meritarsi una riconferma, ed anzi tutte le strade sembrano portare ad un esonero. Probabilmente il mondo del Real è vittima della sua stessa fame di successi, dell'insaziabilità dei suoi tifosi che non sono disposti a tollerare nemmeno le vittorie, se ottenute esprimendo un brutto gioco. È la difficoltà di vivere un ambiente che non ti aiuta, ti giudica; che non tollera, pretende. Un ambiente che ha divorato i migliori campioni e i migliori allenatori; un ambiente che forse è costato più vittorie ai galacticos degli avversari stessi. L'addio di Ancelotti è, ormai, cosa certa; ma questo potrebbe essere, anche, un'occasione per tante altre squadre in cerca di una guida. E chissà che non possa esserci anche un ritorno a Milano, sponda rossonera ovviamente; in fondo volere il meglio è lecito, e sognare non costa nulla.