Il calcio, così come un fiume, è in continuo movimento; il cambiamento è comune denominatore sia degli aspetti tecnici che di quelli burocratico-economici. Parlare del mondo del pallone oggi, comporta l'obbligo di analizzare non solo il lato tecnico-tattico, ma anche una serie di altre variabili che in passato, quasi, non avevano peso. Il Football è divenuto un fenomeno globale, intorno al quale gravitano interessi spropositati ed inimmaginabili anche solo una generazione fa. La chiave di lettura è da ricercarsi negli investimenti e nei management di magnati e proprietari che non sono più, come spesso accadeva solo qualche decade fa, appassionati amanti della squadra, ma imprenditori ed esperti di economia e marketing; oggi alla base della gestione societaria ci sono, infatti, progetti di arricchimento e allargamento del brand. Il calcio non è più uno sport, è un business.
L'allenatore nel calcio moderno, più di tutti, ricopre il ruolo di uomo squadra e quindi di simbolo della società. Laddove in passato ai tecnici era richiesta "solo" una preparazione dal punto di vista tattico, oggigiorno l'allenatore deve essere molto di più. Roberto Mancini ricalca alla perfezione il modello del Mister di nuova generazione. Uomo immagine del club ancor prima che uomo di campo. La dimensione internazionale, le capacità linguistiche e la conoscenza approfondita del lato economico, oltre che gestionale sono diventate una cornice necessaria. Mancini rappresenta la società, e l'immagine ricopre un ruolo fondamentale per coloro che puntano ad un'espansione del brand. L'elevamento dei requisiti necessari costringe l'allenatore ad evolversi e ad accrescere il suo tasso di conoscenze al di fuori del campo per stare al passo con i cambiamenti continui dettati dalle esigenze societarie. Nasce, quindi, la figura dell'allenatore manager, che ricopre anche ruoli parzialmente dirigenziali.
Ben diversa era la situazione anche solo vent'anni fa. Al Mister era richiesto di allenare e vincere, nulla di più. Uomini come Trapattoni erano selezionati solo per la loro capacità di guidare un squadra già allestita, e non per costruirla loro stessi in compartecipazione con la società. Il tecnico doveva essere uomo di campo più che di copertina; ecco perché non sorprendeva l'abbigliamento un po' trascurato dei veterani, come Mazzone. E per lo stesso motivo oggi sorprende Sarri che, in modo innocentemente anacronistico, alla domanda sul perché si presenti con la tuta alla partita, risponde: "A tutti sembra strano che una persona che fa il lavoro sul campo ci vada in tuta, mentre a me sembrano strane le persone che vanno in campo col vestito". Maestri di un calcio che, ormai, non esiste più; uomini più abituati a stare sotto i riflettori dei campi di allenamento che non sotto quelli delle televisioni.
Gli allenatori non sono altro che lo specchio del calcio che cambia, se in positivo o in negativo solo i posteri ce lo diranno. Difficile risulta il paragone tra figure che ricoprono o hanno ricoperto ruoli così diversi, anche se così simili. Una sola costante accomuna i tecnici di ogni generazione, del passato come del presente e così del futuro, l'esonero. E, nonostante, l'aumento dei poteri di gestione, investimento e collaborazione dirigenziale, i tecnici d'ogni epoca resteranno sempre fatalmente legati ai risultati sul campo, a prescindere dalle copertine.
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