Dopo l’ottima esperienza ad Empoli condita da una promozione ed una meritata salvezza, nel giugno 2015 Maurizio Sarri viene scelto da Aurelio de Laurentiis come sostituto di Rafael Bentiez nel ruolo di guida tecnica del Napoli.
L’esperienza in terra partenopea si conclude senza trofei, ma il triennio alla guida degli azzurri è un vero e proprio spartiacque nella carriera del “Comandante”. Proprio durante questo periodo viene coniato dalla stampa il termine Sarrismo, successivamente introdotto anche tra le pagine dell’enciclopedia Treccani, per indicare lo stile di gioco spumeggiante proposto dal Napoli sotto la guida del tecnico di origini toscane.
Dopo questa esperienza, attorno all’attuale tecnico della Lazio si crea un’aura quasi magica tanto da essere a più riprese paragonato a Pep Guardiola vista la capacità del suo Napoli di fraseggiare stretto palla a terra con rapidità, la volontà di controllare il pallone e di giocare con una difesa decisamente più alta rispetto alla maggior parte delle squadre del nostro paese.

L’approdo alla corte londinese di Roman Abramovich è dunque la naturale conseguenza di ciò che Sarri mostra nei suoi tre anni sotto il Vesuvio. Il calcio champagne di stampo Sarriano è ora pronto a strabiliare l’Europa intera, soprattutto l’Inghilterra e i tifosi Blues coniano subito il termine Sarri-Ball. Peccato che di Sarrismo o Sarri-Ball, che dir si voglia, a Londra se ne veda poco o nulla ed il tecnico napoletano viene congedato a fine stagione nonostante la vittoria in Europa League, sconfiggendo in finale la rivale cittadina dell’Arsenal.
Stesso copione a Torino, dove dei principi del calcio rapido e di possesso visti a Napoli non c’è quasi mai traccia se non nella sfida casalinga contro l’Inter di Antonio Conte. Anche a Torino il finale è molto simile a quello londinese, vittoria di un trofeo ma esonero inevitabile dopo la scottante ed ingiustificabile eliminazione contro i francesi del Lione.
Il matrimonio a dir poco innaturale tra Sarri e la Vecchia Signora finisce dopo una sola stagione ed è proprio questa esperienza a lasciare molti interrogativi agli scettici, mentre i convinti sostenitori dello stile Sarri ritengono che la Juventus non disponesse di una rosa adatta per consentire al buon Maurizio di replicare ciò che abbiamo visto a Napoli, peccato che sia l’allenatore a dover modellare le squadre in base alle caratteristiche della rosa e non il contrario.

E se il calcio “di Sarri” fosse invece stato il calcio del Napoli?
Questo è il punto sul quale vorrei soffermarmi ed è il vero nocciolo della questione: il Sarrismo come stile di gioco quasi non esiste. Sicuramente esistono le idee e i principi di Sarri, ma trasformarli in una filosofia è a mio avviso sciocco ed errato. Il Sarrismo, semmai, è uno stile comunicativo fatto di ruvidità verbale e di tante, incessanti lamentele su qualsiasi tematica che, a detta del Nostro, possa essere sfavorevole alla squadra da lui allenata.
Reputo che un tecnico debba saper dosare l’applicazione delle sue idee nel tempo, dovendo prima di tutto impostare lo stile di gioco a seconda delle caratteristiche e dei limiti della rosa a disposizione e solo in un secondo momento andare a modellare più pesantemente il gioco a seguito di tanta pratica e interventi mirati in sede di mercato. Voler applicare un dogma calato dall’alto è un’utopia che può solo danneggiare l’andamento stagionale di una squadra, in quanto solo il tempo e le adeguate correzioni alla rosa possono restituire al tecnico il gioco da lui voluto.
In sostanza, ritengo che siano le idee ad essere al servizio degli uomini e non il contrario, ma molti sembrano pensarla in modo diverso sebbene la realtà parli chiaro.