A due giornate dal termine del campionato è il Milan a condurre la classifica, diventando per forza di cose la favorita per la corsa scudetto, che vede l’Inter guidata da Simone Inzaghi in ritardo di due lunghezze dai cugini rossoneri. La formazione allenata da Stefano Pioli ha stupito gran parte degli appassionati e dei commentatori (me compreso, non lo nego), dimostrandosi una selezione costruita con giudizio sostanzialmente in ogni zona del campo, evitando acquisti scellerati o di grido, come invece successo in passato durante la gestione precedente.

I rossoneri, volendo estremizzare, per quanto riguarda la costruzione della rosa sono forse l’opposto della Juventus degli ultimi anni: se nel primo caso abbiamo una squadra senza fronzoli, imbastita con giudizio e con tre punte di diamante (Leao, Tonali, Hernandez...qualcuno aggiungerebbe Tomori), dall’altra invece possiamo notare una squadra piena di giocatori dal nome altisonante, ingaggi vertiginosi e che ha mostrato di preferire le scelte di pancia anziché la logica in sede di mercato, se non sempre comunque in più di una occasione.
Si può riscontrare una situazione diversa, invece, se paragoniamo i rossoneri all’Inter.
I nerazzuri sono riusciti a tornare ai vertici del nostro campionato dopo diversi anni di confusione e conseguenti vacche magre, trovando stabilità con Luciano Spalletti e continuando l’evidente processo di crescita guidati dal “serial winner” Antonio Conte, l’ex nemico giurato del popolo nerazzuro che ha però riportato il tricolore ad Appiano Gentile grazie anche al supporto di calciatori di livello indiscusso. Il punto del mio discorso è proprio questo, l’Inter è una squadra indubbiamente ben costruita, composta da ottimi giocatori ed un allenatore scelto anche per la somiglianza del suo stile di gioco con quello di Conte, almeno in parte, riuscendo anche ad assorbire ottimamente le partenze di Lukaku ed Hakimi. Beppe Marotta non ha compiuto passi azzardati, non si è mosso casualmente ma ha sempre ponderato le sue scelte e non si può dire non abbia fatto un ottimo lavoro.

Dunque, le milanesi sono entrambe squadre realizzate con rigore ed attenzione, eppure la differenza tra le due rose sembra evidente, e non a vantaggio dell’attuale capolista. Chiunque non sia accecato dal tifo oppure estremamente incompetente può senza difficoltà alcuna rendersi conto della maggior qualità di cui dispone l'Inter, oltre a beneficiare di un progetto già dimostratosi vincente e dunque ben oliato, a differenza degli odiati cugini che inseguono lo scudetto dal 2011. Senza tanti giri di parole, il Milan non dispone di individualità eccellenti tanto quanto i nerazzuri: no, Tomori non vale Skriniar, Bennacer e Kessiè non sono Brozovic e Barella, Giroud non è al livello di Lautaro Martinez e volendo essere più completi, anche Calabria e Florenzi non sembrano superiori a Dumfries. Per un Leao, Tonali e Hernandez possiamo nominare Tourè, Castillejo, Rebic, Saelemaekers, Bakayoko, Krunic, Gabbia: penso abbiate intuito il punto del discorso. Potrà sembrare una eresia, detta dopo la trentaseiesima giornata, ma la capolista Milan, a mio modesto parere, non è una squadra ricca di campioni e in una Serie A competitiva farebbe fatica a raggiungere il tricolore.
Eppure la squadra di Pioli è ad un passo dal traguardo nazionale più prestigioso, e da quando l’ex tecnico di Lazio, Bologna e Fiorentina è alla guida del Milan ci siamo ormai abituati a vedere i rossoneri riuscire ad ottenere ottimi risultati nonostante i numerosi infortuni e sebbene la rosa non disponga di qualità eccelsa. Cosa ci suggerisce, allora, questo innaturale equilibrio tra le due milanesi? E che significato può avere il comando di un Milan ben lontano dai periodi in cui a vestire la gloriosa maglia rossonera erano Nesta, Maldini, Kakà, Inzaghi oppure Baresi, Van Basten e chi più ne ha più ne metta, la lista di campioni rasenta l’infinito.
A mio giudizio, sono i risultati in campo internazionale a darci una risposta tanto chiara quanto sconfortante. Sebbene la situazione al comando della Serie A sia praticamente opposta rispetto a qualche stagione fa, dove una sola squadra ha dominato per un decennio intero, le condizioni delle nostre squadre non sono poi mutate così tanto. Le due formazioni che si giocano la vittoria finale hanno mostrato un distacco notevole dalle grandi d’Europa, ed il paragone con le quattro o cinque favorite per il successo in Champions League è per tutti impietoso. Nel nostro campionato è indubbiamente aumentata la spettacolarità della corsa al titolo, fino a 3 anni fa quasi del tutto assente, ma il livello generale rimane modesto. L’Inter campione in carica non ha di certo mostrato di poter replicare le finali europee raggiunte dalla Juventus a Berlino e Cardiff (nemmeno a dirlo, perse), ed il Milan non è apparso ancora maturo e brillante nel proprio girone di UCL, comunque molto difficile.

In conclusione, una eventuale conquista del tricolore da parte della squadra di Pioli dimostrerebbe in modo inequivocabile come la grande organizzazione collettiva possa portare al trionfo in un campionato dove la qualità rispetto a quindici-venti anni fa è drasticamente diminuita, ed i tifosi del Milan non devono sentirsi sminuiti per questo, la colpa non è certo di chi vince, semmai di chi insegue, esattamente come quando la Juventus di Conte prima ed Allegri poi metteva un’ipoteca sullo scudetto praticamente a Marzo. L’Inter di Inzaghi invece avrebbe parecchio da recriminare a se stessa. Partita giustamente da favorita, non si è mai dimostrata in grado di chiudere il campionato nonostante una rosa che per qualità ed organizzazione generale non è seconda a nessuno.
Come sappiamo però, riconfermarsi campioni non è affatto un gioco da ragazzi, e Simone Inzaghi potrebbe aver fallito il suo primo appuntamento con la storia alla guida di una grande squadra.