"Please don't call me arrogant, but I'm European champion and I think I'm a special one"

Con questa frase si presentò Josè Mourinho nel 2004 durante la sua prima intervista da allenatore del Chelsea, venendo dalla trionfale esperienza di Porto che lo consacrò tra i grandi dopo il dominio casalingo e soprattutto le vittorie in Coppa UEFA prima e Champions League poi. Ed è proprio dopo aver pronunciato queste parole che la stampa gli affibiò l'ormai famigerato soprannome "Special One" che ancora adesso il portoghese si porta dietro quasi come un pesante fardello. La carriera del tecnico di Setùbal è da qualche stagione ancorata ad un punto morto ed è possibile notare questa frenata analizzando non soltanto i freddi numeri ma anche il diverso piglio di Mourinho in conferenza stampa e osservando l’approccio delle sue squadre. Parlando innanzitutto di numeri si può immediatamente notare come i fasti “Mourinhiani” abbiano subito un calo successivo alla sua esperienza Madrilena, seppur continuando ad alti livelli nel suo ritorno a Londra, dove vinse nuovamente la Premier League, e parzialmente a Manchester, grazie ad un prima stagione degna di nota in cui i Red Devils conquistano una League Cup ed una Europa League.
La percentuale di vittorie delle sue squadre raggiunge il picco a Porto e Madrid (71%) e cala fino al 51% durante i suoi giorni sulla panchina del Tottenham.
A seguito del suo primo anno alla guida del Man United la "magia" termina definitivamente. Non solo la rottura con lo spogliatoio si conclude col suo esonero ma le sue esperienze successive lasciano a dir poco perplessi. Josè sceglie il Tottenham e poi la Roma, due squadre che (non me ne vogliano i rispettivi tifosi) non hanno il DNA vincente che ha sempre contraddistinto la carriera e la personalità dello stesso Mou. Non a caso con gli Spurs Josè non vince nulla, non riuscendo a spezzare la maledizione della compagine di North London, che tra le Big Six inglesi è la meno vincente ed anche la più bersagliata dalle ironie dei tifosi e dalle svariate pagine di meme presenti sul web. I primi mesi della sua esperienza giallorossa non sembrano lasciar presagire un percorso ricco di soddisfazioni, e basta un confronto col suo predecessore Fonseca per rendersi conto che di progressi la Roma pare non averne compiuto alcuno.

Fatto questo breve ma doveroso riepilogo intendo soffermarmi sulla questione che più di tutte mostra la differenza tra il Mourinho che fu ed il Mourinho che vediamo all'opera da qualche anno a questa parte. Il tecnico lusitano è stato un innovatore e ha dimostrato grande duttilità ed una intelligenza tattica fuori dal comune nei suoi anni migliori, questo forse ce lo siamo dimenticati e ci accontentiamo della versione parodistica ed eccessivamente autoreferenziale di oggi. Il Porto di Mourinho fu una vera e propria corazzata, il suo Chelsea col 433 da lui proposto mise in crisi l'intera Premier League grazie alla bella intuizione di schierare un centrocampista in più rispetto alla quasi totalità delle avversarie che ancora puntavano su un classico 442 con soli due uomini in mezzo al campo. Da ricordare anche l'enorme duttilità che Mourinho riuscì ad imporre alla sua inter, generalmente schierata con un 4231 che in fase di non possesso diventava 451, squadra da battere in Italia ma estremamente difensiva in Europa, caratteristica che unita alla strepitosa abnegazione di alcuni interpreti (Eto'o su tutti) portò a Milano la coppa dalle grandi orecchie. A dir poco notevole anche la cavalcata strepitosa al comando del Real Madrid nel 2012 che gli consentì di portare a casa una Liga da record con la bellezza di 100 punti totalizzati in un periodo in cui il Barcellona era la squadra da battere sostanzialmente ovunque.

Il Mourinho di oggi, invece, sembra essere l'ombra di ciò che fu. Non stupisce più, ma insegue chi innova davvero. In conferenza stampa non suscita un autentico scalpore come un tempo ma si limita a recitare una cantilena trita e ritrita ed anche sui social non dà l'idea del grande condottiero e non perde invece occasione di dimostrarsi più umano e vicino alle genti o, al limite, di ricordare i successi di un tempo. Josè Mourinho, in definitiva, trasmette stanchezza. Non è più l'innovatore, lo psicologo, il condottiero, lo showman di un tempo.
Si è trasformato in una vecchia primadonna un poco viziata ed un pizzico nostalgica dei bei tempi che furono. Anche la grande capacità di entrare nella testa dei suoi uomini sembra svanita e l'approccio con spogliatoi composti da ragazzi figli di una mentalità diversa (forse peggiore) rispetto anche a solo 10/15 anni fa sembra averlo messo in seria difficoltà anche sotto l'aspetto umano della gestione di una grande squadra composta da grandi calciatori.
Se Josè Mourinho riuscirà a tornare, anche solo per un breve periodo, il mattatore carismatico dentro e fuori dal campo che ci ricordiamo ce lo dirà solo il tempo, ma l'involuzione degli ultimi anni è sotto gli occhi di tutti.