Alla vigilia della cruciale sfida di Champions League contro gli spagnoli del Villarreal molti tifosi della Juventus non riescono ad evitare di compiere nella propria mente dei dolorosi viaggi nel tempo relativi al recente passato bianconero nella massima competizione europea. Le tappe di questo faticoso e triste viaggio passano prima da Amsterdam, proseguono per Lione e (si spera) terminano a Porto, lasciando una inevitabile scia di delusione, rabbia, amarezza e a tratti anche incredulità per i continui e ripetuti fallimenti europei e le cocenti eliminazioni, spesso contro squadre ritenute all’unanimità inferiori, quantomeno sulla carta.
Le recenti esperienze dei bianconeri suggeriscono, dunque, massima prudenza anche per la prossima sfida contro il sottomarino giallo della comunità valenciana, e gli entusiasmi di qualche stagione fa sono ormai stati del tutto sostituiti dalle preoccupazioni odierne dovute ad un calo evidente di qualità e personalità della rosa guidata da Massimiliano Allegri, Sarri, Pirlo e di nuovo Allegri.

Sappiamo bene, oramai, che uno dei timori principali dei tifosi della Vecchia Signora riguarda l’involuzione subita dal centrocampo durante le ultime stagioni. Da punto di forza alla base degli innumerevoli successi nazionali e della conquista delle finali di UCL del 2015 e 2017, composto dai vari Pirlo, Pogba, Vidal e Marchisio, ad autentico tallone d’Achille della rosa juventina, non a caso è da tempo che si fatica a “salvare” qualcuno tra i centrocampisti bianconeri.
Colui che (escluso Ramsey, ospite pagato fisso del J-Medical) ha deluso maggiormente è senza dubbio Adrien Rabiot e, a differenza del gallese, i problemi emersi non sono di natura muscolare o fisica in generale, bensì ciò che è mancato in queste (quasi) tre stagioni sono la qualità, la costanza e indubbiamente anche il carattere necessario per emergere in contesti d’élite. La dormita un attimo prima del pareggio siglato da Parejo ed il rigore causato contro la Sampdoria sono solo le ultime sventure che lo vedono protagonista, il francese è da subito sembrato un pesce fuor d’acqua e non ha mai potuto garantire prestazioni di qualità per lunghe fasi della stagione, dimostrandosi estremamente discontinuo, poco coraggioso e molto compassato, per non dire molle, in diverse occasioni, nelle quali una maggior rapidità di pensiero ed esecuzione del gesto sarebbero state necessarie.
Il 26enne ex PSG darebbe anche l’impressione di essere elegante, con le sue movenze graziose ed il passo lungo e slanciato, se non fosse che spesso e volentieri l’esecuzione del gesto tecnico o le scelte da lui compiute siano errate e talvolta anche goffe. Quando lo si osserva sul campo è come se la linea di demarcazione tra eleganza e ridicola goffaggine sia tanto sottile da non essere nemmeno percettibile, le sue movenze lente possono passare in un batter d’occhio dall’essere raffinate al risultare eccessivamente dilatate nel tempo fino a causare gravi errori con conseguente perdita del possesso palla.

In sostanza, Rabiot, non dà certezze. Non appare abbastanza deciso quando bisognerebbe affondare, non è aggressivo né attento in fase di contenimento, combina danni dove altri si limiterebbero a fare il compitino e non trasmette nulla a chi lo osserva. Lo si percepisce poco e malvolentieri, come fosse un ectoplasma privo di carisma che cammina senza meta in mezzo ad un campo, talvolta impedendoci persino di capire chi sia davvero e quale sia il suo scopo in alcune fasi di gioco.

La mezzala francese racchiude tanto di ciò che non va bene ora e non è andato secondo i piani in passato nella Juventus. La svogliatezza, l’insofferenza, la disattenzione, la sensazione di poter fare qualcosa per poi non fare nulla, e le belle pascolate casuali in mezzo al campo: Rabiot è quello che la Juventus non deve più essere, e i bianconeri farebbero bene a tenerlo a mente, perché solo con carattere, determinazione ed attenzione perenne si può tornare tra le prime otto d’Europa ed evitare un’altra spiacevole eliminazione europea.