Prosegue il viaggio nella storia del calciomercato della Roma a stelle e strisce, alla scoperta dei peggiori colpi messi a segno da Walter Sabatini nell'estate del 2012.
A partire dall'allenatore: Zdenek Zeman, il Maestro boemo reduce da una grande stagione sulla panchina del Pescara, in Serie B, e tanto invocato dai romanisti al grido di "almeno se divertimo" e "4-3-3 sbrocco pe' te". Un entusiasmo durato ben poco, tranne per qualche fedele seguace dello zemanesimo che ancora oggi ricorda con astio l'(ennesimo) esonero del Maestro a fine febbraio, sostituito da Aurelio Andreazzoli. Che dal canto suo ci mette la buona volontà, al netto di qualche scelta discutibile presa sempre al momento sbagliato, ma deve arrendersi ai limiti fin troppo evidenti dei suoi calciatori, tra cui spiccano alcuni dei più grossi bidoni mai passati all'ombra del Colosseo. 

Quello che probabilmente sarà ricordato per sempre come il peggiore in assoluto indossa i guantoni, ma per Zeman, che lo richiede espressamente, è un dettaglio. Ciò che interessa al boemo del portiere del Danubio è infatti solamente l'(invero dubbia) abilità nel giocare con i piedi. Arriva così in giallorosso Mauro Goicoechea, che, approfittando della rottura tra la società e Stekelenburg, a novembre si prende il posto da titolare. Colleziona 16 presenze incassando ben 24 gol, ma soprattutto una serie inenarrabile di papere il cui filo conduttore è una letale combinazione di mediocrità e insicurezza. Quella più clamorosa arriva nella sconfitta interna contro il Cagliari che costa il posto a Zeman. Uno degli errori più inspiegabili mai visti su un rettangolo verde. Un incubo che, a distanza di sette anni, ancora perseguita tanti tifosi romanisti. Per fortuna non fa altrettanto l'urugagio, che con Andreazzoli torna ad accomodarsi in panchina e al termine della stagione non viene riscattato. 

Sulle fasce agiscono due terzini offensivi di cui, per motivi diversi, non si ricorda né una discesa palla al piede nè tantomeno una diagonale degna di questo nome. Il primo è il paraguaiano Ivan Piris, prelevato in prestito dal Deportivo Maldonado dopo una buona stagione con la maglia del San Paolo in Brasile. Un calciatore anonimo nelle giornate buone e disastroso in quelle storte, che per mancanza di alternative mette insieme 32 presenze (e 0 gol). Il modo giusto per essere rispedito al mittente.
Il secondo è invece il brasiliano Dodò, uno dei tanti oggetti misteriosi sabatiniani spacciati per futuri campioni. In realtà, il ventenne arrivato gratis dal Corinthians qualche qualità sembra averla, ma è frenato da un'infinità di infortuni che gli impediscono di mettersi davvero in mostra. Resta in giallorosso due stagioni, collezionando 35 presenze e 0 reti, prima che Sabatini faccia un capolavoro rifilandolo all'Inter per la bellezza di 9 milioni. 

A centrocampo, in quella che sembra in tutto e per tutto un'operazione simpatia per il pubblico statunitense, arriva Michael Bradley, preso dal Chievo per 4 milioni. Da onesto mestierante, Bradley ha la straordinaria capacità di non fare mai nulla di degno di nota. E' lì, lo sai che c'è, ma quasi non te ne accorgi. Corre tanto e dà tutto, ma niente. Tecnicamente non me la sento di definirlo un vero bidone, ma rientra sicuramente nel novero dei tanti calciatori non adatti al livello che la società dichiara di voler raggiungere. Un colpo evitabile. Resta a Roma una stagione e mezzo, mettendo insieme 46 presenze e 2 gol, prima di proseguire la sua onesta carriera tornando in MLS, a Toronto. 

Accanto a Bradley arriva in prestito dal Genoa un altro calciatore espressamente richiesto da Zeman, che lo ritiene il regista ideale per il suo gioco. Panagiotis Tachtisidis si presenta siglando il gol più bello del precampionato, infilando da centrocampo Mignolet in un Roma-Liverpool giocato al Fenway Park di Boston. Resta il suo miglior momento in giallorosso.
Esasperatamente lento, sia di gambe che di testa, viene investito dal suo mentore di un ruolo al di là delle sue possibilità, e rientra suo malgrado nell'incomprensibile guerra personale che il boemo porta avanti contro Daniele De Rossi. Come tanti altri calciatori passati da queste parti negli ultimi anni, è semplicemente inadeguato. Mette insieme 23 presenze e 1 gol, prima di essere messo da parte dopo l'esonero di Zeman e non riscattato alla fine della stagione. 

Per la serie "ragazzini sconosciuti pescati chissà dove da Sabatini", ecco arrivare, dopo un contenzioso infinito tra procuratori, società e addirittura la Federazione Uruguaiana, Nicolas "el conejo" Lopez. Descritto dagli addetti ai lavori come un fenomeno assoluto, viene acquistato ufficialmente a gennaio del 2012, per essere aggregato alla Primavera, dove sembra confermare la sua fama segnando a ripetizione. Il debutto in prima squadra arriva proprio sotto la gestione del boemo, che lo inserisce al posto di Totti alla prima di campionato, contro il Catania. El conejo lo ripaga subito, mettendo a segno il gol (e che gol) del pareggio nei minuti di recupero. I tifosi romanisti si sfregano le mani, convinti che Sabatini abbia pescato il jolly. Ovviamente si sbagliano. Quello contro il Catania resta l'unico squillo di Lopez in giallorosso, che da lì in poi, semplicemente, si perde come tanti ragazzini sbarcati in Europa troppo presto. Colleziona la miseria di 7 presenze prima di essere scaricato all'Udinese nell'affare Benatia. 

Infine, last but non least, in attacco arriva l'oggetto del desiderio di mezza Serie A, strappato alla concorrenza delle altre big per l'enormità (per l'epoca) di 16 milioni. Messosi in mostra con la maglia del Siena, con cui segna ben 12 gol nella stagione precedente, Mattia Destro sbarca a Roma circondato dall'aura di prossimo centravanti della Nazionale. Se leggendo queste parole vi scappa un sorriso, andate a rileggere le cronache sportive di quegli anni. Il Destro versione romanista è però un giocatore discontinuo, spesso indolente e ancora più spesso infortunato, nonchè poco aiutato da un carattere che molti descrivono come "particolare". Difficile dire quale tra questi fattori abbia contribuito maggiormente alla sua parabola discendente di eterno incompiuto. In realtà nelle due stagioni e mezzo che passa in giallorosso non fa neanche così male (68 presenze e 29 gol complessivi), ma non riesce a trovare la dimensione di grande centravanti cui sembrava destinato. Un grande peccato. 

La disgraziata stagione della Roma si conclude con un grigio sesto posto in campionato, ma soprattuto con la cocente delusione della finale di Coppa Italia, che i dirimpettai biancocelesti, giustamente, non si stancano mai di ricordarci. Una ferita che a distanza di anni non è ancora chiusa, e probabilmente non lo sarà finché non saremo noi ad alzargli una coppa in faccia.
Un colpo durissimo, da cui tuttavia la società sembra volersi immediatamente riprendere. Ci riuscirà solo in parte, ma questo è un altro capitolo. 

Continua...