Che l’Europa League non sia proprio il torneo più entusiasmante del mondo, è cosa nota. Di giovedì, con squadre improbabili e trasferte spesso lunghissime, la seconda coppa europea è figlia del dio minore del calcio. Capita di frequente, dunque, che club con un certo blasone dei maggiori campionati europei la snobbino, affrontando con sufficienza impegni contro squadre meno note ma decisamente più affamate. Ora, se la Roma fosse effettivamente una squadra di un certo blasone, il ragionamento potrebbe non essere peregrino. Peccato che la Roma non alzi un trofeo da oltre dieci anni, e abbia una storia europea fatta di figuracce e delusioni che una semifinale di Champions non basta a cancellare. Per un Barcellona ci sono un Panathinaikos (con il celebre “facciamo vedere a ‘sti greci chi sono i romani” di Ranieri), uno Slovan Bratislava, un Bate Borisov, e mi fermo qui per pietà. Ieri, alla lunga lista di carneadi calcistici che hanno assaporato la gloria contro la Roma, ha rischiato di aggiungersi persino il Wolfsberg (o Wolfsberger, che dir si voglia).

Gli austriaci, già eliminati, ce l’hanno messa tutta per rovinare la festa alla Roma, cui bastava un misero punto per passare. Così, mentre a Gladbach andava in scena una partita più vera che mai, a Roma, i giallorossi pensavano bene di affrontare non una partita di una competizione europea, ma il calciotto tra colleghi del giovedì. E dire che il match si era messa subito bene, con il calcio di rigore procurato da Dzeko e realizzato da Perotti dopo appena 5’, alla prima accelerazione della squadra di Fonseca. Da quel momento in poi, però, la Roma ha condotto un match semplicemente inspiegabile. Svagati, lenti, molli, i giallorossi hanno concesso agli avversari di pareggiare subito, limitandosi a guardarli mentre dialogavano al limite dell’area e andavano in gol con lo zampino di Florenzi. Apro una parentesi: che altro c’è da dire su questo ragazzo? Certo, nel suo autogol c’è una buona dose di sfortuna, ma il capitano giallorosso ha l’inquietante capacità di trovarsi sempre al posto sbagliato nel momento sbagliato, segnalandosi in negativo anche quando, tutto sommato, fa il suo. Non è il caso di ieri sera. Come se ce ne fosse ancora bisogno, la prestazione di ieri ha dimostrato chiaramente perché Florenzi non sia nei pensieri di Fonseca. Tutti ne hanno preso atto, ora tocca a lui. Chiusa parentesi.

A guardare il tabellino, si direbbe che dopo il pareggio la Roma abbia reagito bene, riportandosi subito in vantaggio con il gol Dzeko, servito a porta vuota da Perotti (altra doppietta rigore-assist per lui, dopo Verona). Il campo, tuttavia, ha detto ben altro. Anche dopo il gol del Wolfsberg, la Roma ha continuato a (non) giocare come stava facendo, pensando che bastasse accendere e spegnere la luce per piegare la tutt’altro che irresistibile resistenza austriaca. Consapevoli del gap tecnico con gli avversari, i giallorossi riuscivano a infilarli facilmente ogni volta che cambiavano passo, salvo poi perdersi in un bicchier d’acqua con errori marchiani e scelte discutibili. Mentre davanti ci pensava Under, all’ennesimo 2 in pagella, a rendere manifesta la scarsa applicazione romanista, dietro erano il già citato Florenzi, il ben noto Fazio e l’irriconoscibile Spinazzola a prodursi in una serie di gag da avanspettacolo, tra palloni persi, passaggi sbagliati e marcature da denuncia, che incoraggiavano gli spensierati austriaci. “Va bene”, abbiamo pensato tutti, “ora negli spogliatoi Fonseca se li mangerà vivi e nel secondo tempo vedremo un’altra Roma”. Macché.

Il secondo tempo, se possibile, è stato anche peggio del primo. Al cospetto degli ectoplasmi giallorossi, il Wolfsberg ha continuato a macinare il suo gioco, prima cogliendo un palo e poi pareggiando ancora. L’azione che porta al 2-2 è l’emblema della partita della Roma. Gli austriaci recuperano palla a centrocampo fermando, forse fallosamente, Mkhitaryan. I giocatori giallorossi si fermano, protestando invano mentre gli avversari si lanciano verso la porta di Pau Lopez (subentrato allo sfortunato ma ancora una volta miracoloso Mirante). La difesa romanista ha comunque tutto il tempo per ripiazzarsi. Nell’inquadratura larga si nota addirittura Fazio chiamare le marcature ai compagni. Eppure è tutto inutile. I difensori di Fonseca difendono con la grinta e la concentrazione di una nidiata di pulcini bagnati, permettendo a Weissman di lanciarsi in tuffo e segnare. A quel punto, davanti a quella prestazione indecente, ho avuto la netta sensazione che sarebbe finita male. Molto più lucidamente, Fonseca ha inserito immediatamente Zaniolo e Pellegrini, dando più peso all’attacco e cambiando, di fatto, l’equilibrio del match. Nei minuti finali, la Roma è tornata quantomeno a sembrare una squadra di professionisti e non un’accozzaglia di dilettanti. Il Wolfsberg, evidentemente sazio di un risultato inatteso, ha abbassato un po’ i ritmi e ceduto campo, lasciando alla Roma un’ultima occasione di vincere, con Dzeko imbeccato da una buona giocata di Florenzi ma murato dal portiere a un metro dalla rete.

Tutto ciò mentre, a Gladbach, il Basaksehir coglieva una vittoria all’ultimo respiro che ha stravolto il girone. Con 10 punti in classifica, i turchi hanno scavalcato la Roma, a quota 9, ed eliminato il Borussia, fermo a 8. Tra tutti gli esiti possibili, alla fine abbiamo assistito a quello più inaspettato. La Roma è riuscita nell’impresa di finire dietro a una squadra cui ha rifilato sette gol, subendone zero. Ancora peggio ha fatto il Borussia capolista in Bundesliga, tenuto a galla solo dagli errori arbitrali nelle due partite contro i giallorossi. Niente da imputare, invece, al Wolfsberg, che ha onorato fino in fondo la competizione, togliendosi lo sfizio di massacrare i tedeschi all’esordio e fermare per due volte una Roma indecente. Una squadra che, al netto dei torti subiti, avrebbe potuto e dovuto vincere un girone tanto pazzo quanto tecnicamente alla portata di chi, come ha detto Perotti, punta ad arrivare fino in fondo. Alla fine, per passare è bastato fare meno del compitino, ma da qui in avanti ci vorrà ben altro, viste alcune delle avversarie che il sorteggio potrebbe riservare. Lo sa Fonseca, che non ha nascosto il suo disappunto per la partita di ieri, e che deve riflettere anche sulla qualità di tante seconde linee. Lo sa la società, almeno quella attuale, che dovrà correre ai ripari in tal senso. Se lo sanno anche i calciatori, è bene che lo dimostrino. Perché, in caso contrario, l’ennesima figuraccia è appena dietro l’angolo.