La famosa “legge di Murphy” dice che se qualcosa può andare male, lo farà sicuramente. Ebbene, nel mondo dello sport, niente incarna tale paradosso come la Roma. Ai profani del culto misterico giallorosso potrà sembrare assurdo, ma è esattamente così. Quando tutto sembra andare per il verso giusto, ecco arrivare, puntuale come un treno giapponese, la batosta che livella al suolo ogni speranza di vittoria sul destino cinico e baro. Succede così che la Roma, chiamata ad allungare la striscia positiva interrotta dalla pausa natalizia, inauguri l’anno nuovo con una sconfitta casalinga figlia di una prestazione decisamente deludente rispetto a quanto mostrato finora.

Al cospetto di un Torino imbottito di assenze pesanti, la Roma parte anche con il piede giusto. I primi minuti sono tutti della squadra di Fonseca, che schiaccia i granata per cercare subito il vantaggio.
Fedele al suo spirito, il Torino punta tutto su densità e ripartenze veloci, creando la prima, vera occasione del match appena riesce a mettere il naso oltre la metà campo. A fermare Belotti è solo il guantone di Pau Lopez, che devia sul palo la conclusione a botta sicura del centravanti azzurro. Passato lo spavento, la Roma torna ad attaccare approfittando anche di qualche svarione granata in fase d’impostazione. In un paio di occasioni i giallorossi potrebbero facilmente cogliere il bersaglio grosso, ma sono troppo pigri nelle ultime scelte. Le due volte che prendono lo specchio, invece, ci pensa Sirigu a sventare il pericolo, abbassando la saracinesca sulla punizione di Kolarov e sulla rasoiata di Pellegrini. Il primo tempo sarebbe tutto qui: da una parte una Roma buona fino al limite dell’area, dall’altra il solito Torino.

Peccato che, prima dell’intervallo, Di Bello decida di metterci del suo. Prima non fischia un fallo netto su Zaniolo e poi non vede un controllo di braccio di Verdi, all’inizio di un’azione sui cui sviluppi Veretout rimedia un cartellino giallo. E’ per questo, forse, che l’arbitro allunga di trenta secondi il minuto di recupero ordinato per motivi noti solo a lui. Poco male, visto che, a recupero scaduto, la palla è della Roma. Evidentemente convinto che Di Bello fischi, Florenzi si esibisce in un alleggerimento per vie centrali che è facile preda dei giocatori granata. A quel punto, tutti i giallorossi attendono un fischio che però non arriva. Dal canto suo, il Torino prosegue e la palla arriva sui piedi di Belotti, che entra in area e, mentre le belle statuine giallorosse stanno a guardare, scaglia un sinistro che trafigge Pau Lopez ben oltre la fine del recupero. Le proteste, però, servono a poco. Il primo tempo si chiude su uno 0-1 immeritato, ma che costringe la Roma a imbastire una faticosa rimonta.

Al contrario di quanto successo contro la Spal, nel secondo tempo la squadra di Fonseca fa tutto ciò che non dovrebbe fare. Si fa prendere dalla frenesia fino al punto di perdere del tutto la testa. Saltato ogni schema, i giallorossi si riversano in avanti riuscendo nell’impresa di collezionare calci d’angolo senza creare mezzo pericolo per Sirigu. In più, quando il portiere granata è praticamente fuori causa, Mancini e Mkhitaryan sprecano da due passi il gol del pareggio. Per creare ulteriore confusione, oltre all’armeno, schierato a centrocampo al posto di Veretout, Fonseca inserisce anche Kalinic, dirottandolo sulla destra in appoggio all’impalpabile Dzeko. Il Torino si difende come può: subisce tanto ma resiste, cercando il contropiede buono per punire una difesa romanista tutt’altro che irreprensibile. Aiutato anche dall’arbitro, che non espelle Izzo per un clamoroso fallo di mano, il Torino trova infine il raddoppio. Dopo un lungo e confuso consulto al VAR, Di Bello punisce un goffo tocco di mano di Smalling e Belotti, dal dischetto, non sbaglia. Gli oltre sette minuti di recupero servono a poco, ma la Roma riesce comunque a sprecare almeno un altro paio di buone occasioni, confermando in pieno la serata storta. I giallorossi incassano così una sconfitta che ne ridimensiona notevolmente le ambizioni di alta classifica. Il quarto posto non è matematicamente in discussione, ma la Roma vista ieri, molto semplicemente, da quarto posto non è.

La Roma vista ieri è un’accozzaglia di calciatori più interessati allo spunto personale che al risultato finale, guidata da un allenatore incapace di cambiare verso alla partita. Leziosi nel primo tempo e nervosi nel secondo, i giallorossi perdono con la testa, prima che con i piedi, un match che era fondamentale vincere. Non che non ci abbiano provato, ma Fonseca e i suoi uomini hanno messo in mostra una serie di limiti che potrebbero pregiudicare pesantemente il loro percorso di crescita. Non è possibile vedere una squadra con le qualità della Roma perdere la lucidità necessaria a scaraventare due palloni in una porta spalancata. A maggior ragione se c’è da rimontare un avversario decisamente inferiore sotto il profilo tecnico, specialmente nei singoli. Ieri, però, i singoli della Roma hanno sparato a salve. Ieri si è visto il solito, imbarazzante Florenzi, il non-terzino capace di perdere ogni duello e regalare al Torino la palla del vantaggio con una giocata da torneo della parrocchia. Si è visto un Pellegrini più deciso a pescare il jolly che a dare una mano alla squadra. Si è visto un Dzeko ancora in infradito sporche della dorata sabbia di Dubai. Si è visto un Mkhitaryan svagato (e fuori ruolo), un Mancini deconcentrato, uno Smalling ingenuo. Ma soprattutto si è visto un Fonseca in confusione.

Al netto del pessimo arbitraggio di Di Bello, la sconfitta di ieri è una lezione difficile da mandare giù, ma dalla quale tutti devono imparare qualcosa. Dall’allenatore all’ultima riserva, passando per un DS chiamato a muoversi in fretta sul mercato, in barba al grottesco “la Roma è difficilmente migliorabile” firmato Morgan De Sanctis. Una dichiarazione illuminante perché in linea con l’eccessivo ottimismo respirato un po’ ovunque dopo la vittoria di Firenze. Un risultato che ha indotto tutti ad alzare le aspettative e abbassare la guardia. Abbiamo vissuto la pausa natalizia tra i sogni di gloria sulla cessione del club e le tabelline del 3 scandite calendario alla mano, dando per scontati tre punti che non abbiamo ottenuto. Non ce lo possiamo permettere. Ce lo insegna la storia di questi colori. Chi era già proiettato alla Juventus, o addirittura al derby, ieri sera è stato violentemente riportato alla realtà: quella di una squadra che ha ancora tanto da fare, nonostante abbia già fatto tanto. E che, proprio per questo, non può dare niente per scontato.