L’infortunio occorso a Zaniolo nel primo tempo della sfida tra Roma e Juventus è solamente l’ultimo di un’interminabile serie di infortuni che da anni colpiscono i legamenti crociati dei calciatori della Roma. In tanti, nelle ultime ore, hanno provato a contare tutti i giallorossi che, nelle ultime sei stagioni, hanno dovuto fare i conti con questo genere di infortunio. Includendo anche i giovani della Primavera, il conto totale è impietoso: i casi sono quasi venti. Se non stessimo parlando di un gioco, verrebbe da definirla una strage. Per quanto mi riguarda, preferisco chiamarla maledizione. Perché nessuno, finora, è riuscito a individuarne le cause e porvi un qualche tipo di rimedio. Di sicuro c’è soltanto un elenco in continuo aggiornamento di calciatori di cui la Roma è stata o è tuttora costretta a fare a meno. Con risultati spesso disastrosi, sia per il club che per le carriere sconvolte dei ragazzi infortunati.

In principio fu Kevin Strootman, probabilmente il peggior rimpianto di questa lista. Il centrocampista olandese si infortunò a marzo del 2014, durante una partita di Coppa Italia contro il Napoli, ricadendo male sulla gamba sinistra dopo un contrasto aereo. Invece di affidarsi al noto professor Mariani, vero luminare della chirurgia sportiva, “la lavatrice” (come lo ribattezzò Rudi Garcia) scelse di farsi operare in patria, da un’equipe di connazionali. Una mossa decisamente infelice, perché una serie di complicazioni lo costrinsero a tornare sotto i ferri altre due volte nel giro di un anno, compromettendo una carriera di altissimo profilo. Tornato in campo alla fine di un vero e proprio calvario, risultò presto evidente che lo Strootman post-crociato fosse un calciatore decisamente inferiore a quello dei primi sei mesi in giallorosso. Si disse addirittura che le condizioni dei legamenti lesionati impedissero a Kevin di estendere completamente il ginocchio. Probabilmente non era vero, ma Strootman perse comunque il treno più importante della sua carriera. La conferma l’abbiamo avuta negli ultimi due anni. Da quando, cioè, la Roma l’ha ceduto al Marsiglia, dove l’olandese non è mai tornato a brillare.

Due anni più tardi toccò ad Antonio Rudiger, l’unico di questa lista a non infortunarsi indossando il giallorosso. Il centrale tedesco, infatti, si ruppe il crociato a giugno del 2016, mentre era in ritiro con la Germania in vista dell’imminente Europeo. Aiutato da un fisico decisamente sopra la media, Rudiger recuperò piuttosto in fretta, tornando a giocare con la Roma a ottobre dello stesso anno. Il centrale era in campo il 26 di quel mese, a Sassuolo, quando la ruota della sfortuna romanista fece un altro giro e si fermò sulla casella di Alessandro Florenzi. La gravità dell’infortunio la chiarì immediatamente lo stesso terzino, uscendo dal campo in barella e dicendo a Luciano Spalletti, accorso per sincerarsi delle sue condizioni, di essersi “rotto il crociato”. Le parole di Florenzi, captate dai microfoni piazzati a bordo campo, spazzarono via ogni speranza. Quella sera, ogni romanista reagì esattamente come l’allenatore toscano: sguardo impietrito e mani nei capelli (se presenti). Operato, Florenzi intraprese un percorso di riabilitazione che lo portò a bruciare le tappe del normale decorso post-crociato. Con l’unico risultato di infortunarsi nuovamente, a febbraio dell’anno successivo, e ricominciare tutto daccapo. Oggi, quando (sottoscritto compreso) puntiamo il dito contro Florenzi, dimentichiamo troppo facilmente cosa abbia passato. Tanti altri avrebbero gettato la spugna. Almeno questo gli va riconosciuto.

Stessa stagione, altro crociato. Il 28 maggio 2017, ultima giornata di campionato e ultima partita di Francesco Totti, toccò a Emerson Palmieri. Il terzino azzurro lasciò il campo in lacrime, ma resistette stoicamente fino alla fine del match e oltre, schierandosi (in stampelle) con il resto della squadra per salutare il capitano. Che, da grande calciatore qual era, si soffermò su di lui per abbracciarlo e consolarlo. Una delle tantissime scene toccanti di quel pomeriggio agrodolce. Emerson tornò in campo a dicembre, ma ormai era troppo tardi. Finito dietro a Kolarov nelle gerarchie, Monchi intravide in lui la plusvalenza perfetta, vendendolo al Chelsea.

Non contenta di colpire a caso, da quell’anno la maledizione del crociato sembra accanirsi in particolare sul ruolo del terzino destro (compreso Mario Rui, che non cito solo per brevità), ormai storica debolezza della rosa romanista. A farne le spese, a ottobre del 2017, fu l’ultimo acquisto giallorosso in quel ruolo: Rick Karsdorp, descritto (e pagato) come grande promessa del calcio olandese. Arrivato già infortunato e operato al ginocchio destro, il biondo terzino marcò la sua prima presenza stagionale il 25 ottobre, all’Olimpico, contro il Crotone. Una prestazione senza infamia e senza lode, conclusa con una sostituzione all’82° minuto. Karsdorp uscì visibilmente affaticato, ma sulle sue gambe e senza mostrare problemi particolari. Nel dopopartita si fermò addirittura in zona mista, dicendosi contento di essere tornato in campo. Eppure, nella pancia dell’Olimpico, qualcuno lo filmò mentre zoppicava vistosamente verso l’uscita. Il primo campanello di un allarme che scattò il giorno dopo, quando giunse la notizia della rottura del legamento crociato del ginocchio sinistro. Karsdorp tornò in campo solo nella stagione successiva, senza trovare però la necessaria continuità. La sua esperienza in giallorosso, partita con tutt’altri presupporti, si è chiusa la scorsa estate, quando Petrachi lo ha impacchettato e rispedito al Feyenoord, squadra da cui Monchi lo aveva acquistato. Ma la doppia maledizione del crociato e del terzino destro non concede tregua. Puntualmente, dunque, è tornata a colpire a ottobre dell’anno scorso. Stavolta è toccato a Davide Zappacosta, sulla carta il terzino titolare della nuova Roma di Fonseca. L’ex Chelsea si è fermato in allenamento, dopo una sola presenza (di qualche minuto e un clamoroso gol mangiato) alla prima di campionato contro il Genoa.

L’inquietante frequenza con cui saltano i legamenti crociati dei calciatori giallorossi ha indotto gli addetti ai lavori a ricercare ogni tipo di spiegazione. Di volta in volta è stata indicata come causa degli infortuni la preparazione atletica troppo sbilanciata verso il potenziamento muscolare, che alcuni studi dimostrerebbero esporre gli atleti a rischi eccessivi; lo staff sanitario (recentemente azzerato e ricostituito); i campi di Trigoria (che la società ha rifatto praticamente da zero) e addirittura l’elemento sovrannaturale. Qualche tempo fa, infatti, qualcuno ha ricordato la presenza nel centro sportivo della Roma di una vecchia cappella mai sconsacrata, ma da tempo utilizzata come magazzino.
A Trigoria, allora, è arrivato persino un cardinale (ed esorcista), Monsignor Rino Fisichella, a benedire i campi su cui la squadra si allena e si infortuna quotidianamente. Dicono che, per chi crede (e nel mondo del calcio sembrano essere tanti, a giudicare da gesti e dichiarazioni), cose del genere possono fare la differenza.
Personalmente, non saprei. Qualcosa, tuttavia, non deve essere andata proprio per il verso giusto. I calciatori della Roma continuano a infortunarsi, in modo più o meno grave, senza soluzione di continuità. In casa, in trasferta, in allenamento, in nazionale. Con allenatori, preparatori e staff medici diversi. Su campi vecchi e nuovi. Infine, anche con l’aiuto divino.
Se non è una maledizione questa...