Una coppa del mondo, due europei, quattro Champions League, tre Supercoppe europee, quattro Mondiali per club, cinque campionati spagnoli e due Coppe del re. Questo è l'amplissimo palmares del capitano del Real Madrid e della Spagna. Il record-man di presenze della Furia Roja. Citando Mawell Maltz: "Oggi è clinicamente e irrefutabilmente provata, nei campi della psicologia individuale, della psicologia di base psicosomatica e nella psicologia industriale, l'esistenza di personalità inclini al successo e personalità destinate a fallire, personalità inclini alla felicità e personalità inclini all'infelicità". Beh, sicuramente il numero 4 dei blancos è una personalità decisamente incline al successo.

Una delle principali caratteristiche di queste personalità è la costruzione di una propria immagine dell'io ricca di consapevolezza nei propri mezzi e fiducia in sè stessi. Queste peculiarità abbinate ad una buona dose di coraggio e un obiettivo ben definito sembra che portino al conseguimento di ogni risultato desiderato. L'andaluso sembra possedere queste caratteristiche radicate nel suo DNA, fin da bambino il suo sogno era quello di diventare il numero 4 del Real Madrid, proprio come il suo idolo Fernando Hierro, al quale era dedicato un poster nella sua cameretta. La sua caparbietà nel non arrendersi mai, la capacità di non arrendersi neanche davanti l'ostacolo più insormontabile ha reso possibile non solo di esaudire il suo sogno, ma probabilmente anche di spingersi oltre.

Oltre, si oltre l'inimmaginabile: 650 presenze nel Real Madrid e 172 per la Spagna sono numeri da capogiro, ma ciò che lascia di stucco sono i 97 goal accompagnati da 37 assist per i galacticos e 23 per la Nazionale. Con la doppietta messa a segno ieri sera contro l'Ucraina Ramos raggiunge un mostro sacro della Nazionale spagnola e del Real Madrid: Alfredo Di Stefano. Grazie al rigore che ha sbloccato le marcature e la zuccata vincente che ha permesso il raddoppio per la Furia Roja Ramos in questa stagione ha messo a segno ben 30 marcature. Si, avete capito bene. 30 goal da difensore centrale. Ciò che ha portato a questi numeri, oltre alle caratteristiche già scritte in precedenza, è la sua fame per la vittoria, anzi, la sua ossessione.

Sergio Ramos non ci sta proprio a perdere, è disposto a tutto pur di non vedere l'avversario esultare. Ecco spiegato il motivo delle sue letture tattiche, intervenendo e fermando l'azione rivale ancor prima che diventi pericolosa; ma ecco spiegato anche il motivo dei suoi interventi prodigiosi, anche quando ormai sembrava non ci fosse più nulla da fare, el gran capitàn appare e mette ordine. Ecco spiegato il goal al 93' in finale di Champions a Lisbona. Non poteva perdere, non contro l'Atletico, non la sua prima finale di Champions. Anche se Ramos ne aveva già segnati parecchie di reti, da qul momento attorno a lui si crea un aura mistica dove lui sembra esaltato e gli avversari terrorizzati dalla zona Ramos. Da quel momento in poi siglerà svariati goal, tutti decisivi. Da quello in finale a Milano due anni dopo alla doppietta rifilata al suo Siviglia in una Supercoppa europea.

Oltre ai record legati ai goal, Ramos detiene anche un record assurdo legato ai cartellini. Il numero 4 è il giocatore più ammonito e più espulso nella storia della Liga, della Champions League, del Real Madrid e della Nazionale spagnola. Ci si chiede come è possibile che questo record appartenga al difensore centrale di una delle squadre più tecniche di sempre; logicamente avendo a disposizione giocatori come Kroos, Xabi Alonso, Modric, Ronaldo, Benzema ecc. i dati del possesso palla sono spesso a favore della casa blanca. Nonostante ciò Ramos si iscrive all’albo dei cattivi con un’inspiegabile regolarità. Viste le premesse sarebbe logico pensare che Ramos sia un giocatore molto fallosso, irruento e che si veda spesso costretto a spendere il fallo per poter reggere un gioco offensivo e sbilanciato come quello dei galacticos. In realtà non è così. La scorsa stagione il capitano dei blancos ha commesso meno falli di giocatori considerati abbastanza corretti come Lenglet, Carvajal, Nacho e Gòdin. Ma anche quando era più giovane e di conseguenza più inesperto e spericolato commetteva comunque meno falli di giocatori come Dani Alves e Arbeloa. Allora è ancora più lecito domandarsi il perché di tutti questi cartellini. Il sivigliano è dotato di una tecnica e di unì intelligenza tattica che gli consentono di prevenire i possibili pericoli grazie ad una fenomenale capacità di anticipo ed una strabiliante capacità di lettura del gioco. Proprio in virtù di queste capacità il suo record legato ai cartellini risulta ancora più incomprensibile.

Per poter comprendere questo dato si deve lasciare da parte la tattica, la tecnica, gli schemi, il ruolo e tutto ciò che riguarda il campo. Per poter capire questi numeri è necessario provare ad entrare nella testa di Ramos ed analizzare attentamente le partite. L'andaluso viene ammonito spesso nelle primissime battute di gara. Viene punito dall'arbitro per un fallo duro, se necessario anche durissimo, sul migliore attaccante della squadra avversaria. Quasi come se Ramos volesse intimorire di proposito il giocatore potenzialmente più pericoloso per la sua squadra. Una tecnica di manipolazione psicologica degna di uno dei più cattivi geni del male. In questo modo il centrale madridista non solo tiene a bada il giocatore che ha puntato ma riesce a mandare un messaggio chiaro e preciso agli avversari sull'ordine delle gerarchie in campo. Ramos è temuto fin da prima della partita, sanno che è un giocatore senza scrupoli disposto a tutto pur di vincere. Prendiamo come esempio uno dei falli più discussi degli ultimi anni: Il rocambolesco placcaggio che ha portato all'infortunio di Salah in finale di Champions. Non sapremo mai se Ramos abbia messo tutto il peso possibile in modo volontario o meno, quel che è certo è che el capitàn ha individuato l'egiziano come giocatore più pericoloso e voleva dargli un segnale forte. Sempre in quella partita Ramos andrà a colpire Karius con una gomitata (volontaria?) che lo manderà in tilt e regalerà la tredicesima coppa ai Galacticos, la quarta per Ramos.

Il Real Madrid è tutto ciò che Ramos ha sempre sognato. Un fuoco ardente che brucia in lui fin dai primi passi. Nonostante un forte attaccamento a Siviglia e al Siviglia, Ramos non tentenna un attimo quando arriva l'offerta dalla Casa Blanca. Ramos e il Real Madrid sono la stessa cosa, vibrano alla stessa frequenza, quella del successo. Non c'è nessuno al mondo che possa rispecchiare il Real Madrid come Sergio Ramos e viceversa. Questo "tradimento" non è mai stato perdonato in Andalusia. Quando il numero 15 della Nazionale spagnola si presenta al Pizjuan di Siviglia è costretto ad affrontare 90 minuti di insulti, urla incessanti contro di lui e la sua famiglia, lui ovviamente risponde a modo suo a suon di goal e irriverenza. Non solo segna, mostra la maglia e porta le mani dietro le orecchie in segno di sfida. Sembra quasi che l'odio lo carichi, lo spinga a dare il meglio di sé. Questa capacità di farsi odiare così tanto nonostante possa risultare istintiva sembra quasi essere studiata in modo razionale. Tutto nel mondo di SR4 sembra essere pianificato, dal modo di comportarsi a quello di vestirsi, dalla gestione dei social a quella della stampa. E' come se sentisse il costante senso del dovere di dover essere l'esempio per i compagni e di attrarre l'odio da parte degli avversari. Vuole lasciare liberi i compagni dalle pressioni degli haters, vuole accumulare tutto questo peso da solo, come se fosse consapevole di essere l'unico ad avere le spalle abbastanza forti per poterlo fare.

La fascia da capitano è come se fosse una droga per lui, qualcosa di cui non può fare a meno. Dopo aver ammirato Hierro ed appreso direttamente da mostri sacri come Raùl e Casillas la fascia sul suo braccio si è posata in modo naturale. Una meravigliosa storia d'amore che sboccia dopo anni di corteggiamento. Essere un capitano non è mai facile. Essere il capitano del Real Madrid lo è ancora meno. In un documentario dove parla con Hierro, Raùl e Camacho spiega l'importanza del suo ruolo. Racconta che il capitano del Real Madrid non è semplicemente colui che alza le coppe al cielo per primo, ma molto di più. Il capitano deve essere una guida per tutti, deve dare una parola di conforto a chi gioca male, deve mettere in riga chi non si comporta bene, deve cercare di mantenere il gruppo unito e deve favorire l'inserimento e la crescita dei più giovani. Un capitano deve mantenere alta la concentrazione durante tutta la stagione deve dare sempre il 100% affinchè gli altri lo imitino. Sergio Ramos è nato per fare questo. Una guida naturale, un fratello maggiore al quale affidarsi fuori e dentro del campo.

Uno dei compiti più delicati di un capitano è la comunicazione con l'arbitro. Il 34enne andaluso è un maestro in questo. Sa quando alzare la voce e sa quando dialogare in modo più pacato. Ramos è l'unico calciatore al mondo che protesta di più quando un compagno mette un fallo piuttosto che quando lo commette lui stesso. Il meglio di sé lo fornisce quando viene espulso, sminuisce l'arbitro in modo quasi paradossale, è come se lui decidesse di voler abbandonare il campo. Più che un'espulsione sembra un'architettata uscita di scena, litiga con gli avversari, conforta i compagni, insulta l'arbitro e solo dopo quando e come lo decide lui esce di scena come se ne andasse per sottolineare la (presunta) incompetenza da parte dell'arbitro.

Sergio Ramos è molto di più che un difensore, molto di più di un calciatore, molto di più di un capitano. Sergio Ramos è il Real Madrid. Puoi amarlo o odiarlo, non c'è una via di mezzo, quel che è certo è che non puoi ignorarlo.