Sapete che cos’è l‘Iperuranio? Spiegato in un modo (troppo) semplice è un mondo concepito da Platone composto solo e soltanto da idee. C’è stato un tempo in cui il calcio, o per lo meno quello di un certo spessore, è stato questo. In questo periodo un’idea, un’intuizione, un’analisi tattica era in grado di portarti al successo. La massima applicazione del calcio delle idee l’abbiamo avuta con il Barcellona di Guardiola. In quella squadra si è sempre esaltata la solidità dei difensori centrali, Puyol e Piquè sembravano invalicabili. LA spinta dei terzini, Dani Alves e Abidal erano veloci, tecnici e sempre pronti alla sovrapposizione. L’immensa creatività abbinata ad una tecnica cristallina di Xavi e Iniesta, giocatori con il cervello tra i piedi in grado di architettare azioni impensabili. Per non parlare della bellezza del tridente d’attacco, da Eto’o a Henry, da Pedro a Villa, tutti giocatori meravigliosi, in grado sia di finalizzare che di cucire per i compagni. Poi c’era lui, forse il miglior giocatore mai visto su un campo da calcio. Descrivere Messi e la sua capacità è impossibile. Ogni parola sarebbe superflua e riduttiva nei suoi confronti. Soltanto chi l’ha visto può capire il valore di Messi.
In una squadra del genere i complimenti si sprecavano per tutti, tutti avevano la loro dose di meritato e riconosciuto rispetto. Tutti si sentivano gratificati dal pubblico e dalla stampa.
Tutti tranne uno: Sergio Busquets.
Chi guarda il calcio con superficialità ha sempre considerato il centrocampista spagnolo l’anello debole di quella macchina perfetta ingranata dalle idee di Guardiola. Niente di più falso.
Sergio Busquets è stata l’incaranazione più platonica mai esistita del Tiki Taka. Il Calcio di Sergio Busquets è il legame più diretto delle idee di Guardiola. Nonostante la poca eleganza, il poco estetismo, Busquets garantiva quell’equilibrio in grado di far girare tutti gli ingranaggi della macchina. Un lubrificante perfetto sempre pronto ad oliare le rotelle al momento giusto. Busquets non ha mai avuto la tecnica degli altri né le capacità fisiche. Le lunghe e magre leve spesso lo hanno fatto risultare lento agli occhi dei più. Busquets ha sempre avuto la capacità di imparare al doppio della velocità rispetto agli altri. Guardiola gli ha cucito un ruolo dove non aveva bisogno di muoversi velocemente. Busquets doveva alzare la testa, guardare un compagno libero e smistare con rapidità e precisione. Un compito apparentemente facile, se inserito in un contesto normale. Provate ad immaginare di toccare centinaia di palloni a partita senza mai sbagliare. Immaginate di dover servire sempre un compagno con i tempi giusti con i giri giusti. Il tutto senza mai rallentare, possibilmente di prima massimo a due tocchi. L’intelligenza e la capacità di lettura del numero 16 gli hanno permesso di essere l’aristotelico motore immobile di quella squadra.

Per comprendere meglio l’intelligenza e la capacità di lettura analizziamo uno dei goal più famosi del Barcellona sotto la gestione di Pep.
Si sta giocando la semifinale di Champions League al Bernabeu, l’avversario è il più acerrimo e il più storico nemico di sempre: Il Real Madrid.
I Blancos sono allenati da Mourinho. Il pragmatismo che da sempre lo contraddistingue lo spinge a preparare la partita chiudendo ogni possibile linea di passaggio, occludendo gli spazi tra le linee, dove di solito il Barcellona prima costruisce e poi colpisce i suoi avversari. Ovviamente il Dictat della partita è: Messi non deve ricevere tra le linee. Iniesta non è a disposizione. Un sollievo per la retroguardia dei galacticos. Il Real è concentratissimo e cura la sincronia difensiva con una concentrazione quasi ossessiva.
Messi non può giocare il pallone, poiché è tenuto d’occhio dall’intera difesa madrilena. Decide di abbassarsi a centrocampo, Diarrà visibilmente stanco non affretta i tempi di pressione come vorrebbe e qui Messi decide di affidare il pallone al nostro Busquets. La pulce argentina alza la testa e con un delicato tocco mancino affida la palla alla saggezza del proprio mediano. Busquets, rispettando la sua natura, che coincide perfettamente con le idee del proprio allenatore, neanche si muove, ferma la palla e la lascia ai piedi del proprio numero 10. Busquets si gusta l’attenzione con lo sguardo vispo e orgoglioso di chi sa di aver fatto la scelta giusta. Messi grazie alla sua tecnica e alla sua velocità dribblerà gli avversari come se fossero birilli e sorprende Casillas con il piede destro. Uno dei goal più belli degli ultimi anni! 
Sembra paradossale che l“’assist" di questo goal sia merito di Busquets. L’incarnazione di un ideale basato sul collettivo che si ritrova ad affidare i propri sogni alla grandezza di un singolo. Sembrava che l’intero universo cospirasse al perseguimento della leggenda blaugrana. Nel momento in cui il Barcellona non riusciva a penetrare la difesa del Madrid con la forza del collettivo è arrivato il genio del singolo.

Busquets in questa squadra è stato l’ago della bilancia. Un faro in grado di illuminare il gioco con semplicità. Un porto sicuro al quale affidare il pallone quando più scottava tra i piedi.
Le migliori performace di Busquets combaciano con il periodo della sua vita che si scandisce tra i 20 e 24 anni. Qualcosa di estremamente raro per un centrocampista. Di solito, i centrocampisti impiegano più tempo per maturare ed essere al top della condizione.

Oggi, purtroppo, il rendimento di Busquets nel Barcellona è pessimo.
È il contesto che non permette a Busquets di esprimersi o è lui che non riesce ad adattarsi al contesto?
Lentamente le virtù di Busquets, così affini al DNA Barcellona, si sono distaccate dallo stile di gioco blaugrana. Stabilire colpe e cause è un compito difficile. Forse la verità sta nel mezzo. Busquets non è la causa di questo declino, ma non è neanche la soluzione.
Dal 2010 il calcio è cambiato. Il gegenpressing è l’anti tiki taka e il pressing asfissiante degli attaccanti è insostenibile per un tipo di gioco come quello idealizzato nella mente di Busquets.

Busquets, che è il massimo esponente platonico di un calcio devoto alle idee, è costretto a scontrarsi con una realtà Nietzscheana dove le idee vanno contestualizzate. Busquets si sente perso in un calcio in continua evoluzione. Sembra non stare al passo con le sinergie e le dinamiche che cambiano, inevitabilmente, il gioco. Nessuno ormai capisce la sua idea di calcio.
Nonostante ciò, un giocatore del genere per il Barcellona è sempre un valore aggiunto, ma allo stesso tempo limitante.
A Barcellona non si riesce a decidere se perseguire l’idea vincente ma antica del ciclo Guardiola, oppure rivoluzionare l’intero ambiente. Questa indecisione provoca inevitabili scompensi che intrappolano Busquets tra due realtà alle quali ormai non sente più di appartenere.