Non cercate il mandante che non c’è.

 

Vorrei che fosse chiara una cosa: non sono un difensore della Juve, chiamato a perorare una causa che già altri, bene o male, hanno fatto.

Sono tra quelli convinti che alcune delle decisioni arbitrali in Juventus-Milan abbiano danneggiato vistosamente il Milan, quindi, essendo per aggiunta interista, sarei poco credibile, agli occhi dei molti, nell’esibirmi in serpentine (se ricordo bene, il termine veniva utilizzato prima di adottare definitivamente “dribbling”) dialettiche che mi porterebbero a dimostrare come in fondo la vera danneggiata sia stata la Juventus, come ho visto fare ad alcuni.

Si è arrivati perfino a paventare il rischio di sottostimare i prodromi di un’altra possibile sciagura pendente sul calcio italiano e, tra tutto questo lieto ciarlare più o meno in libertà, vorrei aggiungere la mia opinione che, come al solito, spero venga valutata per quello che è, quindi senza alcuna pretesa, giusto per aggiungere la mia voce da basso al coro.

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Allora, nessuna difesa della Juve ma, chiariamo subito alcuni punti fondamentali, così, giusto per onestà intellettuale:

 

  1. La Juve è, purtroppo, l’unica squadra che è in grado di rendere meno influenti gli errori arbitrali avversi. È una squadra troppo forte, rispetto alla concorrenza che si ritrova nel nostro campionato, per cui, eventuali decisioni che le vanno ingiustamente a sfavore, hanno un’eco nettamente meno eclatante. Subire un ingiusto rigore contro, nell’arco di una partita, può solleticarla e spingerla a reagire ma difficilmente la costringerà ad uscire senza un risultato pieno dal campo.

  2. Quanto detto al punto 1 permette di reagire con una certa signorilità a questi “sgarbi”. Sono anni, a parte la fase iniziale dell’avvento del Var, che non si sentono dirigenti, allenatori o giocatori loro perdere le staffe. Quindi, li rende meno visibili, in un certo senso.

  3. A conferma dei punti precedenti, in campo internazionale, dove i giochi sono meno scontati (anche se hanno lavorato costantemente bene dall’aver raggiunto finalmente un livello di competitività quasi massima, tanto che, finalmente, la coppa dalle grandi orecchie potrebbe riprendere la strada che porta all’Italia) e i rischi di vedersi compromettere irrimediabilmente il risultato è altissimo e, di conseguenza, l’aplomb e quello che la noblesse oblige in alcuni frangenti se ne vanno a farsi friggere e perfino loro, che parlano per gli altri di “arbitri alibi dei perdenti”, ne fanno uso.

  4. Tiriamo pure via altri tipi di alibi, che invece potrebbero essere sottesi nel punto 1, dicendo che se la Juve ha grandi meriti per aver lavorato bene, ne ha molti di meno per giustificare l’abisso tecnico / organizzativo che le permette di vincere lo scudetto praticamente ad inizio campionato, perché, per questo, deve dividere gli onori con le altre squadre più importanti che possono addirittura vantare il grosso del merito, avendo sbagliato ad operare nel mercato per costruire le squadre e per la non buona programmazione (in alcuni casi con qualche attenuante per cambi societari e limitazioni di mercato, che però, pur incidendo, lo hanno fatto meno che per gli errori ascrivibili alla gestione).

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Sgombrato il terreno della discussione da questi impedimenti, vorrei che tornassimo per un attimo all’era non distantissima (!) pre VAR. Se ricordo bene, ma se sbagliassi i pochi che si trovano a leggere quanto scrivo me lo faranno notare, non vi erano larghe resistenze nell’ambito delle società mentre ve ne erano parecchie nell’ambito della classe arbitrale.

Nicchi, che dal 2009 è presidente dell’AIA, non aveva mai nascosto la sua avversione e il suo scetticismo alla possibilità della moviola in campo. Secondo lui sarebbe stato svilito il ruolo dell’arbitro e snaturata la partita.

Diciamo che, se anche fosse stato vero (e in parte lo è), avrebbe innanzitutto dovuto considerare anche i benefici, anziché sguainare subito e comunque la spada a difesa dell’esistente, che continuava a essere, come sempre, terreno friabile, soprattutto dopo gli eventi appena precedenti la sua nomina.

Sarà uno dei presidenti della FGCI più discussi, e forse meno amati, Tavecchio, dopo aver tentennato un po’, come il re Travicello del Giusti, ad annunciarne la sperimentazione.

La moviola in campo, diventata VAR, è finalmente adottata!

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Dopo questo veloce viaggio a ritroso, anche perché la distanza temporale è breve, ritorniamo a noi e pongo subito la domanda che mi preme:

La classe arbitrale ha superato completamente le perplessità che la attanagliavano, come la paura di perdere potere e prestigio, nella figura dell’arbitro? Il supporto tecnologico è vissuto come un aiuto a fare bene il proprio lavoro o come impedimento?

Non ho dubbi che per la maggior parte degli arbitri, l’idea di poter correggere in corso d’opera un errore che potrebbe macchiare la loro carriera per molto tempo, sia ben visto ma non giurerei che per tutti sia così.

Da qui qualche dubbio che alcuni errori siano dovuti alla cattiva digestione della cosa.

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Due esempi che mi toccano perché riguardano l’inter, e quindi meglio seguiti.

 

  1. Nell’ormai famigerata Inter-Juve dell’anno scorso, la mancata sacrosanta espulsione di Pjanic da parte del bravissimo Orsato, richiamato pure dal VAR, è avvenuta per danneggiare l’Inter, in corsa per il 4° posto, per danneggiare il Napoli, che tallonava la Juve, o è stato un atto di ribellione da parte di Orsato nel sentirsi “richiamato”?

    L’averlo definito “bravissimo”, da parte mia, era senza ironia di sorta. Per quanto gli avevo visto arbitrare lo giudico bravissimo, anche se eccessivamente permaloso (in una partita della Fiorentina diede un secondo giallo, con conseguente espulsione, ad uno stranito Borja Valero, per avergli appoggiato distrattamente la mano sul braccio, senza alcuna animosità, mentre gli spiegava le sue ragioni. Per quello si beccò anche 3 o 4 giornate di squalifica, forse perché nel referto veniva accusato di lesa maestà).

    Allora, un caratterino del genere, che si ritiene magari pure infallibile, può reagire con stizza ad un richiamo, rifiutandosi perfino di rivedere l’azione al monitor?

     

  2. Il mio corregionale arbitro Abisso, nella partita dell’Inter a Firenze, decide per l’assegnazione di un rigore alla fiorentina per tocco di capezzolo da parte di D’Ambrosio. Attualmente, il tocco di capezzolo, forse può essere ritenuto un po’ osé in alcuni ambienti eccessivamente tradizionalisti che stanno tornando un po’ di moda, ma non è ancora stato inserito tra i colpi proibiti e punibili dal regolamento calcistico.

    Quando ciò è stato fatto notare ad Abisso, mentre in tv ripassavano le immagini del contatto, lui ha, con molto buon senso, diciamolo, accettato di rivedere a monitor l’episodio. Poi, avendo esaurito il residuo di buon senso nella decisione di rivedere l’episodio, è tornato a indicare il dischetto confermando il regalo alla Viola.

    L’ha fatto per danneggiare l’Inter? L’ha fatto per far vincere la Viola?

    Aggiungiamo a questo punto quello che riteniamo decisivo: l’arbitro non era in giornata felice ed era già stato richiamato più volte a rivedere e modificare decisioni prese.

    Può essere che abbia seguito un umano moto di ribellione e mandato virtualmente a fare i loro bisogni all’aperto su una pianta di ortiche i colleghi che, a parer suo, lo stavano ripetutamente mettendo in difficoltà?

 

Se fosse vero quanto racchiuso nelle mie congetture, bisognerebbe rendere il potere decisionale dell’oggetto tale da prevalere sull’umore contingente dell’uomo col fischietto.

Oltretutto, aiuterebbe non poco, il rendere più comprensibili alcune norme regolamentari che possono essere interessanti se affrontate in qualche simposio senza problemi di durata ma che complicano la vita quando si devono assumere decisioni in frazioni di secondo.

Per fare questo non vi è bisogno di molestare le vecchiette.