TARCISIO BURGNICH...
Ciao Tarcisio, ricorderò sempre quel giorno, pensando a te, quando ti guardavo dall'alto dei gradoni di San Siro e tu stavi addosso a Gigi Riva, fortissimo e pericoloso come una belva, e alcuni tuoi compagni in maglia nerazzurra lo circondavano come segugi per non farlo andare via con il pallone a fare danni nella nostra area, se fosse riuscito a sfuggirti. Tutti contavamo su di te ed io pensavo di darti una mano gridando a più non posso cose che non ricordo, ma senz’altro poco sensate e immeritevoli per Rombo di Tuono - che tanto apprezzavo in Nazionale e contro le altre squadre - che, quella volta, riuscisti comunque ad imbavagliare, come facevi con tanti campioni. Tra tutte le immagini passate davanti ai miei occhi, tra Inter, Napoli e Nazionale, è quella che mi scorre davanti pensando a te.
Parlavi poco ma sorridevi tanto, lasciando affiorare sul viso la tua anima leggera e serena, quasi mite, eppure, non so come, in piena sintonia con la tua caratura di indomabile combattente. Erano altri tempi e c’erano altri uomini a misurarsi in campo. Chissà cosa pensavi dei volteggi di quei calciatori che, neppure sfiorati, fingono drammatici svenimenti e miracolose e immediate resurrezioni. Ne ridevi o restavi infastidito pensando a quanti e quali scontri avvenivano in campo ai tuoi tempi per contendersi quella sfera di cuoio?

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CONTE
...E' stato meglio lasciarci // che non esserci mai incontrati (Fabrizio De André)

Saluti. Siamo ai saluti ufficiali. I festeggiamenti erano anche quello: saluti festosi e riservati ai suoi ragazzi e ai tifosi. Meno di un anno fa scrivevo che ero più contento di sapere che Massimo 48 fosse tornato a scrivere su VxL, dopo avere dichiarato il suo proposito di smettere, che il sapere che Antonio Conte avesse receduto dal suo proposito di lasciare l'Inter. Avevo chiarito i motivi e chi vuole può andarli a rileggere (Meglio Massimo 48 che Antonio Conte…). Anche quest'anno - dopo il trattamento riservato a Eriksen, con le reiterate manciate di minuti a fine partita concessi quasi a sminuirne l'utilità, tanto che il ragazzo sarebbe senz'altro andato via se solo qualcuno lo avesse pagato almeno quel poco speso da noi - qualche critica più o meno feroce l'ho espressa. Poi l'impossibilità dichiarata a spendere ulteriormente sul mercato e l’esigenza di far di necessità virtù ha fatto si che due dei possibili partenti, il già citato Eriksen e Perisic, siano stati anche loro utilissimi. Anche per buona pace mia.
Ok, non rifaccio la storia che, tanto, la conosciamo tutti. Adesso, che non ho neppure il contraltare di Massimo 48, che per fortuna prosegue validissimo e spedito per la strada della scrittura, per la felicità di utenti e redazione VxL, non ho alcuna remora ad ammettere che mi dispiace che Antonio Conte vada via. Parecchio. Sia perché non ho mai disconosciuto le sue capacità di allenatore sia perché, in questo frangente, capisco appieno le sue motivazioni: se anziché rafforzare la squadra, per mancanza di risorse, la si impoverisce addirittura, per recuperarne a sufficienza anche da almeno una cessione eccellente, quel sogno di competere dignitosamente anche in Europa con una percentuale di possibilità che si discosti dallo zero assoluto diventa del tutto utopia.

Restare per dimostrare quello che ha già dimostrato? A che pro’? Se dovesse mancare il bis verrebbe ad essere sminuito quasi come casuale il risultato di quest’anno, che, al momento mantiene intatto l’alone dell’impresa. Prevedendo facilmente che la Juventus si attrezzi per non sbagliare la seconda annata di seguito e con alle spalle una società in ripiegamento dai suoi propositi espansivi, sarebbe sciocco correre un rischio così alto. Conte non è Zenga o Cambiasso (se uno di loro fosse il nostro allenatore) dei quali non dubito di che colore hanno la pelle sportiva. Conte è stato interista, di questo non ho dubitato mai, visto il carattere, fino a quando ha fatto parte del gruppo in gioco per qualcosa, ma da professionista, e senza avere legami affettivi particolari per i colori nerazzurri, non ha nessuna ragione per mettere a rischio la sua immagine. Immagine che per molte ragioni esce più che rafforzata da questo suo ultimo successo.

LA SOCIETA’
Allora la colpa è tutta della società! Certo il primo sentimento del tifoso è quello di accusare qualcuno prima di analizzare con lucidità, difficile da trovare a caldo, la situazione:

  1. Conte è venuto per un progetto che prevedeva un percorso vincente.

  2. La Società ha chiamato Conte perché lo riteneva, con ragione, importante, se non essenziale (visto il costo dell’operazione)

  3. Contrariamente ai contenuti delle lamentele di Conte, la Società ha speso cifre rilevanti per accontentarlo, anche se non infinite come avrebbe voluto.

Dopo il mancato addio dell’estate 2020, per impossibilità di entrambi i contraenti di fare carta straccia del contratto, si è andati avanti un po’ sotto “felice e ben remunerata” costrizione che ha avuto l’esito favorevole che tutti noi interisti abbiamo festeggiato. Ma perché abbiamo ritenuti superati i motivi che avevano portato alla quasi separazione estiva? Vi era qualche ragione valida per supporre che le ritrosie di Conte fossero superate e dimenticate? Alcune considerazioni, che adesso la nostra debole memoria ebbra di festeggiamenti ha accantonato, avrebbero potuto fare squillare qualche campanello d’allarme?

  1. L’atteggiamento di Conte nei confronti di Eriksen, poteva essere letto più che come un’avversione incomprensibile verso uno dei componenti più tecnici della rosa, come una critica, insofferente e neanche troppo velata, alla campagna acquisti e alla società che gli aveva dato una “rosa preconfezionata”. Facendo finta che i circa 200 milioni complessivi spesi fossero noccioline.

  2. Da parte della società la dichiarazione, durante il mercato invernale, dell’impossibilità di spendere ulteriormente ed il ritardo nei pagamenti di alcune mensilità palesavano una crisi vera e difficilmente sanabile, tenendo conto anche delle voci che giungevano dalla Cina.

  3. Il tentativo di raccattare milioni con la Superlega ha indispettito tanti tifosi, tra cui il sottoscritto, così come la prolungata assenza del Presidente, mentre la squadra passava da alcune incertezze alla galoppata verso il traguardo tanto atteso, in giro per il mondo a cercare soldi freschi, era altro motivo da tenere presente che, nella corsa verso il titolo, abbiamo smesso di considerare.

Eccoci qua: Conte non è più il nostro allenatore. I prossimi giorni ci diranno chi e che cosa aspettarci.
Vorrei, ma non ho sentito voci in senso contrario, che il rispetto per il Conte che festeggiava il nostro scudetto restasse immutato. Lui che non è interista, ma lo è diventato per la sua stagione professionale, ci ha lasciato, anche con rammarico, immagino, per avere interrotto un lavoro non facile eppure di successo. Se avete dei dubbi pensate a Mourinho che, pur tra le lacrime per l’addio, giocò la finale di Champions con il contratto del Real Madrid già in tasca. Ce ne facemmo una ragione anche allora. L'Inter viene sempre prima dei singoli, mi avete insegnato.
Ai fratelli tifosi nerazzurri, quelli che la pensavano in modo critico, come me, sulla Superlega: abbiamo condiviso le ragioni per cui non volevamo la nostra società in quell’ambito per noi poco consono all’idea di sport e di calcio che abbiamo, ma sappiamo anche che il tempo dei mecenati alla guida delle società è tramontato da un pezzo. Di azionariato popolare non si parla. Allora, se durante un tracollo finanziario, di levatura mondiale, la società che ci ha portato a gioire palesa delle difficoltà, anziché spararle contro ad alzo zero, per colpire facendo autolesionistico male, vediamo di capire e di non peggiorare i motivi di disagio. Pensate che Zanetti possa restare al suo posto mentre la società viene danneggiata?
Sembra quasi certo che Oriali andrà via. Questo sarà un ulteriore motivo di rammarico. Lui è interista, e non solo quando è nell’organigramma societario. Diciamogli semplicemente “grazie e arrivederci”. Non è un buon segnale perché con lui chiudemmo un periodo vincente e con lui abbiamo ripreso a vincere. Anche di questo ce ne faremo una ragione, nel riprendere il cammino. Non possiamo costringere nessuno a restare controvoglia.
La squadra, se non viene demolita, e non vedo perché la proprietà dovrebbe farlo, ha un buon organico su cui fare degli innesti giovani e non costosissimi e può competere bene, almeno a livello nazionale. La crisi col tempo andrà ad attenuarsi e allora sapremo quali reali progetti possono essere sviluppati senza dover mettere su un circuito mediatico parallelo ed esclusivo per super squadre. Ma anche noi tifosi, io per primo, che parlavamo del ritorno ad un calcio ad una dimensione più umana e con principi etici non in secondo piano, quando viene comodo, dobbiamo cominciare da qualche parte. Il Milan, con la vicenda del suo portiere, ha dimostrato che gli affetti sportivi, se solo dichiarati e non dimostrati, sono più un peso di cui disfarsi che una forza da cui attingere.
Non c'è stata la rivoluzione o, almeno, l'adeguata levata di scudi che mi aspettavo nemmeno all'annuncio che si può tornare a licenziare liberamente, mentre le aziende contemporaneamente riceveranno aiuti economici dallo Stato, e si tratta di famiglie che andranno a picco non ricevendo stipendi lontani anni luce da quelli delle nostre luminose stelle calcistiche, eppure anche lì il governo definito dei migliori, quasi una superlega di partiti, dopo avere annunciato l'auspicata proroga del blocco dei licenziamenti, alla prima tirata d'orecchi di Confindustria, ha ceduto senza neppure un accenno di resistenza. Sono gli stessi migliori che restituiscono pensioni non da fame e vitalizi anche a gente condannata con sentenza definitiva per corruzione, quindi, che si è intascata illecitamente belle quantità di denaro per fare interessi differenti da quelli della comunità che era stata chiamata a rappresentare (dietro lauto compenso).

Ebbene tra super governi e superleghe, comincio ad avvertire l'esigenza di un po' di umanità composta da persone che ci mettono la faccia e che possibilmente questa non sia intercambiabile con quella parte che si poggia su sedie e poltrone per sedersi: non mancano certo le persone capaci in una società sana.