Quasi una risposta, forse l'estensione di un commento, senz'altro un cazzeggio...
***
Caro Davids26,
stavo qua a guardare i rimasugli del tè Sencha, che ultimamente è il mio preferito - in una miscela che mi preparo aggiungendo un po' di nero aromatizzato - e a chiedermi se vale la pena di uscire per raggiungere il piccolo negozio di "NaturaSì" ed approvvigionarmi o farmelo spedire, ché questo lunghissimo lockdown, in parte autoimposto, mi ha anche reso un po' più pigro e restio ad allontanarmi dai libri che man mano leggo (e ne vengono pubblicati in gran quantità in questo periodo!) e dall'idea di cibo che andrò a prepararmi, per solleticarmi il palato e allontanare un po' il disappunto della cacciata, ché di questo in realtà si tratta, della mia amata truppa calcistica nerazzurra dalla coppa più importante.  

Dopo aver letto l'editoriale di un giornalista che apprezzo molto, anche se non proveniamo da mondi politicamente affini, ho dovuto far fronte alla notizia, inaspettata perché non sapevo che fosse ammalato, riguardante la morte di Paolo Rossi. Questo mi ha provocato un forte dispiacere e ha pure stimolato - forse per contrasto, di fronte a quanto di definitivo vuol dire morire - tanti bei ricordi di quel lontano '82, con il sottoscritto che, seppure poco disponibile a farlo, si stava pericolosamente approssimando al confine temporale superato il quale non avrebbe più avuto alcun diritto a definirsi ventenne. Parlo del Mondiale. Di Pablito. Della mia sciocca illusione di poter battere il muro del suono con la mia R4 beige lanciata sull'autostrada per cercare di non perdermi spezzoni di partita. Della R4 che superati i 120 km orari entrava in risonanza, oscillando e vibrando, e confondendo con il suo rumore le parole del radiocronista. Delle corse forsennate per le rampe della scala per raggiungere il quarto piano e spingere la porta di quel luogo che ancora abito, lasciata opportunamente socchiusa da mia madre perché anche gli istanti erano importanti. Poi, magari deludenti, come quelli del girone all'italiana. Macchissenefrega!  

L'Italia di Bearzot, perfino meno bella della sua versione precedente, del '78, era affascinante. Era anche espressione di un gesto di coraggio da parte di un tecnico che amava il jazz e, quindi, la lettura alternativa, l'improvvisazione. Per questo in quella Nazionale trovavi il negletto Pablito, ripescato al ritorno da una squalifica per la vicenda delle partite truccate per favorire le scommesse, e questo era coraggio purissimo da parte di un criticatissimo Enzo Bearzot, e vi trovavi, pure, un giovane Cabrini e un quasi lattante Bergomi. Tutto il resto è storia comune e lo si può rileggere ovunque, ma, in quell'angolo cottura, che si ritagliava uno piccolo spazio dei 36 mq totali, che ancora calpesto, il televisore di basso costo, appartenente a quelli di vecchia generazione ancora con il tubo catodico, che i più giovani, abituati all'ultrapiatto e ai cristalli liquidi, neppure possono immaginare, opprimeva con il suo peso un vecchio frigorifero, che ogni tanto si svegliava a ronzare, ed era l'oggetto più bello ed interessante del momento. Il televisore, non il frigorifero.

Quello che Bearzot e i suoi ragazzi, Pablito in testa, come goleador decisivo, ci regalarono quell'estate è ancora racchiuso in un angolo privilegiato della memoria. Come scordare le memorabili partite con Argentina e Brasile, quando il boato di una gioia collettiva entrava dalle finestre socchiuse e risucchiava e mischiava quella personale. La R4 ed i caroselli per le strade di Milano, del vecchio quartiere Isola e quelli limitrofi, che erano solo un tentativo mal riusciuto perché dopo un po' si restava imbottigliati e spendevamo in una moviola continua e quasi immobile una gioia simil mielosa fatta di frasi urlate e gesti scambiati tra sconosciuti isterici, dove perfino mia madre, non certo giovanissima, avendomi avuto a quarant'anni, sembrava una ragazzina trasfigurata dalla gioia. La bandiera tricolore, cucita da mia madre e sventolata dalla R4 beige, la conserva ancora mia nipote. Straccio amatissimo intriso di memoria, di gesta e persone.

Erano tempi belli quelli! Erano tempi belli quelli? Posso scriverlo in entrambi i modi. Più giusto forse utilizzare il punto interrogativo, perché controversi. Erano anni di reflusso politico e sociale, dopo gli anni '70, quelli che tanti riducono ad anni di piombo. Erano gli anni in cui cominciava ad erodersi quello strato di protezione di cui i ceti non abbienti si erano dotati, pagandolo in sacrifici e lotte sindacali e sociali. In effetti, davanti lo stesso apparecchio televisivo, sintonizzato sul primo telegiornale della giornata, due anni dopo, nell'84, una mattina di giugno, mia madre rientrando dallo stendere i panni mi trovò con il rasoio bilama, che stavo utilizzando nel prepararmi ad andare al lavoro, in mano e le lacrime agli occhi. Alla sua preoccupazione farfugliai un "sta murennu Berlinguer..." e lei, che pronta mi abbracciò a consolarmi, mi disse "chista è a vita, simmu tutti ri passaggiu..." La gioia di quel mondiale non abitava più lì, in quel momento, e qualche giorno dopo avrei sentito piangere lei sommessamente, all'annuncio della morte di quella persona intimamente vicina - e, comunque, di fatto sconosciuta - che amavamo.
Ma il tempo fa il suo lavoro, a volte ingrato a volte... A volte...

Ecco che mi sono spinto a cazzeggiare come al solito: volevo solo descrivere le cose che mi stavano frullando per la testa quando, dando un'occhiata a VxL, ho visto che vi era una notifica per me. Non avendo altro in ballo, in quanto ti avevo già scritto che vado cauto con i commenti, ultimamente, ho pensato subito a te e all'articolo che avresti scritto.
Avevo iniziato a scrivere un commento, ben sapendo che, anche solo per coglierne la superficie, avrei dovuto rileggere per benino, e anche per il piacere di farlo, quanto hai scritto, che mi sono accorto che mi sarei dilungato e, visto che mi andava di farlo, mi sono tirato via di mezzo i limiti del semplice commento e sono andato a ruota libera, come se scrivessi un articolo, accompagnandolo e non forzando nella crescita.
***
Dunque, andiamo oltre il lungo preambolo.
Intanto pensavo di trovarmi di fronte un articolo sulla mia Inter, chissà perché, e che non avesse un attacco così personalizzato, di cui ti ringrazio per le belle parole che mi hanno un po' imbarazzato. Per il resto...
Come sai, ultimamente sono molto prudente nel commentare perché ho sempre paura di fraintendere e perché, magari, proprio fraintendendo, mi sembra che alcuni vadano ben oltre la sperimentazione dialettica - che già indica un'esigenza di arricchire surrettiziamente gli argomenti, se non di scegliere una lingua sicura dal possibile discernere da parte degli altri, per tenerli passivi e adoranti, rispetto l'incompreso - per non so quali obiettivi ma, come ti avevo già detto, avendo una scolarità davvero bassissima, ho anche il dubbio di prendere cantonate per manifesta incapacità. Quindi, sorvolo... anche se, nel tuo scritto, ho trovato, tratto e fatta mia una chiave di lettura che, pur spiacendomi il doverlo ammettere, mi sembra ben più che verosimile.
Credo che il tuo scritto sia, in parte, quasi un continuare, ciò che ci eravamo scambiati in un precedente commento. Questo maggiormente in riferimento a quanto scrivi sui Don Chisciotte, che rischiano di sembrare snob, e su quelli che, scambiando l'ottone per l'oro, travolgono e stravolgono persone e situazioni. La tua stessa perplessità me l'aveva manifestata privatamente anche Nostalgicorossonero, a suo tempo.
Il tuo aprire ampio e distante sulla psicologia e il calcio - prima di approdare alla divertente, e un po' amara, descrizione della sindrome di Peter Pan - con il tuo esempio di quel Real Madrid-Juve, finale di champions (e del tuo Super Mario Mandzukic), mi ha riportato un po' di nostalgia per Icardi, capace di freddezza in frangenti in cui altri perdono lucidità (tanto, ad esempio, da tenerci a galla in un periodo in cui un'azione da goal nell'area avversaria era rarità che potevi anche mancare... e invece) e a ieri sera, quando a creare le occasioni più pericolose per l'Inter sono stati un bel colpo d'istinto, un giocatore di classe che ha giocato solo dal 30' del secondo tempo e uno che è entrato al 40', per sua fortuna racimolandone anche altri 4 di recupero... molto meglio del singolo minuto che gli era stato chiesto l'ultima volta, mi sono trovato anch'io a ruminare sulla fragilità di certi nostri eroi calcistici, ricordandomi che, alla fine, sono ancora dei giovani, se non ragazzini, strapagati, magari paragonati a volte a Sivori e altre a Messi. Ma la colpa è loro o nostra che ci creiamo aspettative su quella che è la nostra immaginazione? Sivori, per come lo ricordo, sotto pressione si incattiviva, non spariva. Aveva magari freddi momenti di cattiveria, appunto, ma non di isteria (ho visto Dybala e Quadrato non reggere alcuni frangenti).

... Da qui, tornando a noi bloggers che a volte... (e giù puntini di sospensione a volontà).
E, infine, ai tuoi suggerimenti musicali (com'è attuale ancora oggi anche il pezzo di di FRANKIE HI-NRG MC!, anche per me che non amo il rap) aggiungerei anche il Guccini di Canzone delle ragazze che se ne vanno: "T'invidio perchè ancora hai molte pagine da aprire //  di un libro che ho già letto e che tu devi ancor scoprire, // ma quando capirai che cerchi un libro che non c'è, // allora ti ricorderai di me..." perché, alla fine, siamo tutti a giocare la stessa partita pensando che possiamo decidere che si sia differenti e di poter fare meglio di chi ha fatto gli stessi passaggi, ma, in fondo, è anche giusto così, altrimenti sarebbe autolimitante non provarci.
Per altre cose: si discute in parlamento (adesso un po' meno) di stagione sciistica impedita, di mancate crociere e di festività mutilate ecc. mentre i morti sono ancora contati a centinaia... Spero che si ritrovi la giusta misura del nostro essere al mondo e con quali valori.

Un abbraccio e tanta gratitudine per avermi ridato per un po' motivo (me lo sono preso, forzando un po', in verità) e gusto di scrivere, anche se queste mie parole non sono propriamente una risposta, semmai un commento esteso, suscitato dal tuo bel pezzo.