Assenze...

Milano 16/12/2022.
Il cielo è grigio. Una pioggia sottile consiglia di stare a casa e finire il libro che sto leggendo. In un altro momento starei già pensando che, visto che sono "costretto" al chiuso, posso dedicarmi a preparare un buon sugo per un piatto di pasta asciutta, immaginando cos'altro avrei aggiunto, oltre a delle olive nere, del tipo buone da friggere che ho conservato nel congelatore per contribuire ad improvvisare qualche pasto semplice e veloce questo inverno, un paio di peperoncini, anch'essi congelati, che mi piace affettare fini fini appena prima di aggiungerli al sugo insieme ad una manciata di capperi di Pantelleria, liberati con discreta accuratezza dal sale di conserva, poco dopo avere aggiunto i pomidoro pelati e vederli raggiungere la temperatura di cottura che hanno appena moderato, ma, tanto, la base di cipolla, a cui magari ho aggiunto una carota fatta a striscioline con il pelapatate, è già cotta, restando solo da aspettare di percepire il profumo che ne sancisce la giusta cottura e che ne stimola l'assaggio, di conferma e di piacere, e trasportarmi, attraverso questi sapori, ad improvvisare un po' d'estate in questa giornata spenta e fredda.
In un altro momento, dicevo, perché oggi ho la febbre alta: prevista e arrivata puntuale. È il giorno successivo alla quarta dose di vaccino anticovid e a quello antinfluenzale. Le altre volte è stato così. Avanzata subdola, pian piano, mi ha sottratto la voglia di preparare del cibo e mi ha fatto ritrovare quasi in modo inconscio di nuovo sotto le coperte, cercando di seguire comunque parole, frasi, periodi... Poi, qualcosa mi risveglia e mi accorgo che la spossatezza mi aveva battuto. Mi alzo e resto in giro a fare cose non proprio indispensabili, forse solo per non darmi per vinto. Dopo un po' sono di nuovo sdraiato. Ancora inseguo parole fino a quando mi spariscono da davanti perché scivolo ancora in un sonno naturale. Quando mi tiro su ancora, la temperatura, anziché aumentare, sta calando un po' e questo è un bene.
Piove ancora. Il cielo è sempre grigio, appesantito dal buio serale imminente... Siniša Mihajlović ci ha lasciato.

Milano 19/12/2022.
È il lunedì successivo alla finale del mondiale. Non cerco subito le pagine sportive nel Corriere della sera da cui provare comunque a leggere il commento che manca, con cui essere più o meno d'accordo, ma trovarsi comunque con qualcosa di originale su cui riflettere e, comunque, con parole della misura giusta da incastonare con proprietà, senza alcuna forzatura, semmai con gentilezza talvolta perfino poetica per uno che si è fatto i calli dell'originalità sul confine tra lo stimolo e la polemica, non del tipo ozioso né fine a se stessa.
Nei lunedì di campionato mi è automatico andare a cercare quei punti di vista, con i quali magari sentirsi in contrasto ma sempre a pungere e a fare dolere una qualche verità, volutamente o meno ignorata. Lo facevo anche con Gianni Brera e con Gianni Mura su La Repubblica, e prima su Il Giorno, in spazi perfino più larghi e sociali, e non è mica cosa da poco andare a cercare sicuro un po' di stupore e, comunque, sapere che un artigiano di parole ti vuole catturare, più o meno inconsciamente, come se da lettore ti sentissi preda di pregio. Da sentirsene lusingati.
Artigiano di parole, perché mai scontato e seriale, a cui fui profondamente e anonimamente grato per quella prosa somigliante a poesia con cui seppe celebrare, il giorno dopo la sua partenza, quel Mariolino Corso che era stato il mio unico idolo calcistico, perché il primo a svelare ai miei occhi bambini e inconsapevoli che si poteva dipingere il calcio e narrarlo con movenze diverse rispetto alle rudezze generali del tempo, prim’ancora di vedere quell'altro geniaccio di Omar Sivori, che in verità era calcisticamente ben più vecchio e noto di lui, e di lui idolo. Ne parlò con parole che fecero luccicare altre facce del diamante e ripulì quelle già a me note, facendole brillare meglio e così intensamente da commuovermi.
Poi, è stato bello trovarselo lì, così vicino, su un sito come calciomercato.com, a mettersi ancora in gioco, quasi arrivabile per noi - nessuno si dolga, parlo per chi "come me" o al limite consideratelo un plurale maiestatis - a fare finta di fare la stessa cosa, come bambini che guardano e cercano di riprodurre gli stessi gesti di chi è adulto, magari non capendone appieno il senso ma sentendosi comunque importanti.
Insomma, potevamo perfino provare colpirlo con le nostre critiche, più o meno goliardicamente e inconsciamente divertite e scellerate, con l'illusione di abitare lo stesso pianeta culturale, almeno per gioco, perché credo che nessuno si sia illuso realmente che così fosse. Spero che nessuno sia riuscito veramente a colpirlo, neppure con un tiro di rimbalzo di ironia, o, se così fosse, che non ne abbia avuto troppo a dolersene. Tra tanti improvvisati commissari tecnici, allenatori, presidenti, economisti, calciatori da divano, perché avrebbe dovuto darsi a carenza la categoria dei giornalisti di buona penna?
Se ne sono andati un giorno appresso all'altro, cosa che mi ha ricordato Camilleri e De Crescenzo, nel 2019. Allora, mentre trascorrevo assolate vacanze al mare, a luglio, mi ero immaginato Luciano De Crescenzo affrettarsi a seguire Andrea Camilleri per l'impellente ulteriore cazzeggio filosofico che gli era venuto in mente e aveva attraversato anche lui lo specchio da cui era sparito il Maestro siciliano. Chissà se oltre quella mia fantasia fossero amici davvero. Ma così allora mi piacque immaginarli, per fare fronte al dispiacere di quelle assenze che, egoisticamente, leggevo come dei nuovi vuoti nella mia vita, come se i loro libri e i loro commenti mi fossero in qualche modo dovuti per l'intero mio "sempre".
E loro? Proprio mentre i Mondiali si volgevano al momento culminante, hanno deciso di lasciarci: approfittando di tutta l'attenzione volta altrove, pensavano di poterlo fare con discrezione e in silenzio... sbagliando.

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Il calcio che si ha è quello che si può...

"Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior…" (Fabrizio De André)
Ed eccoci, giustappunto, al Mondiale così giustamente chiacchierato e addizionato, forse in modo anche un po' affrettato e gratuito, dell'aggettivo "brutto", quasi a non prescindere, dalle valutazioni, le ragioni non calcistiche, che puntualmente e giustamente Marco Barone (lo cito ad esempio perché sempre sensibile anche sui temi sociali) ha con accorta insistenza sottolineato. Io, colpevolmente, ho visto anche qualche partita che mi ha entusiasmato. Curiosità che mi sono venute incontro a cercare, anziché il contrario, come il Giappone, la Corea, il Canada, per svelarsi. Diciamo che, in generale, il calcio dei continenti fin qui minori calcisticamente, come Medio e Estremo Oriente, Africa e America del Nord, mi ha stupito per il livello di crescita, offrendomi anche un calcio organizzato, e non solo di buona volontà, e una spesa atletica non gestita in modo casuale. Ho utilizzato la forma riflessiva dei verbi giusto perché non so quanto questa mia sensazione sia comune.
Se poi dovessi riferirmi alla sola finale, dovrei spendere un superlativo, come bellissima, per definirla. A me, a parte per l'esplosivo coinvolgimento emotivo di quella dell'82, questa è parsa la più entusiasmante e la più bella che abbia mai visto, come se si fossero svolte tante partite nella stessa partita, di durate variabili e di intensità capovolte e illusoriamente decisive, e per questo infinitamente imprevedibili per un tifoso allocco come me. Lo so che ci sarà chi dirà che ha capito tutto sin dal primo minuto. Io non ci son stato tanto a ragionare, lo confesso, lasciandomi appassionare da ciò che vedevo.
Tanto per dire quanto fossi coinvolto: ad un certo punto, simpatizzando per l'Argentina, mi sono trovato a sovrapporla alla mia Pazza Inter quando Mbappé (aiutato dalle accorte correzioni di Deschamps) in un paio di minuti ha prima rimesso in partita la Francia, ormai spacciata, e poi l’ha terrorizzata, con il secondo goal personale del pareggio. Tante partite aperte e chiuse, come scene di una rappresentazione teatrale. Per non parlare del lungo e inaspettato, sempre per me, intendo, predominio argentino, che mi ha soddisfatto anche la golosità calcistica volta anche all'estetica.
Grazie a chi ha vinto, che avrebbe avuto la mia simpatia anche perdendo, ma anche all'inaspettata Francia, mancante dell'apporto di alcuni suoi punti fermi, tanto da lasciare pensare, ovviamente sbagliando, visto che è un gioco di squadra e da lì non si prescinde, che l'Argentina stesse giocando contro il solo Mbappé. Anche i rigori, che spesso vengono descritti come "una lotteria", sono stati poco definibili in quel senso, con un portiere pazzo, in senso buono, e cattivo che cercava di incidere sulla battuta dell'avversario di turno, cercando di intimidirlo. Qua giunto, sottolineo che Mbappé si è distinto anche in quello, mettendone a segno ben tre alle spalle di quell'indisponente e bravissimo portiere, da fuoriclasse indiscutibile.

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Classifiche e dei...

Anziché placare la discutibile esigenza di fare delle classifiche di tutti i mostri sacri del calcio - tra l'altro proiettando già in avanti l'era Mbappé quasi come l'erede del periodo occupato da Messi e non tenendo conto che le caratteristiche di gioco sono forse più apparentemente vicine a quelle di Cristiano Ronaldo che a quelle dell'argentino, che io preferisco ad entrambi proprio per quella sua diversità, cosa che contraddistingue e rende unico ogni campione e inconsistente una classificazione a scalare - si ripropone l'esigenza di sapere, non bastandoci quanto appena goduto sportivamente, se Messi, finalmente, si può collocare accanto a Maradona (cosa che io farei sempre e comunque, ognuno per il suo tempo, ma ricordandomi anche dei vari Pelé, Zigo, Cruijff, Baggio e tutti quelli che mi hanno dato momenti di gioia, compreso Ibra). Mentre sto quasi per cadere nella trappola di questa valutazione, mi ricordo di un Maradona stracciato da Gentile nel 1982. Non in senso calcistico ma proprio meramente descrittivo, nel senso di vestire una maglia ridotta a brandelli dal suo avversario. Come mi ricordo anche di un Pelé incerottato come una mummia in Inghilterra, nel 1966, quando un difensore poteva brutalizzare un attaccante molto più forte e ridurlo a più miti consigli senza che l'arbitro intervenisse, perché il cartellino rosso - non c'erano ancora quelli gialli - veniva utilizzato solo un attimo prima che la squadra omicidi fosse costretta ad intervenire. Nel tempo il calcio si è giustamente evoluto ma chi è vecchio può ben ricordare, se proprio deve, differenze decisive che rendono improponibili, in modo sensato, se ve ne fosse davvero bisogno, la strutturazione del Giardino degli Dei con poco simpatiche classifiche.

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Decadenze...

Certo, avessi potuto, avrei evitato di vedere Messi portare la Coppa Rimet addobbato di uno scialle inopportuno e fuori contesto, quasi a voler a tutti costi farci dimenticare lo spettacolo appena gustato per riportarci alla parte di letame da cui quello spettacolo è nato e a qualche senso di colpa per avere quasi dimenticato, per tutta la durata della finale, che cosa accadeva fuori dagli stadi e quanto è costato in termini di spreco di costosissimo sfarzo, sangue e violenza, ma anche di spesa corruttiva, lo spettacolo.
In tutto questo parlare di grandi calciatori, sembra quasi che non si aspettasse altro che di festeggiare l'accantonamento di Cristiano Ronaldo, la cui parabola discendente negli ultimi mesi ha preso velocità tale da renderla quasi inarrestabile.
Non che certi atteggiamenti pubblici, non conoscendolo personalmente dal lato umano, non fossero da sempre un po' scostanti e antipatici, ma mi sembra un tantino frettoloso liquidarlo quasi che questa Coppa Rimet avesse definitivamente sancito che il dualismo di lunghissima data, a misura di una vita calcistica di alto livello professionale, tra lui e Messi abbia deciso definitivamente chi è il numero uno e chi non lo è, quasi che, definito quello, si potesse anche decidere con leggerezza che l'era calcistica che si va a chiudere, si possa etichettare come l'era Messi con un atteggiamento quasi ad escludere che renderebbe poca giustizia alla narrazione, alla verità e al portoghese.
Lo stesso Messi, in queste due recenti stagioni, non è che sia andato a mille e, forse, anche per questo ne abbiamo ammirato, rispetto al passato, l'enorme peso che ha rappresentato per questa Argentina vincente, quindi, anziché continuare con il giochino di chi buttare giù dalla torre, perché non cominciamo ad allargare questa torre così striminzita e invitare tutti quelli che ci piacciono.

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Ritorno alla realtà

Purtroppo, finito il mondiale, tornano ad evidenziarsi le cose brutte che in questi tempi malevoli abbiamo colpevolmente messo da parte per qualche breve parentesi di distrazione, quasi finalizzata alla sopravvivenza psicologica, e che, anziché andare a risolversi man mano, con soluzioni risultanti da un'adeguata spesa di buon senso, continuano a sovrapporsi. Così, alla guerra in Ucraina - che ha messo un po' in ombra quelle già esistenti in ogni parte del pianeta, e che non vede, se non di tanto in tanto, che deboli spiragli per una soluzione, se non pacifica, almeno non belligerante, presto chiusi, con il timore che chi sta speculando, arricchendosi con quanto riguarda la guerra e anche con quanto inerente solo la narrazione della guerra, non ha nessun interesse a che questa "pacchia" economica, che impoverisce tanti e arricchisce loro, abbia a finire - si accompagna anche quanto di brutto accade in Iran e accadeva altrove.
In questo periodo, che ci avvicinano alle festività di fine anno, sono solito spedire una cartolina creata da me ai miei ex colleghi, che accompagno, sempre lasciandomi prendere la mano riguardo alla lunghezza, portato come sono al cazzeggio, con un messaggio di saluti ed auguri. Visto come sono andati a finire gli auguri degli anni precedenti, non so se quest'anno troverò delle parole di augurio, per un futuro prossimo che ci sta per accogliere, che abbiano un minimo di credibilità.
L'avere da anni smesso di snervarmi in corse ai regali, avendo deciso che, a parte i piccoli, possiamo anche smettere di avvicinarci al Natale come un periodo da vivere con timore, mi faceva gustare questo periodo di luci colorate e di atteggiamenti propositivi, quasi in modo positivo. Quasi un'occasione per trovarsi e vedere, almeno per qualche giorno, la vita in modo festoso e ottimistico. Quest'anno, forse non avendo ancora smaltito il lungo periodo di isolamento da covid, mi sembra di vivere questo periodo quasi con indifferenza, se non con una sorta di leggero fastidio, perché mi trovo a viverlo in modo quasi inadeguato.

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Ritorno del campionato

Chissà se la ripresa del campionato servirà, anche quello, a portarci qualche momento di spensieratezza. Guardando in casa d'altri, i mondiali hanno allontanato dalle notizie più insistenti le questioni societarie riguardanti la Juve, che hanno infastidito qualche tifoso juventino e che è stato motivo per il bravo Massimo Perin di scrivere un pezzo tra l'arrabbiato e il propositivo. Arrabbiato molto di più che per la situazione della Juve, di cui non riuscendo a capire la portata mi astengo dal fare commenti, che per fortuna non mi spettano e che mi farebbero senz'altro scrivere qualche cretinata, quanto per lo sciacallaggio, poco simpatico e per niente sportivo, dei tifosi avversari, tra cui saranno stati senz'altro in evidenza quelli interisti, come mi era parso di leggere, più che su VxL, dove non mi pare ci fosse granché in quel senso, immagino nei commenti agli articoli di CM.com. Spero che i mondiali abbiano aiutato anche lui a staccare e ritrovare la consueta tranquillità sportiva. Già in passato condividevamo l'idea che l'incomprensibile cacciata di Marotta fosse una delle cause dei problemi più recenti. Adesso, avere azzerato i vertici societari dovrebbe portare ad una gestione più tranquilla che negli ultimissimi anni. Anche se l'aver preso Cristiano Ronaldo, non da disoccupato, come dopo questi ultimi mondiali, ma da vincitore della Champions, a suo tempo, per me che non faccio mai neppure i semplici conti della serva, mi sembrò un colpo che avrebbe fatto (purtroppo) altro bene alla Juve e dato anche lustro al nostro campionato, come in parte è avvenuto.
Adesso sono curioso, alla ripresa del campionato e con un De Maria gasatissimo da spendere insieme al rientrante Chiesa, quanto recupererà in campionato. La difesa, per quanto criticata, è tra quelle meno battute e quei due, che fanno di tecnica in velocità bagaglio tecnico assoluto, potrebbero essere decisivi. Sembra invece che si debba ancora aspettare per vedere Pogba in campo.
Il Napoli, che fino ad ora mi ha divertito, mi dava l'idea che potesse essere danneggiato dall'interruzione temporanea della lunga fila di risultati che lo rendono inafferrabile. Adesso, magari, penso che il periodo di riposo, in cui tra l'altro ha recuperato il suo giocatore più sorprendente, possa avere giovato anche a loro. Saremo noi interisti il primo scoglio che dovrebbe provare a rallentarlo, se non a fermarlo. Fermarlo aiuterebbe anche noi, mentre rallentarlo aiuterebbe gli altri nel gruppo degli inseguitori, se possiamo considerarci tali, tra cui la Juve di cui sopra. Uscire sconfitti sarebbe abbastanza disastroso e mi affido a San Siro affinché ciò non avvenga. Magari anche a Lautaro che, saziatosi di goal mancati al mondiale, sarà più preciso sotto porta in campionato.
Il Milan recupera qualche infortunato tra cui un non trascurabile Maignan, elemento decisivo, visto che di partite scontate se ne vedono poche in giro. Poi, per tutti, sarà interessante vedere alcuni protagonisti del mondiale tornare al club. Amrabat su tutti, visto come si è comportato con il Marocco.

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Cazzeggiando, cazzeggiando, eccomi giunto qua, anche se non so se è dove volevo arrivare quando ho iniziato a scrivere. Sempre che avessi qualche punto di arrivo in mente e non il cazzeggiare giusto per cazzeggiare.