Patrick Cutrone, solo qualche mese fa, era il protagonista di una storia d'amore dai contorni hollywoodiani. Aggregato alla squadra dopo la trafila nelle giovanili, ha esordito a fine campionato 2016-17 e nell'estate seguente ha osservarto l'arrivo di Kalinic e André Silva, pagati fior di miloni. Con la prospettiva di giocare poco o nulla, si è fatto largo a suon di gol ed approfittando delle deludenti prestazioni dei compagni di reparto (chissà se ci fosse stato pure Belotti!) ha riscritto le gerarchie rossonere, aiutato e coccolato da Gattuso, che nel frattempo si era insediato sulla panchina. Quando i tifosi erano già pronti ad incoronarlo, il nuovo menagement sportivo è andato ad acquistare niente meno che Gonzalo Higuain. Senza perdersi d'animo, il ragazzo della provincia comasca ha sempre risposto presente alle chiamate del tecnico e, con un Pipita sempre più involuto e depresso, ha continuato a tenere in piedi la baracca ed esultare sotto la Sud. Lo stesso Gattuso, va ammesso, gli doveva e gli deve molto.

Proprio alla soglia della defnitiva glorificazione, però, a Milano è arrivato il Pistolero... 

Se prima il ruolo da comprimario per Patrick era sempre stato scontato, questa volta la situazione era molto diversa. Piatek è stato preso con il dichiarato intento di sostituire Higuain, certo, ma forse neanche Leonardo, Maldini e Gazidis si aspettavano un impatto tanto devastante. Di certo non se lo aspettavano i tifosi e verosimilmente neanche Cutrone, che da beniamino quasi unico della curva si è visto strappare uno scettro tanto simbolico quanto importante dal Polacco di ghiaccio.

Nel calcio molto spesso ci si auto accusa di giudizi affrettati, di cambiare opinione dall'oggi al domani senza soluzione di continuità, di lasciarsi andare a facili entusiasmi. Io non voglio commettere quest'errore e vorrei che non lo commettessero gli altri tifosi milanisti. Non mi riferisco tanto all'incensare Piatek, perché l'entusiasmo è contagioso e, quando motivato, può essere la rampa di lancio verso successi importanti, quanto al non abbandonare Patrick.

Cutrone non è un fenomeno, non ancora almeno. Non ha certo il controllo di palla di Messi né il fisico e la progressione di Cristiano Ronaldo o il suo tiro, non è neanche un rapace quanto lo era Inzaghi ed il paragone con Superpippo è ingeneroso, ma ha tante qualità. Si danna l'anima per la squadra, non smette mai di lottare ed ha voglia di migliorarsi, corre anche quando costretto a farlo da solo, si adatta all'avversario tanto quanto ai compagni e sa decisamente mettere la palla in fondo al sacco. Spesso i suoi goal sono semplici, ma non ha mancato di far vedere qualche pezzo di bravura notevole come quello contro il Parma. 
Per diventare un campione, però, il suo veleno non basta. Per diventare un campione ha bisogno di rimanere al Milan. Ha bisogno di competere per il posto da titolare con altri grandi attaccanti e di avere ancora la fiducia di Mister e tifosi, perché ogni volta che ci ha fatto gioire l'ha fatto con il cuore, quel cuore su cui porta il simbolo rossonero e che quando esulta indica e stringe con il piglio giusto, con la consapevolezza di chi sa che si tratta di qualcosa di prezioso.
Al ragazzo serve tutto il nostro affetto e, ne sono sicuro, con quel carburante in più potrà fare ancora tanti step verso l'alto, tutti quelli che gli mancano per diventare un grandissimo giocatore. Perché non è un campione, il nostro Patrick, ma merita il tempo per diventarlo al Meazza. Per avere riconoscenza bisogna dare riconoscenza.