In alcune occasioni i giri di parole sono poco utili e la giornata odierna della Vecchia Signora può senza dubbio ascriversi a questa categoria: il netto due a zero con cui l’armata bianconera deve fare mesto rientro a Torino ha tutti i crismi della disfatta sportiva.

Sì, perché tutte le mosse di mercato estive, dall’acquisizione di Cristiano Ronaldo, passando per il rientro alla base di Bonucci e finendo con le cessioni di Caldara ed Higuain, erano state pianificate con il dichiarato intento di dare l’assalto alla coppa dalle grandi orecchie e sfatare il tabù che va avanti dall’ormai lontana notte romana del 1996. Il risultato di ieri, invece, mette un serio ostacolo a questo progetto, un ostacolo che rischia di rivelarsi invalicabile proprio come lo è stata la difesa guidata da Godin al Wanda Metropolitano.

Più degli altri, uno juventino aveva bisogno di mettere le mani sul trofeo: Massimiliano Allegri.

Il tecnico toscano, da quando calca la scena del calcio dei grandi, è croce e delizia dei tifosi delle sue squadre... Il vecchio adagio secondo il quale nello sport contano i numeri, i risultati, per lui pare inspiegabilmente non valere. Da quando ha raccolto la pesantissima eredità di Antonio Conte, universalmente riconosciuto come l’autore del rinascimento bianconero in coabitazione con il fenomenale duo dirigenziale Marotta - Paratici, “Acciughina” ha vinto quattro campionati di fila, migliorando ogni anno la percentuale di vittorie della compagine torinese fino allo spaventoso dato di quello in corso (79,41%), conquistato altrettante Coppe Italia e due Supercoppe Italiane, nonché raggiunto due finali di Champions League. Eppure tutto questo non è sufficiente.

Fin dai tempi in cui allenava il Milan gli è stata cucita addosso l’etichetta di mediocre, nonostante un palmarès di tutto rispetto e non sono bastati i tantissimi successi torinesi per scucirgliela dalla giacca. Per le verità va detto che del mediocre glielo danno soltanto i tifosi, giacché gli addetti ai lavori lo hanno più volte incensato con tanto di premi ed onorificenze, ma tant’è. Al primo passo falso, alla prima partita con difficoltà, al primo pareggio con una provinciale, partono gli assalti alla baionetta. Tra le critiche più comuni si annovera quella della mancanza di un gioco ed ogni critica che si rispetti è condita dal trito e triste luogo comune per il quale “il campionato italiano con quella squadra lo vincerei anche io”. Gli italiani, popolo di allenatori, a chiacchiere parrebbero in larga parte capaci di emulare le gesta del toscanaccio di Livorno. Sarebbe bene comunicare questa notizia a chi gli paga uno stipendio multi milionario, perché una tale offerta di “manodopera” mal si coniuga con una domanda tanto lautamente compensata. 

Senza dubbio Allegri ha le sue colpe, come ha avuto i suoi meriti però. Può darsi che il suo tempo in bianconero sia terminato, ma l’accanimento nei suoi confronti appare spesso immotivato e quasi sempre eccessivo.

L’anno prossimo, con tutta probabilità, su quella scottante panchina siederà un nuovo Mister, anch’egli - è bene sottolinearlo - scelto dall’osannata dirigenza juventina. Vedremo se il cambio sarà favorevole ai detrattori di Acciughina, che sembrano tanto numerosi, oppure se finiranno per rimpiangere quell’allenatore un po’ scanzonato ma dotato di una tale capacità di lettura delle partite, capace di scelte scomode e di essere il parafulmine per scelte dolorose quanto necessarie. Forse semplicemente Allegri non è un perdente, non è un mediocre, ma gli è mancato a livello europeo quel pizzico di fortuna senza cui quasi nessuna squadra nella storia ha primeggiato. D’altronde, come disse Mourinho durante una nota conferenza da allenatore del Real Madrid, “non è così facile raggiungere la semifinale di Champions League...”