Complice la sosta del campionato, sono quasi due settimane che il caso Kessié tiene banco, su giornali, telegiornali e siti internet. 

Il gesto è stato brutto, su questo non ci sono discussioni: il mancato incoraggiamento a Conti, che ha passato mesi infernali per colpa del doppio intervento chirurgico, la lite con Biglia dopo il rimbrotto dell’argentino passata in mondo visione, con l’ivoriano trattenuto a forza viva dai compagni di squadra. Tutto pessimo, dal tempismo all’estetica della vicenda. In virtù di ciò non sono mancate le reprimende ufficiali. Ha iniziato Gattuso nel post partita, amareggiato per il siparietto ancor più che per il risultato negativo (il che è tutto dire), hanno proseguito tutti - ma proprio tutti - quelli che hanno avuto la possibilità di metterci bocca o penna. 

Ad essere onesti, è finita che il buon Franck ha visto catalizzati su di sé i riflettori che probabilmente avrebbero dovuto illuminare altri “attori”, ad esempio l’ennesima sconfitta nella stracittadina, il terzo posto perduto a favore dei nerazzurri, il gioco che latita da qualche mese. Forse è stato un bene per il resto dell’ambiente Milan avere una sorta di capro espiatorio, o almeno c’è da augurarselo, ché di sicuro non ha giovato al centrocampista numero 79, il quale per parte sua ha recitato benissimo il ruolo nonostante sia stato costretto ad improvvisare più di una volta. Facile immaginare che non avesse programmato di perdere la brocca una volta richiamato fuori dal terreno di gioco, né la ramanzina del compagno più anziano e tanto meno la gogna mediatica. Ha dimostrato di avere il physique du role, pure se - ed è bene ricordarlo - si parla di un ragazzo di 22 anni. E’ apparso davanti alle telecamere per chiedere scusa anche se in visibile imbarazzo, ha pagato per intero una multa che ha richiesto la presenza di un sindacalista perché oltre i limiti di autonomia che la società poteva comminargli, ha tenuto basso lo sguardo perché in Africa con i superiori si usa così, in segno di rispetto.

Nel frattempo, siccome in Italia siamo fondamentalmente dei populisti (anche se non ci piace per nulla ammetterlo), sono passati sotto silenzio gli ululati della curva interista che aveva ricevuto durante la gara e che sono costati ai nerazzurri la chiusura per un turno della Nord. Non che giustifichino quello che è avvenuto a bordo campo, sia chiaro, ma senza la reazione di Kessié se ne sarebbe parlato in altri termini o, almeno, se ne sarebbe parlato. Avere altro su cui focalizzare l’attenzione derubrica invece il gesto a normale, tutto sommato già rivisto, nulla di trascendentale. Curioso che poi si faccia la solita gara di solidarietà in favore del bambino eroe che dall’autobus sequestrato chiama la polizia, che ci si indigni per il fatto che non possa avere la cittadinanza italiana... 

Quello che mi aspetto da Gattuso, nel chiarimento in arrivo oggi durante l’allenamento di rifinitura, è che non voglia alimentare ulteriormente le fiamme dello scandalo e, pertanto, che il clamore suscitato da questo episodio si smorzi definitivamente. 

Tutti i calciatori hanno inquadrato la cosa per quel che era: un episodio di campo e nervosismo, che ci può stare per quanto sbagliato. Non si trattava di una mancanza di rispetto nei confronti di Andrea Conti, né di Gattuso o del Milan. Mi aspetto che si smetta di dare addosso a Kessié e che una buona volta i giornalisti la piantino di strumentalizzare un caso simile per giustificare voci di mercato, come se fosse sufficiente a renderlo “sacrificabile” sull’altare del fair play finanziario e del bilancio sano, come se fosse semplice trovare un ragazzo così. Non va dimenticato, in questo mondo dalla memoria corta, che quando c’è stato da sudare e lavorare per piazzamenti poco nobili, l’ivoriano ci ha sempre messo muscoli, fatica e tecnica. Quando gli è stato chiesto di abbandonare il numero 19, che per lui aveva un importante valore morale, in favore del blasonato Bonucci (già insignito immeritatamente della fascia di capitano), lui ha fatto un passo indietro. Sempre per il bene della squadra, sempre a correre per due in mezzo ad un centrocampo povero di qualità e spesso di spirito, quando Biglia stentava e Bonaventura subiva infortuni. Con Franck si è usato il bastone, adesso è il momento della carota, perché se l’è guadagnata.