Ennesimo derby all’Inter, contro sorpasso eseguito, partita giocata molto male a tratti ed interpreti ancora fuori forma. Noi milanisti mastichiamo amaro questo lunedì 18 marzo, ma ritengo che la priorità - per faticoso che possa risultarci - sia fare quadrato intorno alla squadra, al tecnico ed alla società.

Diciamoci la verità e facciamolo in modo brutale: pensavamo di vincerlo, questo derby della Madonnina. Le cinque vittorie di fila con cui ci presentavamo all’appuntamento, il piazzamento ottenuto e difeso alla scorsa giornata e tutte le difficoltà che l’Inter stava attraversando contribuivano a definirci come favoriti. Purtroppo, come spesso succede, chi arriva meglio alla stracittadina la perde. 

Nel primo tempo i nerazzurri hanno meritato nettamente, non sono rientrati negli spogliatoi con il doppio vantaggio solo per propria imprecisione e noi ondeggiavamo pericolosamente, vittima delle folate offensive della fascia destra nerazzurra su cui Politano teneva in scacco Ricardo Rodriguez e Vecino si allargava per poi accentrarsi, costantemente alle spalle di Paquetà troppo stanco per interpretare il dispendioso ruolo di mezzala di questo Milan. La chiave fisico-tattica della Caporetto della prima frazione era evidentemente quella e, infatti, Gattuso è dovuto correre ai ripari prestissimo. Tanto il brasiliano quanto Kessié non sono arrivati all’appuntamento con un quantitativo di benzina sufficiente nelle gambe per svolgere il gravoso compito che l’allenatore calabrese assegna loro: il primo pressing sui centrali avversari, con scalate degli esterni a coprire lo sgancio dei terzini ed il centrale di centrocampo a tamponare l’infilata alle spalle. Questo escamotage tattico, attuato per sopperire alle note mancanze della formazione quanto alla capacità di andare a prendere alto l’avversario, ha funzionato bene durante il campionato. 

Il problema, probabilmente, risiedeva proprio nel fatto che non si trattava di una novità e che Spalletti, intelligentemente, ha approfittato della cosa. 

Gattuso è stato in grado di aggiustare in corsa, stravolgendo la squadra a partire dal 46’ minuto: Paquetà è rimasto negli spogliatoi, Calhanoglu è indietreggiato sulla linea di centrocampo (molto meglio che davanti) e Castillejo con la sua corsa ha almeno ottenuto che D’Ambrosio dovesse preoccuparsi di difendere anziché di scegliere solo il momento buono per la sortita offensiva. Purtroppo il calcio è fatto di episodi e quelli di ieri sono stati favorevoli all’Inter: nel momento in cui il Milan pareva riassestarsi, l’inzuccata di De Vrij portava il match sul due a zero. 

La squadra dell’anno scorso sarebbe sparita probabilmente del campo dopo una mazzata del genere. Quella di quest’anno, al contrario, ha dimostrato che non ci stava. Si è riversata in avanti ed ha trovato l’uno a due con bella inzuccata di Bakayoko (migliore in campo). Di nuovo, però, un’azione che non sembrava neanche così pericolosa portava al rigore per i nerazzurri... Altra mazzata ed altra reazione, altrettanto veemente: con Cutrone ad affiancare Piatek e Conti al posto di Kessie (riprovevole la scenetta con Biglia in panchina) arrivava il tap in di Musacchio, dopo azione convulsa partita da uno dei pochi spunti validi di Suso. La pressione rossonera è continuata, senza più correre grossi rischi dietro, ma gli episodi di cui sopra hanno voluto che ci fosse una parata di spalla di Handanovic su Castillejo e, proprio sul finale, il super salvataggio di D’Ambrosio su Cutrone a botta sicura.

Onore al merito dei nerazzurri, bravi a cercarsi anche un pizzico di fortuna, ma per il Milan non è tutto da buttare. Anzi.
Dopo il derby di andata ero il primo ad essere sconfortato: non solo non avevamo compiuto il salto di qualità che speravo di vedere, ma ci eravamo presentati in preda alla paura, con la conseguenza di essere dominati in sostanza dal primo all’ultimo minuto. Questa volta no, questa volta la squadra ha dimostrato di essere tale nonostante il peggiore inizio che si potesse immaginare... Il gol di Vecino è arrivato talmente presto da mettere in discesa l’intero match, eppure abbiamo evitato l’imbarcata e siamo riusciti, con il passare dei minuti, a mettere la testa fuori, prendere il comando del gioco e chiudere in attacco. E’ andata male, ma potevamo essere qua a parlare di altro. Non di una grande partita, ma di un risultato tutto sommato positivo. 

Purtroppo, ciò nonostante, sento cori convinti e numerosi di tifosi che attribuiscono tutte le colpe a Ringhio e, sinceramente, mi pare una follia.
Il Milan non gioca particolarmente bene e non è necessario un master a Coverciano per vederlo... Va però detto che, a inizio stagione, i rossoneri praticavano un buon calcio ed i risultati erano sempre negativi. Con il passare delle giornate, la compagine rossonera ha acquisito solidità, identità e senso di appartenenza. Ecco perché davanti alle telecamere di Sky, ieri sera, il tecnico ha voluto sottolineare il brutto gesto di Kessie e Biglia, prima ancora del risultato. Non è da tutti e denota chiaramente come il calabrese abbia chiaro in testa quello che deve essere fatto per rifondare un ciclo: anteporre il bene del collettivo al singolo. 

In ogni caso non si può non tenere in considerazione tutto quello che di buono è stato dimostrato fino ad adesso, neanche sulla scia emotiva della rabbia per l’ennesimo derby perso. Non si può far finta che la classifica non conti più nulla, né dimenticare il miglioramento che c’è stato negli scontri diretti che l’anno passato sono stati il nostro vero tallone d’Achille. Non sarebbe giusto affossare un mister che ha saputo traghettare la squadra fino a questo punto nonostante l’impressionante numero di infortuni, che si è guadagnato sul campo il quarto posto che attualmente occupiamo e che è a soli due punti dal terzo. Vanno pur sempre considerati i limiti tecnici di una formazione che non è certo la Juventus né il Napoli, che è stata ereditata ad estate inoltrata dall’attuale dirigenza e ben corretta per quanto consentito dai legacci del Financial Fair Play a Gennaio.

Certo, Gennaro Gattuso deve crescere insieme al Milan. Deve migliorare, così come devono migliorare gli uomini che gli vengono messi a disposizione. Senza il piazzamento in Champions League, però, mancheranno degli introiti e i riflettori della UEFA rimarranno puntati sui conti più rossi che neri, Gazidis avrà meno appeal mediatico da spendere con i possibili partners e Leonardo e Maldini meno spazio di manovra per rinforzare la rosa. Al contrario, se il Milan rientrerà nell’Europa dei grandi, potremo forse tornare a convincere con un progetto serio e di lungo corso, nella speranza di poter innestare tasselli importanti avendo creato uno zoccolo duro, avendo dato quel nuovo impulso al corso milanista di cui si sentiva una necessità così disperata negli anni bui che abbiamo trascorso dall’ultimo scudetto targato Allegri.

E quindi giù le mani da Ringhio, tifiamo e rimaniamo dalla sua parte. Ha dimostrato di meritarlo.