C'era un tempo - nemmeno troppo lontano - in cui a tenere banco al Milan erano i rapporti tesissimi tra Barbara Berlusconi e Adriano Galliani, portatori di visioni del calcio (ed esperienze) completamente diverse, se non opposte. Il passaggio del club al misterioso (per usare un eufemismo) imprenditore cinese Yonghong Li non era servito a mettere chiarezza, anzi, aveva fatto crescere i dubbi sulla solidità del nuovo progetto sportivo ed economico. Dubbi che si sono rivelati certezze quando la società di via Aldo Rossi, pochi mesi dopo l'acquisizione di Li e il faraonico mercato del duo Fassone-Mirabelli, è passata a Elliott, il fondo che deteneva gran parte del credito.

Chi sperava che un proprietario così ricco e autorevole, sulla cui disponibilità economica non vi è alcun tipo di dubbio, potesse subito risollevare le sorti del Milan, è però rimasto deluso. Il piano del Fondo Elliott, che ha dato pieni poteri a Ivan Gazidis, è stato sin qui fallimentare.

L'ex manager dell'Arsenal, da tutti descritto come una sorta di genio del marketing e dei bilanci, non è riuscito né a fare aumentare i ricavi (fermi al palo da ormai un decennio: un'era geologica nel mondo del calcio), né tanto meno a risanare i conti, che anzi hanno fatto segnare un rosso da paura, intorno ai 150 milioni di euro.

Se nella prima stagione il dirigente di origini sudafricane aveva affidato il principale incarico dirigenziale a Leonardo, quest'anno ha deciso di puntare su un altro grande ex: Zvonimir Boban. Un gradino più giù colui che è stato il simbolo e il capitano rossonero per più di un decennio: Paolo Maldini.

Ma qual è il reale peso specifico delle due bandiere rossonere? E' quello che si sono chiesti in molti - tra tifosi e addetti ai lavori - sin da subito. Oggi, forse, abbiamo avuto finalmente qualche risposta: "pochissimo". L'impressione è che Gazidis abbia chiesto una mano a Boban e Maldini non tanto perché credesse nelle loro capacità dirigenziali, quanto perché servivano degli uomini che potessero rappresentare al meglio la gloriosa storia rossonera ed essere considerati autorevoli dai tifosi. 

Ora, su Maldini e Boban calciatori non ci sono mai stati dubbi: si tratta di due fenomeni, che hanno fatto non solo la storia del Milan, ma anche quella di questo sport. Basta dare un'occhiata alla loro bacheca per capire di chi stiamo parlando. Ma Maldini e Boban dirigenti di club, chiaramente, sono ancora da valutare. La loro esperienza è troppo breve per essere giudicata in modo perentorio, mentre quella di Gazidis è già lunghissima. La formazione professionale del manager sudafricano è oltretutto talmente diversa che fare paragoni sarebbe inutile e sciocco. Qua non si tratta di capire chi è più bravo, ma di valutare i risultati ottenuti dal Milan di Elliot e di porre le basi per il futuro. 

Le parole rilasciate da Boban alla Gazzetta dello Sport sono state sorprendenti e nette. Il croato, mettendo da parte la diplomazia che ci si aspetterebbe da chi parla del proprio capo, ha criticato duramente Gazidis, reo di compiere scelte in autonomia, senza considerare il parere dell'area tecnica (Boban, Maldini e Massara).
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la trattativa (già conclusa o solo ben avviata? Non si sa ancora...) con l'attuale tecnico dell'RB Lipsia, Rangnick, protagonista di una splendida cavalcata in Champions League. Trattativa che chiaramente oscura il discreto lavoro portato avanti da Stefano Pioli negli ultimi mesi e che potrebbe penalizzare una squadra già in difficoltà e lontana da traguardi ambiziosi, ma comunque in corsa per un piazzamento europeo.

Ma la scelta di Rangnick - dicevamo - è probabilmente l'ultimo di una serie di episodi in cui le visioni di Gazidis e quelle dell'area tecnica si sono rivelate inconciliabili. I problemi sarebbero sorti subito, col manager sudafricano a voler accentrare tutti i poteri e il duo Boban-Maldini emarginato, quasi impalpabile, per questo criticato dagli stessi tifosi.

Stavolta, invece, Boban ha deciso di parlare, mettendo la società di fronte a una sorta di ultimatum: o me e Maldini oppure Gazidis. Visti gli ottimi rapporti tra la proprietà rossonera e l'ex manager dell'Arsenal, è molto facile prevedere come finirà. Anzi, c'è chi prevede che Boban potrebbe lasciare il Milan subito per tornare alla FIFA e Maldini potrebbe seguirlo nei prossimi mesi. 

Ma queste, per ora, sono solo supposizioni collegate a guerre intestine. Zuffe societarie. Scontro tra visioni opposte e forse incociliabili. In questo caos totale a perderci è soltanto il Milan, cioè chi davvero tiene a questo club.
La squadra non lotta più per traguardi ambiziosi da ormai quasi un decennio (gran parte dei vincitori dello scudetto del 2011 si sono ormai ritirati dal calcio...). I bilanci fanno segnare perdite enormi: altro che taglio dei costi... I ricavi non decollano e non c'è esattamente la fila per sponsorizzare il Milan. Le coppe europee sono un miraggio (in estate l'esclusione dall'Europa League). E nemmeno il settore giovanile dà grandi soddisfazioni, con la Primavera che è addirittura retrocessa nella serie inferiore per risalire quest'anno con largo anticipo. Un "successo" che la dice lunga sulla crisi senza soluzione di continuità in cui è sprofondato il Milan.

E i dirigenti che fanno? Invece di correre ai ripari, litigano tra loro, per stabilire chi ha più colpe, quando l'impressione è che gli errori siano stati un po' di tutti: dalla scelta di Giampaolo in estate (sconfessata in poche settimane) agli importanti investimenti per calciatori sin qui non pervenuti (Leao, Duarte, Krunic...).
Gazidis, intanto, osserva, tace, e prepara l'ennesima rivoluzione. Cambierà di nuovo tutto "affinché nulla cambi"?