Non è stata fatale, stavolta, Verona, come spesso è accaduto negli ultimi anni, ma poco davvero ci è mancato perché il Milan subisse un'umiliazione che avrebbe avuto i contorni imbarazzanti. Pur in undici contro dieci per 75 minuti di partita, i rossoneri non solo hanno creato poco e nulla, ma sono riusciti a segnare solamente su rigore e ripetutamente, fino al 93', hanno dovuto incassare le incursioni offensive dei padroni di casa, mai domi di fronte a un pubblico delle grandi occasioni.

Il Milan di Giampaolo è stato praticamente la fotocopia di quello visto a Udine: squadra lentissima, senza gioco, prevedibile, incapace di portare pericoli all'avversario, in grossa difficoltà a centrocampo, sulle fasce e sulle ripartenze avversarie. Se in Friuli c'era la scusante dell'esordio (ma anche l'Udinese era all'esordio!), contro l'Hellas non vale nemmeno quella. Anzi, c'è un'aggravante. Perché subire l'avversario fino all'ultimo secondo nonostante una superiorità numerica durata più di un'ora, è uno spettacolo a cui di rado si assiste nel calcio moderno. 

Paradossalmente, l'uomo in più sembra addirittura aver penalizzato più il Milan del Verona. I padroni di casa, partiti con un pressing altissimo e molto efficace, hanno arretrato il raggio di azione, ma hanno chiuso ogni spazio, tant'è che, oltre al gol (su rigore), le sole due occasioni sono giunte con tiri da fuori di Calabria (palo) e Calhanoglu. Prima e dopo, sbadigli tanti ed emozioni pochissime.   

A fine gara Giampaolo, intervistato dai giornalisti, ha detto che è normale "soffrire" giocando contro una squadra organizzata come il Verona. E sin qui potremmo pure essere d'accordo: l'Hellas farà soffrire molte avversarie oltre ai rossoneri, soprattutto in casa. Il problema è che il Milan non ha semplicemente sofferto nella "fatal Verona", ma è sembrato letteralmente terrorizzato di fronte a un avversario che ha lottato su ogni pallone e ha dimostrato una condizione atletica, nonché un'organizzazione tattica, nettamente migliori. Un terrore dell'avversario che già era emerso a Udine, dove era arrivata però la sconfitta.

Emblematica la gestione degli ultimi dieci minuti. In un mondo normale uno si sarebbe aspettato un Verona sfiancato dalla stanchezza e in balia del Milan, proteso a cercare di chiudere i conti. Macché. L'assedio dell'Hellas ha costretto i rossoneri a rinchiudersi nella sua metà del campo, ha prodotto l'espulsione di Calabria e, per una questione di centimetri, non ha condotto a un pareggio che sarebbe stato anche meritato. 

Gara dunque in cui c'è poco da salvare, soprattutto da centrocampo in avanti, dove l'unico a creare qualcosa è stato Calhanoglu, già decisivo col Brescia. Suso e Paquetà quasi impalpabili, per lunghi tratti completamente annullati dagli uomini di Juric. Biglia lento e prevedibile oltremisura. Kessie lontano da una condizione accettabile e molto pasticcione. Piatek che arriva alla sufficienza solo per la freddezza dimostrata in occasione del rigore, altrimenti sarebbe stata l'ennesima prestazione opaca. Difficile invece dare un giudizio su Rebic: molto volenteroso, ma anche confusionario. Probabilmente per colpe non sue, ma  per via della generale mancanza di organizzazione del Milan. 

Un deficit, questo, che rende i rossoneri più che sfavoriti in vista del derby contro la lanciatissima Inter di Conte, capolista a punteggio a pieno. Servirà, sabato prossimo, un capolavoro per colmare il gap dai nerazzurri.