Da quando ha eliminato, clamorosamente, e con merito, la Juve in Champions League, anche in Italia ci si è accorti del cosiddetto "modello Ajax". In cosa consista, si fa presto a dirlo. Più difficile è metterlo in pratica.

Il club di Amsterdam dà una straordinaria importanza al settore giovanile. Invece di pagare cifre faraoniche per calciatori formati da altre società sportive, gli olandesi preferiscono "costruire" i talenti in casa. Son ben consapevoli che non tutti i ragazzi, un domani, diventeranno dei professionisti; ma se questo avverrà per una buona parte dei giocatori allevati, gli investimenti saranno ampiamente ripagati, sia attraverso i risultati sportivi, sia attraverso le cessioni eccellenti. Bisogna, naturalmente, avere molta pazienza, saper cioè aspettare che i giovani maturino, con tutti i rischi che ciò comporta. In Italia si preferisce, invece, "l'usato sicuro". Sicuro si fa per dire, ovviamente. Perché spesso, di sicuro, ci sono solo le cifre sborsate per i cartellini, le commissioni agli agenti e gli stipendi.

A proposito di soldi: quelli che l'Ajax spende per retribuire i calciatori, fanno ridere se paragonati ai compensi che circolano in Serie A. 53 milioni di euro: a tanto equivale il monte ingaggi dei giocatori allenati da Erik Ten Hag. Cifra che corrisponde esattamente a un decimo di quella spesa ogni dal Barcellona di Messi e a un quinto di quella della Juve. Se fosse una squadra di Serie A, l'Ajax sarebbe solo al settimo posto per il monte ingaggi dei suoi calciatori, lontanissima non solo dai bianconeri, ma anche dal Milan, dall'Inter, dal Napoli, vicina invece a Torino e Atalanta.

Per gli olandesi, i bilanci in ordine sono una priorità assoluta: e non perché lo stabilisca il fair play finanziario, ma perché la sostenibilità economica del progetto è considerata elemento imprescindibile per dare ad esso continuità nel tempo. Negli ultimi anni l'Ajax ha fatto registrare utili d'esercizio di diversi milioni di euro e anche sul campo i risultati sono stati positivi, come testimoniato dallo splendido percorso in Champions League quest'anno. 

Tutto perfetto, dunque? Non proprio. L'Ajax non vince il campionato olandese dal 2014, la coppa nazionale dal 2010 e un trofeo internazionale dall'ormai lontano 1995, quando in finale di Champions sconfisse proprio il Milan di Maldini e Baresi (in campo c'erano anche i giovanissimi Seedorf, Davids, Kluivert, destinati a diventare tra i più forti al mondo nel giro di qualche stagione). Non solo: il rischio, molto concreto, è che a fine stagione lascino proprio i pezzi migliori dei lanceri. De Jong è già del Barcellona. E pure De Ligt e De Beek sono ambiti dai maggiori club europei, scatendo aste a partire dai 60 milioni di euro. 

Al momento, il modello del Milan è esattamente opposto a quello del club di Amsterdam. Il settore giovanile non dà risultati, come dimostra il pessimo campionato della Primavera. A livello economico, i bilanci sono da paura, con perdite annuali che si aggirano intorno ai 100 milioni di euro e destinate a essere pesanti anche nelle prossime stagioni. A livello sportivo, imprese come quelle dell'Ajax il Milan non le conosce da un pezzo. Una semifinale di Champions manca ormai dal 2007 (anno dell'ultimo trionfo). Lo scudetto più recente è quello del 2011.

Insomma, risultati deludenti sia sul campo, sia in termini economici, anche a causa di stipendi che nulla hanno a che fare col reale valore dei giocatori rossoneri. Forse il modello Ajax - che i campioni li crea in casa ma poi li cede - non è quello che più entusiasma i tifosi. Ma se paragonato al modello attuale del Milan, è oro colato. Ovviamente, non è che decidi da un giorno all'altro quale sistema adottare. Perché un conto è cercare di ispirarsi a qualcuno, un altro conto è riuscirci.

Una cosa è certa: l'attuale modello rossonero non è economicamente sostenibile. Sui risultati sportivi, meglio non aggiungere altro: la classifica della Serie A, nonché quella dei gironi di Europa League (col Milan sbattuto fuori dall'Olympiakos già a dicembre), sono piuttosto eloquenti.