Da "club più titolato al mondo" (espressione che tanto piaceva all'ex ad Adriano Galliani, specie quando le cose andavano male) a zimbello della Serie A. Questo è oggi il Milan. Una squadra completamente senza senso, messa male in campo, senza grinta, senza fisicità, senza personalità, senza corsa, senza quel gioco di cui tanto gli addetti ai lavori avevano parlato durante l'estate. 

E oggi la mancanza di gioco della squadra è diventata, paradossalmente, la scusa alla quale ancora si aggrappano i difensori d'ufficio di Giampaolo. "I giocatori devono capire bene cosa vuole il tecnico", "ci vuole tempo per assimilare gli schemi", "anche il Milan di Sacchi era partito male, poi tutti sanno com'è andata". 

Ma mettiamo da parte i paragoni improponibili con quella che è stata una delle squadre più forti della storia del calcio e torniamo alla desolante attualità. Quale sarebbe questo schema di gioco di Giampaolo così difficile da assimilare per chi scende in campo? In tre mesi di guida tecnica, nessuno sembra averlo capito, non soltanto i giocatori. La caratteristica principale dei rossoneri, specialità nella quale sono diventati imbattibili, è il passaggio all'indietro verso Donnarumma, oramai divenuto l'unico vero regista della squadra. Che la palla si trovi nell'area avversaria o vicina al corner, che si trovi in mezzo al campo o nei pressi della propria area, la cosa più probabile è il lancio verso Gigio: spettacolo allo stato puro. Specie quando il povero portiere rossonero è attorniamo da 2-3 avversari che rincorrono lui e i difensori, e non sa a chi darla per non rischiare. 

Ma il passaggio all'indietro per Donnarumma non è certo l'unico schema. Un'altra caratteristica dei rossoneri è quella di non tirare in porta. Contro l'Udinese sono riusciti a non farlo per l'intera partita: impresa epica. Che per poco non si è ripetuta anche contro il Verona in dieci, dove solo un gol su rigore ha permesso ai rossoneri di ottenere i 3 punti. Ma lo schema che non prevede conclusioni in porta si è quasi ripetuto alla perfezione nel derby, dove Handanovic avrebbe tranquillamente potuto passare i 90 minuti al bar e nessuno degli spettatori se ne sarebbero accorto, tanto meno gli attaccanti del Milan. 

Infine i calci d'angolo: alcune volte chi lo batte solleva la palla a stento di un metro, per la gioia immensa della difesa avversaria; altre volte ancora nemmeno quello: i rossoneri cincischiano sulla battuta, perdono palla, innescando contropiedi micidiali dell'altra squadra. In questo i giocatori del Milan - a dire il vero - sono insuperabili da ormai qualche anno. 

L'unica cosa che aveva funzionato, nelle prime tre partite, era stata la difesa: appena un gol subito, all'esordio, in una delle poche occasioni concesse. Così i rossoneri hanno deciso di cambiare marcia. Due reti prese nel derby, che avrebbero potuto essere il triplo senza i pali e gli interventi di Donnarumma. Altre due reti subite a Torino, nel giro di cinque minuti. E domenica, contro la Fiorentina, altri tre gol incassati, nonostante il rigore parato da Gigio, con Musacchio si è anche fatto espellere per un fallaccio a centrocampo di somma inutilità.

Un disastro clamoroso, che costringe a tornare al 1938 - l'epoca del nazismo, del fascismo, del franchismo, del comunismo sovietico (pensate un po' a quanto tempo è passato!) - per fare un paragone azzeccato. Era da quell'anno che i rossoneri non perdevano quattro delle prime sei gare di campionato. E, guardando il calendario che attende la squadra di Giampaolo, non è detto che non si possa battere il record negativo di quella lontana stagione.

Giampaolo, appunto. Come per tutti gli allenatori che le perdono tutte (tre sconfitte su tre in una settimana), l'ex tecnico della Sampdoria è in bilico. I tifosi hanno già emesso la sentenza: deve andarsene. La società temporeggia e per varie ragioni. La prima è che la cacciata di Giampaolo significherebbe sconfessare una scelta compiuta soltanto la scorsa primavera. La seconda è che non sarebbe facile convincere gli allenatori liberi a sedersi sulla panchina rossonera a stagione iniziata e compromessa. La terza ragione è economica: pagare un altro tecnico oltre a Giampaolo non farebbe che aumentare le già gravi perdite di bilancio, con tutto ciò che ne conseguirebbe a livello di fair play finanziario.

Il Milan insomma è ormai diventato lo zimbello della Serie A e nessuno, in società, ha la più pallida idea di come uscire da questa situazione. Miglior avversario, sabato, per il Genoa - altra squadra in crisi e con l'allenatore in forte discussione - non poteva esserci.