Ve lo ricordate cosa accadeva appena cinque mesi fa, con l'Europa in piena emergenza, alle prese con una pandemia incipiente che non si sapeva come affrontare? I campionati del vecchio continente venivano chiusi in fretta e furia e gli stipendi dei calciatori venivano drasticamente tagliati al termine di trattative nemmeno complicate. Tutti sembravano capire che col pallone fermo e le future difficoltà economiche, certe cifre erano insostenibili. Tutti, dalla Serie A alla Bundesliga, avevano accettato tagli di centinaia di migliaia, se non milioni di euro, a seconda del compenso percepito. Più o meno tutti prospettavano un'era di austerità, inevitabile per il crollo dell'economia mondiale.

Sono passati appena cinque mesi da quando avveniva tutto ciò. Nel frattempo il calcio, tra mille difficoltà, è riuscito a ripartire. Si sono conclusi i campionati nazionali e sono ricominciati quelli della nuova stagione. Nel mezzo, le finali di Europa e Champions League, rigorosamente a porte chiuse. E a porte chiuse si continua a giocare anche adesso, visto che mille spettatori al Meazza o al San Paolo, giusto per fare due esempi, sono un numero simbolico e nulla più. E così sarà anche nei prossimi mesi, come ha ribadito recentemente il Comitato Tecnico-Scientifico, che in questo momento ha ben più potere del ministro dello sport, e che ha detto seccamente di no al riempimento del 25% dei posti. Non se ne parla e non se ne parlerà probabilmente per tutto il 2020 e forse anche dopo.

Ora, lo sappiamo tutti: quelle dello stadio non sono la principale fonte di guadagno per le società di Serie A, ma rappresentano comunque una fetta importante delle entrate, valutabile intorno al 10-20%. Come riporta Calcio & Finanza, in testa alla speciale classifica di chi incassa di più tramite lo stadio c'è il Barcellona, con ben 159 milioni di euro messi a bilancio nel 2018-2019. Ben oltre i cento milioni di ricavi derivanti dello stadio anche per Real Madrid, Manchester United, PSG e Arsenal. La Juventus con 66 milioni di euro guida la classifica delle italiane, seguita da Inter (51 milioni) e Milan (34).
Si tratta, come evidente, di cifre importanti, già ridotte drasticamente durante la passata stagione e che in questa potrebbero praticamente azzerarsi. Come si fa a dire che i ricavi derivanti dagli stadi sono marginali, come qualcuno sostiene? Di assoluta sciocchezza si tratta.

A questo problema si aggiunge la crisi dell'economia mondiale, che sta danneggiando alcune delle aziende sponsor dei maggiori club e che potrebbe portare a un'ulteriore contrazione dei ricavi.
In mezzo a questo autentico disastro, ci si sarebbe aspettati una presa di coscienza netta da parte di dirigenti e presidenti e una riduzione di stipendi proporzionata a quella degli incassi. Macché, nulla di tutto ciò. Si continua come se la pandemia non fosse in corso, come se i casi di positività non aumentassero esponenzialmente (mettendo a rischio i campionati stessi), come se gli stadi dovessero essere riaperti fra un paio di settimane e come se la crisi economica fosse ormai alle spalle.

Già molti degli ultimi bilanci dei club di A sono in profondo rosso in tempi normali. In assenza di una politica di riduzione dei costi, a partire da quelli per gli stipendi, cioè i principali, i conti non potranno che fare segnare passivi ancora più pesanti, in alcuni casi catastrofici. Come si fa a fare finta di nulla o quasi? Sarebbe da chiedere a chi, nel calcio, si ostina a ignorare l'evidenza e preferisce vivere in una sorta di mondo parallelo.