Esattamente nella prima ora di lezione, della prima giornata del Corso di Coverciano per gli aspiranti allenatori, un tempo si insegnava agli iscritti come agevolare le manovre di attacco di una squadra ansiosa di segnare uno o più gol. Per allentare le maglie di qualunque difesa, sbriciolarne i presidi, ostacolarne i meccanismi protettivi e inibirne le pratiche cautelative, il sistema migliore cioè più facile ed efficace - si insegnava allora - è sbilanciarne in avanti gli effettivi, così da allargarne le maglie e complicarne il "lavoro", ampliando gli spazi nei quali infiltrare le punte.
In sintesi l'insegnante (di solito un vecchio allenatore) consigliava  agli apprendisti di togliere ai difensori avversari la tranquillità e la sicurezza di "piantonare" uno spazio chiuso, ristretto, angusto, esiguo, in cui singolarmente o tutti insieme i terzini, lo stopper ed il libero - che possiamo chiamare tutti "Backs" (cioé dietro e quindi "difensori) - potessero far valere non solo doti di qualità tecnica ed atletica (il piazzamento, l'anticipo, i riflessi pronti, l'elevazione nei colpi di testa etc.), ma pure espedienti ed accorgimenti più vicini all'astuzia e alla malizia, quali la ginocchiata sui flessori degli arti, la gomitata nello stomaco, l'affossamento con le braccia sulle spalle dell'avversario, la trattenuta che sembra un abbraccio e persino una sosta con il piede appoggiato su quello dell'attaccante.
Anche se oggi si è fatto ormai più difficile - con il quarto e il quinto uomo, ma soprattutto con il Var e con le telecamere televisive - trattenere l'attaccante, per "sbrillentare" un reparto difensivo e allargarne le maglie, non è stato ancora inventato niente di meglio che risucchiare in avanti i difensori in modo che sguarniscano l'area isolando il loro portiere.
Come? Uno dei sistemi classici (di ispirazione olandese...) è quello di arretrare lo schieramento offensivo portando gli "avanti" a giocare più indietro - lo fa molto bene Mancini con la Nazionale Italiana - e a scambiarsi rapidamente la palla con dai e vai, uno due, dribbling, infilate e imbucate in una difesa avversaria sbilanciata, sguarnita, impreparata, sorpresa.

E' intuitivo ovviamente - e a Coverciano non c'è mai stato bisogno di spiegarlo a nessuno dei giovani aspiranti allenatori - che la squadra che abbocca ad uno stratagemma così elementare e che lascia attirare i suoi difensori (specie se corpulenti, pesanti, statici, lenti nei movimenti come nei pensieri) come sprovveduti bambini ingenui con le caramelle fino a centrocampo è guidata da un allenatore sprovveduto e ignorante, oppure talmente presuntuoso da pensare che il fuoco non lo bruci, il martello non lo schiacci e l'autobus non lo investa.
Sono talmente scontate e banali queste intuitive riflessioni, che attengono più alla logica elementare che non alle strategie e alle tattiche del football professionistico, che forse non andrebbero riproposte e ripetute, se non fosse che appaiono puntualmente inevase e inapplicate in una delle squadre in assoluto più accreditate e competitive del Campionato italiano. Le squadre che affrontano l'Inter del Mister Conte non hanno infatti nessunissimo bisogno di attardarsi e sforzarsi di risucchiare avanti i tre difensori nerazzurri. Tutti e tre "altoni", "fustoni", "pesantoni" e pure "lentoni" - non proprio pachidermici bradipi, ma di certo non frecce e nemmeno gazzelle né fulmini di guerra - Skriniar, DeVrjii, Bastoni solitamente si piazzano infatti sulla linea di centrocampo allineandosi tutti e tre sulla stessissima riga e sostanzialmente abbandonando alla solitudine e a se stesso (a non meno di 40 metri di distanza) il portiere Handanovic fin dagli inizi delle partite. Di tutte le partite. Ed ovviamente, anche quando si rimette il pallone al centro dopo un gol. 

Non si capisce, francamente, perchè mai un ottimo e superpagato allenatore di fama e successo internazionali indulga in questa tattica così rischiosa che a buon diritto in molti tra i tifosi più attenti considerano dannosa, autolesionistica e addirittura nefasta e suicida, dopo averne riscontrato l'incidenza perniciosa in una buona metà dei troppi gol subiti dall'Inter in questi primi mesi della stagione agonistica, sia in Campionato che in Coppa. Il Borussia per esempio - tra la partita di Milano (Hoffman al minuto 83,56) e quella di ieri (Plea al minuto 74,50) - si è approfittato con cinica efficacia del consueto "sbilanciamento volontario" della difesa interista. Due passaggi filtranti in diagonale, con la difesa sbilanciata in avanti ed un attaccante veloce e abile a smarcarsi, son bastati a ridicolizzare l'indifesa squadra di Conte. "In difesa", per l'appunto, perché priva di una difesa valida, in quanto deliberatamente (non si capisce perché...) sbilanciata troppo avanti e colpevole di aver regalato in ambedue i casi un'invitante prateria deserta di quasi 40 metri totalmente sguarnita e disarmata davanti alla portineria dello sloveno. Difficile chiamar "errore di piazzamento" il movimento collettivo della difesa a tre che l'Inter ripete spessissimo - anche quattro, cinque, sei volte in una sola partita - evidentemente seguendo uno schema imposto dal tecnico. Ma è proprio su questo schema che una gran parte di tifosi - e certamente gli anziani didatti di Coverciano - hanno parecchio da ridire. Soprattutto in considerazione della scarsa velocità/agilità dei tre grossi e pesanti difensori nerazzurri, a che scopo metterli (intenzionalmente!) in imbarazzo in una smisurata piana desertica nella quale un qualsiasi attaccante veloce è capace di infilarsi e di concludere a rete in beata solitudine, senza neppure farsi venire il fiatone dopo la volata? In considerazione della grande efficacia della coppia d'attacco nerazzurra cosiddetta "Lula" - e cioé Lukaku con Lautaro - negli ampi spazi nei quali imporre le portentose progressioni del primo e le esplosive conclusioni del secondo dopo scambi rapidi o dribbling, ha un qualche scopo, o valore, restringere (intenzionalmente!) gli spazi disponibili della bellissima coppia di avanti interisti comprimendoli con un innaturale avanzamento demenziale dei compagni della difesa fino a metà campo? Le negative conseguenze di questo delirante snaturamento della difesa interista - dove nessuno dei tre è particolarmente veloce, rapido, agile e furbo - si vedono quando uno dei tre difensori "altoni & lentoni" si improvvisa regista, play maker e centrocampista d'ordine portando palla a metà campo senza saperlo fare. Senza cioé quel quoziente minimo di palleggio, di appoggio, di visione di gioco e di dribbling necessario a sottrarsi al pressing avversario. Brozovic, solo per dirne una, soffre anche e innanzitutto di quest'incongruenza tattica che stupidamente lo costringe - lui che viene pagato proprio per far il mediano d'ordine, il play maker, il regista - a sfiancarsi inseguendo alla disperata gli attaccanti avversari, che a metà campo hanno appena preso palla ad uno dei tre ippopotami della difesa interista, che si sente l'agilità di Roberto Bolle e gioca di fino in punta di piedi come se fosse uno Xavi, o un Modric, di 1 metro e 90 per cento chili di peso, con la stessa goffagine di un personaggio dei fumetti del tipo "Obelix" o "Shrek"...

Per tutti coloro che non tifano l'Inter e che - di conseguenza - non rischiano le coronarie, la tenuta del fegato, i livelli pressori, la coagulazione del sangue, allorquando dall'85° minuto in poi assistono a nervi tesi e ad occhi sbarrati alle velleitarie performances di tre difensori chiamati (non si capisce e non si sa bene perché mai) ad avanzare sconsideratamente fino alla metà campo, lasciando l'incolpevole Handanovic ai suoi più tristi destini, il deliberato "sbaraccamento" finale del reparto arretrato interista ha un qualcosa di comico, di ridicolo e di grottesco. Si sa di conventicole di tifosi milanisti, juventini, romanisti, che nella Capitale - allorquando vogliono divertirsi e ridere di gusto - si riuniscono a guardare in TV le esilaranti sequenze della difesa interista in Champions League.  
Il costante sbilanciamento tattico della difesa di Conte - che comicamente si allinea con tutti e tre i suoi colossi "lentoni" sulla linea del centrocampo esponendosi con ridicola puntualità alle infilate degli avversari pur modesti - assomiglia nei suoi ormai collaudati meccanismi di spettacolarità teatrale (il tormentone; il malinteso; la figura del distratto che non capisce mai; la macchietta di quello grande, grosso e fregnone; il damerino ingenuo; il sottinteso; il doppio senso; il gioco di equivoci continui; il dialogo dell'assurdo con domande e risposte non consequenziali: "Che ore sono? Piove") riproduce le esilaranti "gag" del teatro leggero di Oltreoceano. Nel cosiddetto "Vaudeville", infatti, gli schemi umoristici si ripetono esattamente come le "gaffes" della difesa interista e proprio come quelle, derivano dal paziente allenamento al quale i registi e gli sceneggiatori sottopongono gli attori, prima di salire sul palco, soprattutto riguardo ai "tempi di entrata in scena" ed a quelli della "battuta". Nell'umorismo popolare americano, di grana più grossa e di fibra più rozza, il successo e cioé le risate si basano sui tempi giusti. Ma anche perdere il tempo di una battuta fa ridere ed inciampare - come succede spesso nella sbilanciata difesa nerazzurra - ancora di più.  

E tuttavia, l'esilarante meccanismo scenico reiterativo del cosiddetto "tormentone" - la ridicola ripetizione continua di un comico modo di dire, di una ridanciana rima o allitterazione, di un atteggiamento grottesco o di una scena umoristica, di una battuta licenziosa o di un'imitazione faceta, del più censurabile atto fisiologico, del tutto insolito ed intollerabile soprattutto un certo qual ambiente - è la forma espressiva più caratteristica del vecchio "Vaudeville" popolare. E la macchietta più diffusa e più gradita - in questa formula teatrale fatta di poco e spesso di sconcezze e volgarità - è quella del "vecchio sporcaccione" anche detto "vecchiaccio impresentabile". In inglese è "old farting queer": termine che non vogliamo tradurre per amore di decenza. Sul palco dei teatrini popolari miseri e scalcagnati, il "Vecchiaccio sporcaccione" ne fa di tutti i colori: tocca il sedere alle signore ed offende il pastore della chiesa riformata, mette la dentiera nel bicchiere di whisky del sindaco e fa pipì nel sassofono della banda comunale.
Quel che fa ridere di più, ovviamente, è l'eccesso, cioé la caricatura mostruosa del normale, la dismisura grottesca, lo sbilanciamento estraniante, i tratti deformati, dilatati, squilibrati di una realtà lasciata nelle mani di un vecchiaccio che si diverte un mondo - ridendo sdentato e orinandosi addosso - ad offendere il prossimo con le sue trasgressioni. "On no - si fanno cadere le braccia disperati gli attori del "Vaudeville" nel prendere atto dell'ennesima follia del nonno squilibrato - il vecchio l'ha rifatto". Più o meno lo stesso pensiero è saltato in mente a molti tifosi dell'Inter, l'altra sera, quando hanno visto, sempre verso la fine della partita - quando ogni altra squadra con un allenatore normale, cioè di lucidità strategica più o meno simile a quella dei suoi colleghi, rinserra l'assetto difensivo, per chiudervisi dentro dopo aver alzato barriere anticarro e acceso sistemi di anti-intrusione - ha incassato intorno al minuto 74 e rotti una rete in contropiede in una partita in trasferta e addirittura giocata in Germania e proprio dove, 49 anni fa, ne aveva presi sette tutti insieme dai predecessori dei titolari attuali del Borussia Moenchengladbach. Al momento del gol di Plea, è sembrato di sentirli i tifosi dell'Inter, sconsolati e avviliti, ma ampiamente preparati alla scena dell'ennesimo gol subito in contropiede e con la difesa sbilanciata in avanti: "Oh no, il nostro allenatore l'ha rifatto...".