“SVIZZERO?”, chiede la bella alpinista nella pubblicità televisiva del cioccolato “Novi” al giovane scalatore che si rifocilla in alta montagna con una tavoletta di gianduia al cacao di pregio che diventa il tema galeotto di un approccio in alta quota che sembra un rimorchio. “NO”, dice l’ingenuo cocco di mamma e cuor contento, che non sa di essere stato puntato dall’emancipata rocciatrice e difende l’italianità dei suoi gusti in fatto di cioccolate. “DA” cioè “SI”, risponderebbe invece alla domanda il furbo Vladimir Petkovic, detto “Vlado”, il tecnico che allena la Nazionale elvetica dal 2014 benché sia diventato un cittadino svizzero nel 2000 senza rinunciare alle nazionalità bosniaca e croata, assunte dopo aver perso quella jugoslava a seguito di quella guerra interetnico. Alto un metro e 90, testa d’argento, magro come una penna biro, elegante in abiti scuri di taglio sartoriale italiano, Vlado si accinge a deludere i tifosi tricolori che – come la bella scalatrice della reclame televisiva – nutrissero dubbi sui suoi sentimenti nazionali. E’ svizzero. Detto “L’insegnante” – “Nastavnik” – per quanto studia il calcio e lo insegna con le più moderne tecnologie e un’ampia cineteca con partite di tutte le squadre e focus sui singoli calciatori - il tecnico della Nazionale Elvetica che affronterà l’Italia di Mancini all’Olimpico mercoledì 16 giugno per due anni ha allenato la Lazio. Pochi successi dal 2012 al 2013. Ma a Roma ha lasciato bei ricordi nella tifoseria degli Aquilotti che apprezzò i suoi modi gentili, l’elegante simpatia, il garbo, l'umorismo e - specie le tifose – gli occhi color blu mare. Quando gli amici giornalisti romani con i quali è in contatto – anche per aggiornare i dati sul calcio italiano - gli chiedono conferme della gelosia della moglie Liljana per le tifose laziali, più attente all’allenatore che alla Lazio, si schermisce come scandalizzato dal gossip. Aggrotta le ciglia e sgrana gli occhi, spiegando: <Io sono un buon marito cattolico> salvo però precisare, <ma anche un uomo normale…>. Quella della “normalità”, per Vlado nato croato nella bosniaca Sarajevo, è una religione ed una bandiera, uno stile ed una nevrosi. Alle squadre impone assetti tattici “normali”. E cioè fondati su soldi equilibri tra i reparti, le posizioni in campo, i ruoli e i caratteri umani. Tra i suoi giocatori c’è il “tipo estroso” (genio e sregolatezza), ma non due. Uno gioca? L’altro è in panchina. Ce n’è uno “tosto, cattivo, che intimidisce gli avversari con le maniere forti”? Sì, ma non due. E se uno gioca l’altro è in tribuna per evitare ammonizioni. Qualche limite di equilibro, la Svizzera – che a sorpresa ha fatto solo 1 a 1 col Galles dopo aver dominato l’esordio agli Europei - lo sconta in mediana per la sovrabbondanza di registi, play maker, volanti riflessivi, pensatori bassi. Dt di ltre nazionali non sono riusciti a trovare nemmeno un giocatore dotato di classe, intelligenza, visione di gioco, capacità di leggere la partita e prevederne gli sviluppi dettando accelerazioni o pause. Petkovic ha cinque validi “registi”. Pochi sono svizzeri, ma tra i Rossocrociati questo non conta: la Confederazione naturalizza giocatori stranieri di talento con la stessa frequenza con cui le banche assumono contabili e ragionieri validi da tutto il mondo. Il passaporto arriva dopo e, se ci sai fare davvero, viene quasi da solo 

Non è affatto detto che uno dei pochi centrocampisti di nascita svizzera come Remo Freuler – a Bergamo molto apprezzato nelle file dell'Atalanta per l’affidabilità nel ruolo di mediano faticatore dotato di ordine e razionalità nel filtro e nel tamponamento – mercoledì 16 ritrovi il posto in squadra contro gli Azzurri dopo la sua prova molto scialba con il Galles. Un posto di sicuro ce l’ha il capitano Granit Xhaka che ha origini albanesi, gioca nell’Arsenal, è richiesto dalla Roma di Mourinho come mediano di piede mancino e fisico massiccio, come un buon colpitore di testa, che sembra addirittura aiutato da un Gps nel piazzamento perfetto. I suoi sono “tackle” durissimi sugli avversari come precisi sono i suoi rilanci a lunga gittata e sempre ben studiata è la lentezza nei suoi movimenti brevi. Il regista londinese non spreca nulla e vanifica il pressing con appoggi e passaggi brevi come faceva l’interista Thiago Motta che ora Mou vorrebbe rivedere tra i piedi di questo litigioso albanese se vestirà in giallorosso. E' una cerniera di mediana che può mettere paura quella  che Xhaka nell'undici di Petkovic forma con Dennis Zakaria che a 24 anni fa il play basso nel Borussia Moenchengladbach. Centrocampista che abbina la corsa, la classe, il fisico, la  fantasia, l'intelligenza, la tenuta, questo colosso congolese con il corpo statuario “da Pogba” e lo sguardo alto (verso la porta altrui e le sue future fortune) alterna prestazioni da stopper – in contrasti ed anticipi è imbattibile! – a prove da centromediano di filtro e interdizione e galoppate offensive “coast to coast” ad illuminanti lanci lunghi da un’area all’altra. Ma gli vengono attribuiti i difetti di una scarsa personalità e di una insufficiente applicazione nelle partite in cui alterna alti e bassi. L’Indice Transfermarkt lo valuta addiritura 45 milioni! Ma al suo esordio si è visto pocino nella mezzora in cui ha giocato, con il Galles, al posto della mezzapunta Xerdan Shaquiri e il suo contributo è stato scarso. Ma Petkovic a Xhaka non rinuncia mai per principio, quindi Freuler e Zakaria se lo contenderanno tra loro il posto in squadra.

Poi, c’è chi sostiene - se n'è parlato anche sui giornali svizzeri che hanno criticato la loro squadra per l'insipido pareggio iniziale - che il Dt elvetico abbia voluto nascondere nella partita di esordio la “vera mezzapunta” (e cioé l’imprendibile freccia Ruben Vargas dell’Augsburg) e la "vera mezzala di cucitura e rifinitura" (il fantasioso Djibrill Sow, che gioca nell’Eintracht Francoforte) agli amici italiani, che lo aspettano ansiosi all’Olimpico con la solita domanda del cioccolato. “SVIZZERO?” Ovviamente “DA” – come dicono i popoli slavi – o “OUI” come precisano gl svizzeri francofoni negli stessi casi affermativi. Vlado è insieme svizzero e non svizzero. Linguisticamente è un qualcosa di più se parla il  Serbo-croato, il Bosniaco, il Francese, l'Inglese, lo Spagnolo, il Tedesco, l'Italiano, pure il Russo, "più un po’ di turco", spiega “Vlado”, quando gli chiedono quante lingue mastichi. Dopo il magro e noioso pareggio con il Galles, i giornali elvetici hanno molto criticato la multinazionale rossocrociata e soprattutto il suo imperscrutabile allenatore che non se n'è dato per inteso. Come usa fare quanto si sente contestato preferisce far finta di nulla. Non risponde ai giornalisti sportivi. Li saluta sorridendo e con risposte irridenti: "Ciao caro" o anche "Vediamo un po' come va, eh?" oppure "Chi lo sa". Ma sedici anni fa andò peggio. Molto peggio...

Di ritorno dalla Penisola Anatolica, con l’esonero umiliante da una squadra turca, nella quale non aveva saputo ambientarsi, Petkovic rivelò in seguito a un giornalista romano amico suo che il talento vero degli allenatori da quelle parti lì non sta nel vincere il maggior numero delle partite. "Quanto - sorrise – nel mettersi fisicamente in salvo già dopo la sconfitta iniziale>. Una battuta questa che misura il carattere scherzoso, l’ironia, il senso dell'umorismo del Dt che guida la Svizzera da sette anni e al volante di quella macchina ha ottenuto già successi e riconoscimenti, vittorie importanti (recente il 5-2 con il Belgio) e un seguito di qualificazioni alle fasi avanzate di campionati e tornei. Da tifosi italiani, dunque, leviamoci subito l’infondata llusione di sorprenderlo, prenderlo in giro, colpirlo in una zona imprevista e sguarnita del suo schieramento. E’ infatti più plausibile l’opposto. E cioè che il nostro Jorginho venga seguito "a uomo" per tutto il campo da una delle due punte svizzere  - uno cioé tra il piccolo, agile, furbo e malignetto Mario Gavranovic che sembra inizierà il match e il possente opportunista Haris Seferovic che potrebbe concluderla - con fastidiosi falli di ostruzione. E più verosimile che Spinazzola sia costantemente “raddoppiato” lungo l’out mancino dal laterale destro elvetico (più probabilmente l’ex udinese Silvan Widmer del congolese Kevin Mbabu scoppiato di fatica troppo prestro con il Galles), dalla veloce mezzapunta in fase di ripiego (si parla di Ruben Vargas dopo i troppi errori ed affanni di Xerdan Shaquiri con il Galles), dal saltuario allargamento a destra di uno dei tre centrali difensivi (il gladiatore zurighese di 1,90 Nico Elvedi del Borussia Moenchengladbach). E' più probabile che su Insigne Petkovic organizzi un “servizio d’ordine" a chiusura stagna e che vi arruoli il mediano destro (il colossale Dennis Zakaria più probabilmente di Freuler sospettabile di una benevola indifferenza per il collega del Campionato italiano), il “back” di centrodestra (il già citato Elvedi) più il centrale del reparto difensivo svizzero, cioè quel Manuel Akany del Borussia Dortmund (un nigeriano di 1,87 che ha il fisico di un platano, anzi di un baobab), che non si limitò a gesti e parole litigando con Romelu Lukaku in Inter Borussia e che per mercoledì è pronto – con i suoi compagni di linea Nico Elvedi e Fabien Schar (svizzero del Cantone San Gallo e roccioso titolare da 1,88 del Newcastle) a regalare ai nostri attaccanti una faticosa e ingrata “giornata da Akani…”.
Potrebbero essere proprio quelle sommariamente già descritte in queste righe le difficoltà che dovranno affrontare gli Azzurri in una partita molto più difficile di quanto non suggerisca l’indecifrabile esordio – sui giornali in Svizzera si è ipotizzato un trucco di Petkovic per nascondere la squadra agli italiani – tra rossocrociati e gallesi. La difesa di “Vlado” sarà stretta e bloccata, con cinque difensori uno ben attaccato all’altro e tutti “incernierati” – ci si perdoni il neologismo tanto brutto – ai mediani difensivi Zacharia e Xhaka. Sarebbero sette così gli uomini chiusi (anzi barricati o meglio trincerati) nelle retrovie svizzere. Fisicamente impossibile – di m. 1,87 è l’altezza media in difesa nella squadra svizzera) pensare anche e solo vagamente a uno dei nostri che riesca a saltare in area elevetica per colpire la palla di testa. Inutili quindi i cross dal fondo dei nostri. Lo stesso quinto sinistro di Petkovic – il lento, ma preciso ed ordinato ex milanista Ricardo Iván Rodríguez (zurighese di famiglia cilena) – non promette chissà quali spregiudicate discese offensive sulla fascia sinistra. Sarà anzi sollecitato dal tecnico a stringere la marcatura sul nostro Berardi con l’aiuto (e anche qualche calcione) di Xhaka e Schar. Ci si tolga dalla testa - per seguire, con almeno un minimo di cognizione di causa, il partitone di mercoledì prossimo - che tra i ragazzi di Petkovic alberghino sentimenti di fair play ed ideali pacifisti e neutralisti da crocerossine elvetiche. In tutti, viceversa, l'agonismo è massimo e la determinazione totale, mentre la convinzione è germanica, la forza africana, la "cattiveria" balcanica, la malizia latina e l'astuzia slava. La selezione di Petkovic sembra, effettivamente, una multinazionale e la pigmentazione epidermica dei calciatori è variegata come i maglioncini di Benetton. Sotto alla maglia dei Rossocrociati ce n'è davvero di tutti i colori del mondo.    

Di gran lunga il migliore dei "forward" elvetici è comunque Breel Embolo - un camerunense alto 1,85 titolare del Borussia Moenchengladbach che ricorda un pochino i movimenti ed il dinamismo del giovane Balotelli - che in questi Europei ha già segnato con una violenta testata in mischia ai gallesi. Velocità prepotente e travolgente in progressione - ama infatti partire da lontano con la palla al piede - e rabbiosa elevazione nei colpi di testa, Breel sarà l'osservato speciale dei difensori di Mancini. Punta di stazza e di movimento, ma non privo di intelligenza tattica, il ragazzo si posiziona dalle parti del più lento dei difensori avversari, che mercoledì potrebbe essere Acerbi e che farà bene a rifiutare gare di corsa. Ne potrebbe soffrire, infatti, le volate in contropiede. Ad Embolo – che non ha parenti tra i nani di Biancaneve e che minaccia seriamente il sistema cardiocircolatorio degli Azzurri – quasi certamente si affiancherà Haris Seferovic, che ha caratteristiche diverse e minore passione per la corsa, ma una statura uguale. Gigante da m.1,89, Seferovic preferisce caracollare un po' - sia detto senza offesa - come un rinoceronte che economizza le sue faticose sgroppate. Di origini bosniache e con un lontano e insignificante passaggio in carriera nella Fiorentina, Haris si avvale in Nazionale degli spazi che generosamente gli apre Embolo a spallate ed in quelle brecce si infila nell'area avversaria con astuzia, cinismo e opportunismo. Che spetti a Di Lorenzo, oppure a Bonucci o ad entrambi marcare questo pirata dell’area di rigore – che spinge finché la forza dei muscoli glielo consente e poi stramazza spesso a terra fingendo di essere stato colpito da un'altra delle fucilate di Lee Harvey Oswald a Dallas – tutti i ragazzi di Mancini sanno che non manca la furbizia alle punte di “Vlado”, che dapprima sgomitano come i mulini a vento e poi cadono urlando per il dolore di una operazione chirurgica. Se è tonto - oppure scandinavo - l’arbitro ci casca, la sceneggiata se la beve tutta fino in fondo e commosso fischia il rigore….
Siamo sicurissimi che non ci sia assolutamente niente di vero nello scherzoso "gossip calcistico" diffuso da un giornalista romano in pensione che – tra il serio ed il faceto, come una battuta umoristica – raccontò che una volta, a Formello, l’allora allenatore dei biancoazzurri romani Valdimir Petkovic si stupì molto e con gran fastidio che i suoi giocatori non sapessero cadere, in area di rigore, in un modo idoneo per commuovere l’arbitro. "Ma come fai tu a cadere in quel modo scoordinato? Sembri un fagiano colpito da un cacciatore per puro caso. Anzi un piccione ubriaco preso a sassate. Ma nessuno mai ti ha insegnato a cadere in terra come si conviene a un calciatore professionista?". Capita così la filosofia professionale con cui Petkovic detto “Vlado” o “Nastavnik” (insegnante, mentore, professore) si studia le partite in anticipo sulle date di svolgimento, si può cercare di capire come agirà, in campo, la “Sorpresa esplosiva” che il Dt di Sarajevo ha preparato a Mancini. Ufficialmente – secondo il costume mediterraneo – grandi sorrisoni, proclami di stima, tanti abbracci affettuosi. "Vlado" detesta gli scontri rusticani. Ha conosciuto in prima persona gli odi assassini della guerra civile e la crudeltà dei conflitti etnici. Dovunque alleni, ripete con accigliata convinzione che gli avversari non sono nemici, che il calcio è un bellissimo sport e che lui ha imparato tutto dagli allenatori avversari che "deruba" dei loro segreti e che pure per questo ringrazia e considera amici.   
E' tutta retorica? E' tutta commedia? No. Meglio dire che è tattica e la tattica - per Vladimir Pektovic - è qualcosa che somiglia alla filosofia, alla cultura, alla poesia, alla tradizione, al folklore, a un rituale. Con il suo carattere ossequioso, cerimonioso, diplomatico, “Vlado” potrebbe pure dedicare un poema a Roberto Mancini, in questi ultimi giorni di vigilia della partita, di cui si possono intuire i contenuti. "Mancio è il migliore tecnico del mondo - potrebbe esordire serissimo Petkovic in conferenza stampa - e oltre che il più bravo è anche il più intelligente e il più preparato. Personalmente io lo trovo  anche il più elegante, il più simpatico e di gran lunga il più bello. Se mercoledì 16 sapremo limitare a 5 o 6 gol il passivo con la squadra italiana che, oltre ai quattro mondiali meritava a mio avviso anche il quinto nel 1994, ne saremo lieti. Non cerchiamo il successo in questi Capionati Europei così magnificamente organizzati dai nostri carissimi amici italiani. A noi svizzeri basterà imparare da loro ancora qualche cosina in più e come allenatore elvetico io, da questa partita del 16, voglio soprattutto emozioni, divertimenti e applausi dal civilissimo pubblico romano....". Non è difficilissimo capire perché in Svizzera - così lontana dal Mare Adriatico e in genere dal Mediterraneo e dalle antiche costumanze di quei popoli rispettosi e fieri, insieme duri e furbi - un crocifisso in mano ed un coltello nell'altra - sia apprezzato sempre meno questo modo di fare apparentemente tanto dimesso e sottomesso del Dt della loro Selezione nazionale di calcio.

“SVIZZERO?”. Sì, Petkovic ha il passaporto elvetico. Ma ne ha pure uno croato e uno bosniaco. Forse, non è soltanto svizzero. E' cittadino elevetico. Ma la sua anima è mediterranea. E’ orgoglioso, fiero, permaloso. E invece, si mostra umile, accomodante e spiritoso. Non è affatto ipocrita, manierato, o falso. Ma furbo, astuto, cauto, sicuro di sé. Darebbe un braccio per vincere la sfida con l’Italia e poi telefonar agli amici di Roma (uno è Senad Lulic, una colonna portante della sua vecchia Lazio!) per festeggiare la vittoria nel suo buon italiano, più sciolto di quello accigliato e burbero di Sinisa Mihailovic. <Fortuna è stata, solo fortuna. Gli italiani hanno giocato molto meglio di noi…>. "Vlado" è fatto così. E' un maestro dell'understatement. Legge di tutto. Studia. Si informa. Archivia ed aggiorna i “data base” fitti di cifre e risultati. Verifica e misura tutto. Prefigura le soluzioni. Architetta nuovi stratagemmi. Inventa contromisure. Tende trappole, trucchi, tranelli pur di dare equilibrio a squadre senza muri, barricate, trincee, ma con portatori di palla ben istruiti alla lavagna sui loro doveri: <Quella lì è la tua zona e se ne esci devi averne il motivo>. Lo stesso cronista sportivo che a Roma ha visto tanti tanti allenamenti della Lazio - ai tempi di “Vlado” a Formello - si ricorda le ironie rivolte ai suoi "beccati" fuori zona. <Dove vai così avanti? Hai bevuto? Fumi droga?>. Pochi Dt al mondo sono più attenti di lui alle distanze e alle diagonali, ai raddoppi, agli allineamenti, alle sovrapposizioni, che segna sul tablet e poi mostra ai calciatori. <Vedi la linea rossa indica i tuoi movimenti in campo mentre quelle blu sono le linee di passaggio>.                                                                                     

Tornando al presumibile assetto della Svizzera con l’Italia nella partita dell’Olimpico di mercoledì 16, abbiamo volutamente lasciato per ultimo la denuncia della “Sorpresa esplosiva”, del “Boccone avvelenato”, della “Busta all’antrace” che il Dt di Sarajevo ha preparato agli <amici italiani>. Si tratta di un giocatore che lui ritiene capace di scombinare i piani di Mancini, gli equilibri degli Azzurri, le distanze tra i reparti, le linee di passaggio, gli schemi in base ai quali - nella "fase di non possesso" - tra i nostri l'uno subito si affretta a coprire l’altro se lo vede superato da un avversario. Tra gli svizzeri francofoni il termine "apriscatole" è tradotto “Ouvreboite”, in croato "Ovtarak limenki" e "Apreladas" in spagnolo. Ma il concetto è lo stesso e non cambia. Ebbene, Petkovic ritiene che lo scattante ala/interno ambidestro (1,73 per 68 kg) Ruben Vargas il babbo è dominicano, la mamma (signora Fabiana Della Giacoma) ticinese – possa riuscire fare l’apriscatole in campo contro gli Azzurri. Chi non segue il calcio tedesco sa ben poco di questa mezza punta dal dribbling molto stretto che - nell’Augusta (nella massima serie) - sprigiona brucianti accelerazioni nel “breve” e poi tira direttamente in porta da qualunque posizione. Si disilluda il tifoso italiano convinto e fiducioso che gli Svizzeri – un po' come i Turchi – a cospetto con la squadra del Mancio si chiuderanno tutti in trincea con nove fusti lentoni tutti asserragliati dietro la linea della palla ed il loro “cavallone” lasciato solo davanti con delega per il contropiede. Questa, però, non è “la seta preziosa di Pektovic”. Non è nemmeno la "musica afro" dei suoi colossi subsahariani e tantomeno la poetica creativa dei fantasiosi "latinos" in maglia rossocrociata. Quella stentata, rozza, approssimativa trama di passaggi elementari ed appoggi scontati è la “tela rabberciata di Gunes”. Non facciamo confusione. Non mescoliamo fango e cioccolato svizzero. “Vlado”, infatti, è colto, originale, fantasioso, geniale e studia la storia del calcio, con le marcature, le soluzioni vincenti, le tattiche innovative degli allenatori più affermati e famosi.

           Chi per superficialità o disinformazione in Italia confidasse nello scarso palleggio e nella limitata fantasia degli elvetici sbaglierebbe i illude. La selezione nella quale Petkovic ha saputo integrare gli slavi e i latini, i balcanici con gli africani con la stessissima  maglia rossocrociata addosso assicura al Dt di Sarajevo qualità, classe, genio e varietà di colpi. Se schierato subito dietro e in mezzo tra Embolo a destra e Seferovic a sinistra, il guizzante e imprendibile Ruben Vargas (forse nel secondo tempo al posto di Shaquiri con gli Azzurri già un po' stanchi…) promette parecchi disagi, imbarazzi, fastidi a Roberto Mancini. Come un “apriscatole” cercherà infatti di sfuggire ai difensori italiani ed ostacolare la lucida regia di Jorginho con falli e dispettucci, creando superiorità numerica svizzera nella metà campo, tagliando poi come latta la retroguardia azzurra. Sulla nostra destra Di Lorenzo non soffrirà il fisico dell’aggressivo Seferovic. Ma Ruben Vargas cercherà spazi e occasioni sull’intero arco d’attacco – e senza un avversario diretto veloce come lui che potrebbe essere Barella – mentre il galoppatore Embolo cercherà di intimidire Spinazzola e di aiutare i compagni nel raddoppiarlo per tenerlo il più lontano possibile dalla porta di Yann Sommer: il portiere di 32 anni che nella nutrita colonia elvetica del Borussia Moenchengladbach si è dimostrato il più svizzero di tutti. Come un contabile o un ragioniere di banca, il 32enne "goal keeper" di Petkovic sembra attenersi, infatti, ad una specie di ipotetico "mansionario" delle prestazioni professionali di un portiere professionista. Infatti, con il Borussia e con la Nazionale, para il parabile - tutti i tiri anche quelli più difficilmente parabili - e lascia passare l'imparabile alla stregua di un funzionario di dogana sorpreso dall'inattesa invasione armata dal paese vicino. "Al massimo io controllo i passaporti e verifico la quantità di alcolici e sigarette - sembra di sentirlo quando la sua porta è violata da una inusitata traiettoria che si infila all'incrocio dei suoi pali - ma non è mio compito d'ufficio mitragliare gli invasori stranieri. Non mi spetta e non mi compete, non è mica affar mio". Ecco, con un portiere così preciso e scrupoloso nel rispettare alla lettera il suo contratto di lavoro e il suo mansionario d'ufficio (intitolato "Qui miracoli non se ne fanno, rivolgetevi in parrocchia..."), i nostri attaccanti Immobile, Berardi e Insigne potrebbero trarre qualche vantaggio da tanta scrupolosa pignoleria elvetica. Certo nessuno addebiterà mai a Yann Sommer un gol subito da una portentosa conclusione a giro dello scugnizzo napoletano, un fendente in diagonale a botta sicura dell'avanti calabrese, la  "rasoiata" del nostro centravanti su disperata respinta di un difensore. Sommer non è affatto un portiere scarso. E' un portiere "normale" e  per questo piace a Vladimir Petkovic, che ne ha fatto uno stile dell'equilibrio, della normalità, dell'ordine mentale.   

Ma a prescindere dai meriti e dalle virtù del portiere svizzero si annucia tutt'altro che scontata per gli Azzurri la partita con la Selezione nazionale della Confederazione dei 26 Cantoni e dei calciatori con le più diverse origini nazionali ed etniche. Anzi, sarà molto difficile. “Nastavnik” la studia ormai da mesi prefigurando al computer situazioni e circostanze. Per le sue incursioni "alla garibaldina" teme Niccolò Barella, che si troverà davanti sulla sua stessa strada “la colonna Xhaka”. Ma il suo incubo è Lorenzo Insigne "il Magnifico". Lo aspettano in tre. Tutti e tre alti, grossi, pesanti ed aggressivi (Widmer, Zacharia, Elvedi), ma che dovranno guardare pure Immobile e Berardi, seppure con l’aiuto di altri quattro colossi vicini (Akany, Schar, Rodriguez, Xhaka), tutti e sette per fortuna "afflitti" - diciamo così - da una scarsa agilità. Da una mobilità limitata, in alcuni un po' laboriosa Se Petkovic punta su un “Apriscatole”, pur di lacerare gli assetti organizzativi della squadra italiana, Roberto Mancini si dice abbia spiegato agli Azzurri che mercoledì 16 li vuole vedere tutti trasformarsi in“grilli salterini”, per la scioltezza spigliata, la vispa agilità, l’elastica prontezza, che si aspetta da loro, specie in attacco. Inutile dare spallate a Polifemo e a Golia. Molto meglio moltiplicare rapidi “dai e vai”, imprendibili scambi brevi, veementi “uno due” e le “imbucate” imprevedibili. <Dai ragazzi, che mercoledì faremo venir loro un gran mal di testa con il nostro fraseggio rapido, scattante, fantasioso>. Il pronostico di Roma è difficile, ma i bambini sanno bene che non si va a caccia di grilli salterini portando da casa l’apriscatole perché così non li prenderai mai.