Nei malfamati bar di Caracas e nei malfrequentati localacci portuali di Surabaya, Singapore, Puerto Cabezas, i marinai ne parlano piano in preda ad una sorta di timore superstizioso o di sinistra inquietudine carica degli auspici peggiori. "Sinistra" è termine giusto, poiché sono passati quarant'anni da quando il "pirata" tedesco Andy Brehme solcava la fascia mancina della difesa dell'Inter, segnalandosi tra i migliori in Europa sul vascello incantato di Capitan Trap nel doppio ruolo di difendere la nave da quel lato e, sempre da sinistra, guidare gli arrembaggi ai vascelli altrui. Ma passati quattro decenni da quei gloriosi chiari di luna, nessuno dei numerosi e pur validi timonieri della nave interista - inclusi i bravi Cuper, Mancini, Spalletti, Conte, Benitez, Mourinho - è più riuscito a ritrovare negli uffici di collocamento della Filibusta lo specialista del ruolo dotato delle qualità con le quali il bucaniere germanico vinse il campionato italiano e i Mondiali. Tanti si sono cimentati nel ruolo “maledetto” e nella stessa posizione sul fianco sinistro del vascello. Avventurieri italiani (Pistone, Tramezzani, Milanese, Mezzano, Serena, Macellari, Pasquale, Favalli, Santon) e pirati stranieri (Maxwell, Brechet, Wome, Dodò, Asamoah, Georgatos, Nagatomo, Pereira, Gilberto, Silvestre) hanno – puntualmente, indistintamente, immancabilmente - fallito tutti la prova. Ovvio che alcuni abbiano deluso e sbagliato più di quelli che bene o male hanno remato con la ciurma, issato e ammainato vele come loro, mollato pappafichi e chiuso boccaporti come i compagni. Ma ce ne sono di quelli che non si possono neppure nominare perché ritenuti infausti. Solo con gli scongiuri a via della Libertà citano lo slovacco Vrastislav Gresko, al quale la tifoseria interista addebita il triste affondamento nel Tevere il 5 maggio 2002 a opera della Lazio, che allontanò la nave dall’approdo al titolo finito alla Juve. Pure campioni del mondo come il brasiliano Roberto Carlos e l'italiano Fabio Grosso, pur diversi perché alto e smilzo il secondo, tarchiato e tappo il primo, indossata la maglia nerazzurra non l'hanno onorata come potevano, né a lungo indossata. Un anno Fabio (3 gol in 35 presenze dal 2006 al 2007) e non di più Roberto (7 gol in 34 partite nel 1996). Difficile capire perché la "macumba del terzino sinistro" ha colpito specialisti di quel rango.

Il timoniere inglese Roy Hodgson - che per i sorrisi forzati, la flemma, i modi distinti sembrava appena uscito dall'Ammiragliato di Sua Maestà britannica - spiegò la bocciatura del paulista in una lingua appresa da Stanlio e Ollio riferendola alla bassa statura, alle attitudini difensive inadeguate, al carattere anarchico. Ma la speciosa teoria non convinse. Se lontano dai Navigli il terzino calvo trionfò nel Real Madrid e in Nazionale, non fu la statura a fregarlo a Milano. Il “Tabù” all’Inter brucia le migliori professionalità e le carriere dei terzini sinistri. Delude attese, azzera investimenti, licenzia allenatori, ridicolizza agenti. Sono stati colpiti marcatori a uomo di scarso palleggio (Silvestre, Pistone, Pedroni) e eleganti stilisti della zona (Chivu, Asamoah, Ansaldi), egregi palleggiatori (Maxwell, Telles, Laxalt), esuberanti cavalloni (Macellari, Pasquale, Santon), rozzi custodi della difesa (Favalli, Brechet, Mezzano), agili ballerini del “Futibol bailado” (Cesar, Gilberto, Dalbert), playboy concupiti dalle donne (Coco, Serena, Milanese), bruttoni temuti dalle ali (Erkin, Kolarov, Lombardi), teneri mi “pelouche” amati da mamme e piccini (Nagatomo). Da decenni all’Inter non c’è schema, formazione o tattica che non abbia condannato il terzino sinistro titolare e la sua riserva – anche a prescindere dalle qualità – al “Flop” insanabile. A occhio e su due piedi non vien in mente una sola eccezione di “left back” confermato per tre anni. Che fossero alti (Miangue), bassi (Young), esili (Dodò), fusti (Pereira), distratti (Juan Jesùs), grintosi (Domoraud), capelloni (Centofanti), calvi (Georgatos), canterani (Biraghi, Santon, Pasquale), presi all’estero (Gresko), intermediati (Wome), non uno solo si è mai salvato dal “Flop”. La norma, la regola, l’uso non scritto, ma cogente, resta saldamente vigente. Dopo Brehme, nessuno ha più soddisfatto tecnici, tifosi, critici. Pagato ingenti capitali, pochi spiccioli, esigue mancette, o pescato gratis nel vivaio, il terzino sinistro dell’Inter fallisce sempre e comunque. L’errore non sta più nella scelta, ma nell’illusione che essa possa non essere sbagliata…

  1. 2012 parve sprecata la spesa di 10 milioni di euro per il modesto uruguagio Alvaro Pereira, detto “Palito”, non perché colpisse i legni su punizione, ma per un dato anatomico visto dai compagni sotto la doccia. Nel 2017, su intuizione del manager Walter Sabatini, se ne spesero 20 di fisso più 6 di bonus per Dalbert Henrique che – prestato alla Viola poi al Rennes (Francia) – è ancora proprietà dell’Inter, ma senza avere mai fatto una sola bella partita di qua o di là delle Alpi. Nel 2016, il solito “tabù” portò a Milano il turco Caner Erkin, giunto a scadenza di contratto e pochi mesi dopo – senza esser mai sceso in campo – il tecnico Frank Deboer (che la stessa fine avrebbe fatto) lo rispedì in Turchia ispirando a un giornalista ironico una celebre battuta: <Giocava da Caner>. Mistero nel mistero, è del gennaio 2020 il “caso Spinazzola” - per Roberto Mancini miglior terzino sinistro italiano – che sfiorò la firma per l’Inter nello scambio alla pari con Politano e la Roma. All’improvviso il contratto fu stracciato per motivi oscuri. I giornali lo davano per fatto. Pare che la Juve avesse premuto su Conte e Marotta per avere il terzino più in là. Ma la “macumba” non chiede permesso e il “tabù” non telefona. Se così fosse, le proprietà interiste non avrebbero speso 12 miliardi di lire per Fabio Macellari, 14 miliardi per Mikael Silvestre, 5 milioni di euro per Jérémie Bréchet. Non si giudichi venale parlar di soldi. Fallì miseramente pure qualche scambio alla pari, senza passaggi finanziari né conguagli. Il più nefasto per l’Inter fu quello ordito per avere – in cambio del valido Seedorf – il terzino sinistro allora più di moda in tutti i sensi come Francesco Coco, che non si seppe mai se per sforzi agonistici, sintomi reumatici o eccessi amatorii si buscò il cronico mal di schiena che gli stroncò la carriera. Riferirsi al denaro non è segno di volgarità d’animo, ma un tentativo di oggettività poiché il mercato non dà cifre a caso, ma segue offerta e richiesta. Nel caso dei terzini sinistri del Biscione però la stima di mercato lascia il tempo che trova. I tifosi dubitano dei cartellini dei prezzi. Siano essi il focoso pampero Nicolas Tagliafico (valutato da 25 a 30 milioni), il valido italobrasiliano Emerson Palmieri (da 10 a 15), il travolgente carioca infortunato (da 28 a 33) Renan Lodi, l’agile olandese Owen Wijndal (sui 23), il cavallone ucraino del City Oleg Zinchenko (almeno 22, ma lo prestano…), il veloce uruguagio Federico Ricca del Bruges (12 milioni), l’aggressivo serbo Miroslav Bogosavac (circa 10) o invece “occasioni”, “bargain” e “saldi”, come Achraf Lazar (marocchino di 28 anni, già in Italia e riserva al Newcastle sui 4 milioni), Haitam Alesami (29 anni marocchino di passaporto norvegese, già in Italia ed ora al Rostov in Russia, circa 2), Miguel Layùn (messicano di 32 anni e passaporto spagnolo, anni in Spagna, ora al Monterrey, 1 milione circa) i prezzi alti non assicurano prestazioni buone. Anzi, i media sportivi sostengono l’opposto: il “left back” interista più caro fallisce prima, con disastri enfatizzati dalla stampa ostile e graditi agli avversari. Ora, i social favoleggiano del terzino sinistro di 15 anni alto 2 metri che in Ossezia – Kriszstof Pippowky fa 8’ netti sui 100 piani e in due campionati ha segnato 87 gol con il mento (!) - è trattato dall’Inter a 127 milioni e 13 di premi se smetterà di giocare a risiko in ritiro - e del laterale mancino australiano di etnia Arunta e di nome Lapallemmia Sciò, che si allena inseguendo i canguri nell’Outback desertico, mangia filetti di iguana, è imbattibile sui colpi di testa, tocca i 5 metri in elevazione saltando da fermo e, con rincorsa, si alza in cielo volando….

Scherzi a parte, il Mercato invernale non promette granché all’Inter nella ricerca - dopo decenni di errori e orrori - del terzino sinistro degno erede di Brehme e di Facchetti. Ai tecnici del passato va riconosciuto l’impegno prestato per sciogliere l’intricato “busillo”. Per i limiti di Chivu, Mourinho schierò il capitano Zanetti nel ruolo maledetto. Il sortilegio allora si attutì, ma quando Xavier diede addio al calcio agonistico, il “tabù” ritornò più virulento. L’ambizioso Conte ha tentato di colmare la lacuna spalmandoci il vicecapocannoniere dei Mondiali: il croato Ivan Perisic. Ma se d’inverno i riccastri snob mettono al cane il cappottino di visone e regalano al bambino il “Pathek Philippe” per la prima comunione, schierare terzino una punta di fama mondiale è parso esagerato pure sull’esagerata panchina di Conte, che ha rilevato il “Flop” di Ivan dopo quello di Ashley Young: il solo e unico giocatore al mondo capace di levare dalla porta avversaria la palla già infilata in gol da un compagno. Fosse per lui e Igor, “il Tabù del terzino sinistro” avrebbe già ucciso pure l’ultimo sogno del tifo per riempire decentemente quella maledetta “no man land”. Neppure il mister leccese ha saputo esorcizzare il sortilegio e chi se l’è cavata meglio, quest’anno, in tale cimento – l’ambidestro Darmian – si è subito dopo infortunato a probabile riscontro del magnetismo negativo che pesa sui prescelti. Con tali sinistre premesse sul mercato di gennaio l’Inter sfiderà ancora il “tabù”? L’acquisto del terzino sinistro – si è parlato di Emerson, di Gosens (Atalanta), di Tagliafico (Ajax) e Carlos Alonso (l’Atletico Madrid spinge per la riserva del Chelsea), più alcuni italiani (Biraghi forse ripreso dalla Viola, Pezzella del Parma, Bastoni del Savona) – nei progetti di Marotta la acquisizione di un laterale basso c’è ancora? Probabilmente, le vicende del riassetto azionario della Società hanno spostato le priorità. Ma intanto, dall’orizzonte si è materializzato uno scenario nuovo ed inaspettato. In pochi tra gli osservatori, gli appassionati ed i critici del calcio non hanno notato il “boom” paradossale ed inopinato dei giovani canterani neroazzurri – guarda che coincidenza soprattutto terzini sinistri – emersi nei primi cinque mesi del Campionato in club ai quali l’Inter li ha ceduti con accordi, obbligazioni contrattuali ed impegni diversi. Ad alcuni casi i media hanno rivolto curiosità polemiche, oppure ironiche attenzioni. “Come è possibile – si è letto - che nella sua annosa ricerca affannata di un valido terzino sinistro, l’Inter del grande allenatore e del superdirigente non ha mai fatto caso alla surreale circostanza di averne allevati ben cinque a casa e tutti e cinque inizialmente disponibili a costo zero, ma ormai mostruosamente valorizzati dalle loro buone prestazioni?”. Vediamo dunque di chi, precisamente, la stampa sportiva ha già parlato in questi toni – polemici verso i dirigenti interista ed irridenti con i tifosi - nei servizi sull’antico e mai esorcizzato tabù del “Left back” nerazzurro.

Il preciso e sensibile “piedino sinistro” di Federico Dimarco ( 23enne prestato al Verona e di proprietà Inter) ha stregato gli scout in pellegrinaggio al Bentegodi a guardare star e schemi della squadra scaligera. Seppur in costante allarme per le rincorse di Hakimi, il terzino di Juric nella partita con l’Inter se l’è cavata bene ed è stato tra i pochi veronesi pericolosi per l’Inter. Bassotto (meno dell’1,75 dichiarato) e simile nel fisico al titolare Ashley Young, Dimarco potrebbe ritornare all’Inter a gennaio in anticipo con un’intesa bilanciata dall’opzione opposta su Eddie Salcedo (interista in prestito a Verona). Ottimo il ritorno in Viola di Cristiano Biraghi (28 anni) - con il riscatto dall’Inter su cui il cauto Marotta e il tiepido Conte non hanno mosso un dito per riaverlo – di recente cresciuto e migliorato nell’uso più frequente del destro, in diagonali e anticipi, nel palleggio più fluido, nel dribbling più secco, in passaggi più precisi e meno affannati di un tempo. Cristiano (20 milioni il cartellino) non è un carioca e neppure il palleggiatore olandese o francese da 40 milioni. Ma sa far bene il terzino che difende con “tackle” ed anticipa meglio di quanto attacchi. I fondamentali ne fanno la sicurezza delle squadre ambiziose, come rivela l’attenzione alle sue partite di Roberto Mancini che lo chiama sempre in Nazionale e non si è stupito della sua ottima prestazione (due assist) e dei voti alti in pagella – da 6,5 a 7 sui grandi giornali – dopo la partita di Campionato a Torino con la Juve. Se a Firenze ribadissero il loro rimpianto di Vecino e il desiderio di un ariete come Pinamonti, non andrebbe escluso a priori il suo ritorno a Milano di Biraghi dopo i due o tre “andirvieni” passati. A Ferrara invece è emerso Marco Sala (21 anni, alto 1,82, stima 6 milioni) che non è più dell’Inter, ma il Sassuolo l’ha prestato alla Spal. Per la velocità della falcata, il dribbling secco, il palleggio più sciolto di quello dei terzini, la precisione dei cross rara nei ragazzi, è stimato dagli emiliani più del coetaneo Tripaldelli, venduto al Cagliari. L’età giovane, la qualità discontinua delle sue partite, la tendenza “a mettersi in proprio” sulla fascia con sprint caotici e a testa bassa screditano le ipotesi di un suo imminente riacquisto da parte dell’Inter, ma consolidano la giornalistica rappresentazione surreale di una società come l’Inter che ignora di essere un “terzinificio” e seguita a cercare costosi laterali mancini di alta qualità proprio mentre ne sta sfornando ben cinque da casa sua…

Contrattualmente già perso dalla società nerazzurra – che l’ha ceduto al Pescara a un soldo prima che fosse prestato dagli abruzzesi al Cagliari con una solida opzione di riscatto – Gabriele Zappa (21 anni, alto 1,87, nazionale U21) è tra le migliori speranze del Campionato. Perfettamente ambidestro – anche se Di Francesco lo vuole a destra – il ragazzo eccelle sia nella marcatura dell’attaccante grazie al fisico robusto che in sgroppate in avanti effettuate (potenzialmente sulle due fasce) toccando palla di destro e sinistro senza rinunciar al tiro (molti gol in Serie B). Difficile credere che nella sede dell’Inter a viale della Liberazione l’addio di Zappa risulta “normale”, “fisiologico”, “inevitabile”, in quanto il ragazzo è in costante miglioramento ed oggetto di imbarazzanti (per l’Inter) voci di mercato che lo vogliono seguito dalla Juve. Surreale è la storia personale (inizialmente triste) di Lorenzo Colombini (19 anni, alto 1,84, stimato 0,5 milioni), che l’anno scorso dalla titolarità della maglia di laterale sinistro della Primavera interista, scadute le carte, cade fuori dal progetto, fuori dall’undici, fuori dagli impianti. Possente galoppatore lungo l’out, Lorenzo ha vinto tanto e segnato molto tra i giovani. Per la falcata e il tiro forte ricorda Facchetti. Ma di lui poco importa al club nerazzurro che tifa e dove ha sempre giocato. Passa mesi tristi. Recrimina. Si dispera. Non si dà pace. Tutto finito? No. Si interessa a lui lo Spezia, che lo fa firmare, lo presta al Novara, lo segue e ora gioca. Gioca bene. Ma se per il modesto Dalbert l’Inter si impegnò per 28 milioni, come giudica e quanto valuta i suoi giovani? Possibile – con quel che l’Inter paga i vivai giovanili – che i “prodotti della casa” siano apprezzati solo da club diversi da quello nerazzurro? Possibile che a concretizzare il sogno interista di un buon terzino avanzato a sinistra non sarà un trentenne straniero miliardario, ma - più probabilmente - un ventenne italiano del Vivaio disposto a cucire sulla schiena della maglia la divertente scritta CENERENTOLA?


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