Oggi è il Day After.
Lo è in VXL, in Internet, nei social e sui giornali, lo è ovunque.
La Juve eliminata dall'Ajax è la notizia che tiene banco per la straordinarietà dell'evento che segna il fallimento di una stagione piena di aspettative, gonfiate a più non posso dall'arrivo di Cristiano Ronaldo nell'ultima sessione estiva. 

Tanto è stato detto, e tantissimo è stato scritto su questo argomento, ed io provo a condividere con gli altri membri della Community, che cosa vuol dire per un tifoso di una squadra che probabilmente non vedrà mai certi palcoscenici, vincere la Champions League.

E' il 4 Gennaio 1998, una Domenica come tante altre per la maggior parte della gente comune. Una data che ha scolpito nel mio cuore, un sentimento che ancora oggi rimane forte, indissolubile. Mio papà mi guarda e mi dice: "Vieni, andiamo allo Stadio". Lo Stadio di cui mio papà parlava non è San Siro, nè L'Olimpico di Roma, nè Il San Paolo di Napoli o il vecchio Delle Alpi di Torino, bensì un piccolo catino di circa 12000 posti, chiamato Giovanni Celeste. E' lo stadio di Messina e del Messina, che in quella giornata, nel Campionato di CND, affronta il Caltagirone. Il Messina era reduce da un fallimento, con ripartenza dai campionati dilettantistici, ma negli anni 80, aveva sfiorato la Serie A con i "Bastardi" di Scoglio, aveva lanciato calciatori del calibro di Schillaci, Napoli, Catalano. La mia reazione fu normale, quasi fredda, perchè non sapevo che cosa fosse il prato verde, che cosa significasse essere li a guardare dal vivo una partita di Calcio. Ero cresciuto con il mito del Milan di Sacchi e Capello, con la straordinaria Champions League del 1994, quando il Milan sconfisse il Barcelona di Cruijff.

Alle 14:00 di quella domenica, misi per la prima volta piede sui gradoni del "Celeste", e fu amore a prima vista.
I colori che sventolavano sulle bandiere, Rosso come il cuore, Giallo come il sole, i cori di una curva straordinaria che faceva tremare le gambe. Era CND, ma per me non c'era differenza.
Vedevo stadi pieni quando avevo la fortuna di guardare una partita in TV (all'epoca non esistevano né Sky né Telepiù né Stream), e vedevo il mio stadio pieno alla stessa maniera, anche se il livello dei calciatori in campo non era paragonabile. Vedevo la passione che trasudava quella gente, che aveva scelto di soffrire accanto ai colori della propria città, piuttosto che improvvisare caroselli per la vittoria di una squadra lontana migliaia di chilometri. 

Quella gara finì 10-0. La mia partita, invece, iniziò al triplice fischio del direttore di gara. Innamorato, felice, da quel momento non persi più occasione di tornare allo stadio. Non persi occasione di seguire la mia squadra. Fu un periodo fortunato, perchè quel Messina iniziò una scalata straordinaria. Al termine di quella stagione la promozione in C2 fu una grande gioia, minima, in confronto a quelle che ci aspettavano nel futuro prossimo. In soli 3 anni, a Giugno del 2001, quella squadra giallorossa confinata nelle serie minori, trovò la promozione in Serie B. In quei 3 anni, il legame con questi colori diventò viscerale, e l'ottenere il salto di categoria ai playoff, ai danni dei rivali di sempre del Catania, rafforzò questo legame, se possibile, ancora di più. 

La Serie B era un campionato ben diverso da quelli visti fino a quel momento. Solitamente eravamo abituati a vedere il Messina dominare, dovunque andasse, ed imporre il proprio gioco. In quella Serie B, però, erano presenti squadre di blasone: Genoa, Napoli, Palermo, Reggina, Sampdoria, Bari, solo per citarne alcune. Squadre abituate a giocare certe gare, squadre con comprovata esperienza della categoria. Furono due anni complicati, in cui il Messina riuscì a salvarsi non senza qualche patema d'animo. 

A me, andava benissimo così. Mi accontentavo di vedere la mia squadra lottare in un Campionato di livello, mi accontentavo di poter godere di giocate di calciatori straordinari. 

Il sogno, però, doveva ancora cominciare.
Il Campionato 2003-04 iniziò con l'acquisizione di alcuni calciatori di ottimo livello per la categoria, con qualche speranza di poter ottenere una salvezza più tranquilla rispetto al passato. Le prime gare di quella Serie B, però, ci fecero scontrare con la realtà. In 7 partite, solo 4 punti, l'esonero dell'allenatore Patania e l'arrivo di Bortolo Mutti, ci fecero ammainare i sogni di tranquillità, e ci misero di fronte all'evidenza che per competere a certi livelli, ci vuole ben più di un buon mercato.

Quello fu un vero e proprio crocevia per la storia del Calcio Messinese. In quella settimana, l'allora presidente Pietro Franza contattò Arturo di Napoli, da poco scaricato come una scarpa vecchia dal Palermo di Zamparini, che accettò la sfida, che, almeno a suo dire, poteva valere ben più di una salvezza tranquilla. Accettò una scommessa folle, che in pochi, anche tra i più ottimistici, avrebbero anche solo potuto surrurrare: In caso di promozione in Serie A, il Presidente si impegnava a regalare la propria Audi al neo calciatore giallorosso. 
Partì, da lì, un nuovo campionato.
Il Messina iniziò a giocare bene a calcio, iniziò a vincere e convincere, anche in campi ostici che raramente in Serie B venivano violati. A fine girone d'andata, la squadra dello stretto era a ridosso della zona promozione, allargata a 5 posti per via dei ricorsi operati dal Catania nell'ambito del ripescaggio prima negato e poi concesso ai danni del fallito Cosenza. 

Il girone di ritorno iniziò col botto. Quel Messina continuava a stupire tutti, e si avvicinava sempre più ad un obiettivo straordinario, ed allo stesso tempo insperato. Parallelamente ai risultati sportivi, nel frattempo, cresceva anche la necessità di concludere i lavori al nuovo stadio, in previsione di quello che avrebbe potuto essere un Campionato di Massima Serie. Il 5 Giugno del 2004, alle 20:30, si gioca la gara che potrebbe consegnare il Messina alla storia. Contro il Como, già retrocesso, bastano 3 punti per conquistare matematicamente la promozione con una giornata d'anticipo.
La città si scuote, tutto si colora di giallorosso e quella partita diventa parimenti ad una finale di Champions League, la NOSTRA CHAMPIONS LEAGUE. 

Inizia la gara, il Messina spinge e con Di Napoli si porta sul doppio vantaggio. La ripresa è una formalità. Parisi timbra la terza rete, e chiude la gara già al ventesimo della ripresa. Il resto della partita diventa una passerella, una festa per i tifosi presenti allo stadio, una festa per i tanti sportivi accalcati in Piazza Duomo a guardare la gara sul Maxischermo. In appena 6 anni, quella squadra che vidi per la prima volta nel Campionato Nazionale Dilettanti, stava per conquistare una promozione dallo straordinario valore sportivo e, sopratutto, sociale. 

Il triplice fischio non chiuse solo la gara, bensì chiuse un cerchio, un cerchio perfetto che nemmeno la mano di Giotto avrebbe saputo disegnare meglio. La fede calcistica di un ragazzino, si è trasformata nell'amore viscerale di un adolescente, verso le proprie origini. Il resto è ben noto anche ai più assidui frequentatori della Community. Il primo Campionato di Serie A, con uno straordinario settimo posto e affermazioni importanti contro squadre blasonate. Ad esempio il 4-3 all'esordio in casa contro la Roma, o la vittoria di San Siro ai danni del Milan pochi giorni dopo, o l'invasione giallorossa a Torino, dove in 10000 affollarono il settore ospiti per affrontare la Juventus in un'incredibile scontro per il vertice. I successivi campionati di sofferenza, con la retrocessione in Serie B, ed il successivo, nuovo, fallimento. 

Ecco, questa per me è la Champions League. Sarà anche quella dei poveri, quella delle piccole società o quella delle piccole città, ma vale più delle 7 Champions del Milan, o molto più dell'eliminazione della Juve. 

Vincenzo Tripodo