Prima di entrare nel vivo della questione, è doveroso fare due premesse.
La prima: ritengo Conte uno dei migliori allenatori al mondo, e sarei stato il primo a festeggiare un suo arrivo nella Capitale.
La seconda: so perfettamente che Conte sia stato preso per vincere, e Fonseca per provare a riportare la Roma al quarto posto. Parlano i soldi spesi dalle società per ingaggiare i due allenatori ed esaudire le loro richieste. La rosa dell'Inter è più che attrezzata per vincere lo scudetto, forse non ancora per lottare su due fronti. Quella della Roma è di caratura nettamente inferiore, e va già benissimo che occupi il terzo posto in classifica. 

Fatte le dovute distinzioni, tuttavia, ieri sera non ho potuto che provare un certa soddisfazione ad ascoltare le parole di Conte nell'infuocato post-partita di Dortmund. Non quelle che riguardano i rapporti, evidentemente tesi, tra l'allenatore leccese e la società, ma quelle sulle altre squadre che "hanno infortuni e nessuno se ne accorge". D'istinto, direi proprio che Conte stesse parlando innanzitutto della Roma. Ma se il tecnico dell'Inter ha assolutamente ragione quando parla dei tanti (troppi) infortuni occorsi ai giallorossi in questo avvio di stagione, dall'altra ha assolutamente torto quando dice che "nessuno se ne accorge". A Roma, caro Antonio, ce ne siamo accorti eccome. 

La differenza tra la situazione della Roma e quella dell'Inter, fatte le debite proporzioni, sta tutta nei comportamenti degli allenatori. Nel momento in cui la sua squadra viene meno fisicamente e mentalmente, scomparendo dal campo e facendosi ribaltare dal Borussia Dortmund, Conte si presenta davanti ai microfoni parlando di programmazione sbagliata, limiti della rosa e responsabilità della dirigenza. Aprendo un caso che rischia di mandare in frantumi quanto di buono fatto finora.
Al momento l'Inter è seconda in campionato, attaccata a una Juventus tutt'altro che imbattibile, e ha nelle sue mani la qualificazione in Champions League. Certo, è difficile, ma non tutto è perduto. Non per il suo allenatore, evidentemente, che a novembre già parla con toni apocalittici, dando quasi l'impressione di gettare la spugna perchè tanto di più non si può fare. 

Al contrario, Fonseca non si è mai permesso tutto questo. Nel momento di maggiore difficoltà, privato di pedine fondamentali per il suo gioco, Fonseca avrebbe potuto addossare tutte le responsabilità a una società già ampiamente criticata (spesso a ragione) dai romanisti stessi. Avrebbe potuto dire che di più non si poteva fare, che la rosa era quella e senza più centrocampisti avrebbe dovuto attingere dalla primavera. Invece ha tenuto un profilo basso e ha lavorato, inventandosi Mancini centrocampista e rivitalizzando Pastore, infondendo alla squadra una mentalità, se non vincente, quantomeno positiva. E la squadra ha risposto, sta rispondendo, in maniera egregia. Se fossi Fonseca, mi appunterei idealmente al petto le parole di Conte. Ne farei un vanto e uno scudo. Ma se abbiamo capito il portoghese, possiamo dirci sicuri che non lo farà. 

Poi magari non succederà niente, per carità. La Roma arriverà sesta e l'Inter vincerà lo scudetto, e queste parole se le porterà via il vento. Ma resteranno comunque la fotografia di un momento particolare per il calcio italiano. Quello in cui l'allenatore dell'anti-Juve designata si consegna alle avversità, mentre l'allenatore di una delle squadre più sbeffeggiate d'Italia si dimostra più all'altezza di quanto molti non si augurassero. Mentre, più a Sud, ce n'è un altro, seduto chissà per quanto ancora sulla panchina dell'altra anti-Juve, che in una settimana ha preso una lezione di calcio dal suddetto e perso lo spogliatoio.
A parti invertite, non oso immaginare cosa si potesse dire.

Meglio forse che né Conte né Ancelotti siedano mai sulla panchina della Roma. Non perché non li vogliamo, anzi. Magari 'ce cascassero', come si dice da queste parti. Ma perchè a Roma, dove tutto è esagerato, amplificato, drammatizzato, non possiamo permetterci il lusso di strapagare incendiari o pompieri senza estintore.
Siamo rimasti scottati troppe volte.