Il derby è una partita a sé”. “Il derby non è una gara come le altre”.

Quante volte abbiamo sentito pronunciare queste frasi nel corso delle tante vigilie che da sempre precedono stracittadine in cui, l’aspetto sportivo, è solo una parte dello spettacolo. Una città, due squadre, due tifoserie diverse in tutto e divise da fedi che, a volte, vanno al di là della semplice passione calcistica, travalicano il confine del pallone per abbracciare quelle politiche o religiose. Una gara che può valere una stagione: vincerla significa conquistare simbolicamente il dominio della città, il che consente di schernire i “cugini” fino alla prossima sfida. Ragion per cui, quel giorno, ciò che è stato e ciò che sarà non conta, tutta sfuma, assume contorni sbiaditi e poco importa se fino a quel momento la stagione è stata negativa o positiva per gli uni o per gli altri. L’importante è avere la meglio sugli eterni rivali. Questo e tanto altro è Rangers-Celtic, il cosiddetto Old Firm, ovvero il “vecchio affare”, così definito dal momento in cui le due squadre di Glasgow si sono spartite 104 dei 122 campionati disputati, come se la Scottish Premiership fosse un affare solo tra loro. Il derby scozzese è senza dubbio tra le stracittadine più affascinanti, calorose e passionali del mondo, densa di significati che, per apprenderli appieno, è necessario fare un salto indietro nella storia, esattamente nel 1541…

L’ORIGINE DELLA RIVALITÀ

Nel 1541 Enrico VIII – il Tudor che fondò una chiesa tutta propria per divorziare dalla moglie Caterina d’Aragona in modo da prendere in sposa Anna Bolena – si autoproclamò Re d’Irlanda. L’Inghilterra aveva a quel tempo definitivamente conquistato l’isola ma i cittadini malvolentieri accettavano la conversione dal cattolicesimo all’anglicanesimo, come la corona inglese pretendeva. Per sedare le rivolte irlandesi, furono inviati numerosi coloni britannici, la maggior parte dei quali scozzesi. Ciò però non fu sufficiente a calmare gli animi, tant’è che per contrastare le tante insurrezioni, l’Inghilterra nel 1801 inglobò l’Irlanda nel Regno Unito. A metà del XIX secolo, l’isola fu colpita dalla grande carestia, causa di oltre un milione di morti e di una forte immigrazione. Tanti furono gli irlandesi che raggiunsero la Gran Bretagna, in particolare la Scozia (da dove provenivano un tempo molti coloni) e la città di Glasgow.

LA NASCITA DEI CLUB

Fu proprio a Glasgow che, nell’East End, un cattolico irlandese fondò il Celtic nel 1887. Il suo nome era Andrew Kerins, la cui intenzione era quella di dar vita a una squadra che desse sostegno alla comunità cattolica di origini irlandese, la maggior parte della quale viveva in condizioni di forte indigenza. Il progetto era quello di raccogliere attraverso il club fondi da destinare ai bambini poveri. Ma il Celtic non era l’unica squadra della città: nel 1867 fu fondato il Queen’s Park FC, mentre 15 anni prima, nel West End, i fratelli Moses e Peter McNeil fondarono il Rangers Football Club.

Già da questa digressione storica è possibile cogliere i motivi di tanta differenza e rivalità tra i due club scozzesi: da un lato i Celts, politicamente indipendentisti e repubblicani, religiosamente cattolici e di origine irlandese, tant’è che il quadrifoglio presente nello stemma societario è un chiaro riferimento al legame con l’Eire; dall’altro i Gers, di fede britannica, unionista, protestante e con simpatie nei confronti dell’Irlanda del Nord. Senza tralasciare le differenze sociali: i tifosi del Celtic sono tradizionalmente espressione del proletariato vivente nelle zone più disagiate della città, mentre i tifosi dei Rangers sono in genere i borghesi appartenenti alla Glasgow perbene che, grazie alla protezione della Chiesa protestante, hanno avuto a disposizione basi economiche più floride.

Dunque “o con noi o contro di noi”: non esiste una scelta differente. E la cosa riguarda persino gli stessi calciatori. È impensabile infatti che una volta vestita la maglia del Celtic si possa indossare quella dei Rangers, e viceversa. Dal 1946 a oggi, solo in 4 hanno militato in entrambi i club. Uno di questi era Mo Johnston.

1989: i Rangers acquistano dal Nantes Maurice John Giblin Johnston, per tutti “Mo”. Fin qui nulla di male, senonché dal 1984 al 1987 il “cattolico Mo” aveva già giocato sull’altra sponda. Apriti cielo! Per i tifosi del Celtic era diventato un traditore. Queste furono le parole di Billy McNeill, l’allora allenatore dei biancoverdi: “Non lo posso perdonare e credo che nemmeno i fans lo faranno mai perché ha mancato di rispetto a tutti a noi e alla nostra causa”. Più accesa fu la reazione dei sostenitori dei Blues: sui cancelli dell’Ibrox Stadium (la casa dei Gers) furono date alle fiamme le sciarpe dei Rangers e furono stracciati gli abbonamenti, in quanto il club aveva tradito la regola (non scritta) per la quale non si dovevano tesserare giocatori cattolici. Johnston fu costretto ad assumere tre guardie del corpo, stessa sorte per la moglie e i suoi 4 figli.

Da tutto questo è possibile intuire il perché Celtic-Rangers non è un semplice derby. Anche sul piano sportivo i tifosi cercano di rimarcare le loro differenze. Se entrambi i club sono riusciti a vincere il titolo di Scozia per nove anni di fila, il Celtic è l’unica formazione scozzese ad aver vinto la Coppa dei Campioni (1967), ad aver vinto più Scottish Cup (38) e a non essere mai retrocessa. Cosa successa invece ai Rangers a causa del fallimento societario nel 2012: i Blues ripartirono dalla Scottish League Two (quarta serie scozzese) per fare ritorno in Scottish Premier League nel 2016. I Gers possono tuttavia contare anch’essi su una vittoria europea (la Coppa delle Coppe nel 1972) ma soprattutto sul record di campionati vinti (54 contro i 50 dei Celts), di Scottish League Cup conquistate (27) e di successi nell’Old Firm (161). Ieri, a ora di pranzo, è andato in scena l’ennesimo atto di una storia infinita: hanno trionfato i Rangers per 2-0.