Il calciomercato nella sua finestra invernale si è chiuso una settimana fa, ma l’ampiezza della riflessione su quanto fatto dal Napoli in questo gennaio - e in prospettiva futura - e il tempo per poter osservare i nuovi innesti nella rosa allenata da Gennaro Gattuso, ha reso necessario prendere il giusto tempo prima di poter esprimere dei giudizi. Perché se c’è una cosa poco piacevole dell’essere giornalista (categoria alla quale da pochi mesi appartengo) è il giudizio immediato, che corre il rischio di essere poco ragionato, in quanto figlio della necessità di arrivare prima degli altri nel dire la propria e che spesso si basa su fatti e situazioni che nel calcio difficilmente sono statici. In sintesi, quello che dico oggi e quello che dirò domani possono contraddirsi, dal momento in cui le cose nel mondo del pallone possono velocemente cambiare. E a rimetterci è la coerenza.  

La principale colpa mossa alla società azzurra nella persona di Aurelio De Laurentiis, appena si è manifestata la crisi che da ottobre ha investito il Napoli, è stata quella di non aver intuito la necessità di rifondare la squadra quando l’addio di Maurizio Sarri ha sancito la fine di un ciclo, conclusosi sì senza vittorie ma che ha tuttavia usurato nella mente i giocatori azzurri. Ricominciare daccapo, con un nuovo tecnico, nuove idee e nuovi metodi di lavoro per qualcuno può non essere stato stimolante. Vero è che un imprenditore deve saper prevedere in anticipo cosa potrà accadere, ma l’accusa mossa al club partenopeo non trova piena condivisione dal momento in cui nel corso della gestione Ancelotti prima sono stati ceduti Reina e Jorginho, successivamente Hamsik, infine Albiol. A questi va aggiunto Ghoulam, da ritenere ormai un ex pur essendo ancora parte della rosa ora allenata da Gattuso. Cinque giocatori – dunque mezza squadra – tutti pilastri del sarrismo. Ai menzionati si aggiungeranno probabilmente altre due colonne della squadra che fu dell’attuale allenatore della Juventus: quel Mertens e quel Callejon destinati a quanto pare a non rinnovare il loro contratto con il Napoli. Una rivoluzione lenta, non di massa come quella che con il senno di poi avrebbero voluto tutti tra tifosi, giornalisti e opinionisti. Senno di poi che rende facile ogni giudizio a posteriori.

Immaginate se, dopo l’addio di Sarri e le cessioni di Reina e Jorginho, ADL in nome della rivoluzione, oggi resasi necessaria col senno di poi, avesse ceduto i vari Koulibaly, Allan, Mertens e Callejon. Probabilmente non avrebbe avuto più modo di uscire di casa. Da capire invece il suo tentativo di mantenere i pezzi pregiati -sacrificandone qualcuno per ragioni di cui dopo vedremo – consegnandoli con l’aggiunta di qualche rinforzo alla gestione di Carlo Ancelotti, con l'obiettivo di restare ai vertici del calcio italiano e provare a infastidire Juventus e ora anche l’Inter.

È semplicemente andata male: ora la rivoluzione si sta rendendo necessaria non solo per motivi tecnici ma soprattutto economici: l’eventuale mancato accesso al denaro proveniente dalla qualificazione alla prossima Champions, i soldi spesi tra giugno e gennaio e il monte ingaggi che diventa sempre più di difficile sostenibilità, fanno supporre l’addio di big come Koulibaly, Fabiàn, Callejon e Mertens, e forse Allan. Senza dimenticare il famoso ammutinamento – che potrebbe portare alla cessione di alcuni dei fautori – e l’arrivo delle multe che potrebbe spingere qualcuno a cambiare aria. Fare cassa, ridurre il monte stipendi e provare ad aprire un nuovo ciclo.

IL MERCATO SECONDO IL NAPOLI – Gli arrivi immediati di Demme, Lobotka e Politano hanno risposto alle esigenze di un tecnico che nell’utilizzo del suo 4-3-3 necessitava di un vertice basso davanti la difesa e di un vice Callejon, viste anche le difficoltà di Lozano nell’esprimersi finora nella sua avventura napoletana. Sul mercato il club di De Laurentiis ha sempre operato in un unico senso: ricerca di giocatori giovani, di qualità, dotati di quelle capacità che diano loro modo di potersi consacrare in maglia azzurra. Diversi sono stati i talenti scovati poi divenuti giocatori di livello internazionale che hanno fatto le fortune sportive ed economiche del Napoli.
Mentre crescevano e si affermavano all’ombra del Vesuvio infatti, il Napoli riusciva a competere per le prime posizioni del campionato italiano, ben figurando anche negli impegni europei. Questo grazie anche alla capacità di una società di affidarsi ad allenatori che crescendo e affermandosi insieme ai propri giocatori hanno saputo da loro tirar fuori il meglio accrescendone il valore. Finché è stato possibile trattenerli sono rimasti; al contrario, sono stati ceduti non avendo la forza economica dei club in cui hanno proseguito la propria carriera: Lavezzi, Cavani, Higuain, Jorginho ne sono gli esempi e dalle loro cessioni è stato possibile ricavare risorse da reinvestire in altri giocatori, seguendo possibilmente sempre la filosofia della linea verde senza però diminuire la competitività dalla rosa, rendendola sempre più ampia.

Ceduto Cavani sono arrivati Higuain, Mertens, Callejon (allora tutti 26enni), ma anche Ghoulam (23enne) e Duvan Zapata (22enne). Ceduto Higuain sono arrivati Rog (21 anni), Zielinski (22), Milik (22) e Diawara (19). E così via. È stato così anche dopo Sarri: sono arrivati infatti i giovani Meret (21 anni) e Fabiàn (22) la scorsa stagione, i giovani Elmas (20) e Lozano (24) quest’anno. Gli stessi Politano, Lobotka, Petagna e Rrahmani – questi ultimi arriveranno a giugno – non superano i 26 anni d’età. Inoltre vicini sono stati gli arrivi di Amrabat e Kubulla, rispettivamente 23 e 20 anni.
È chiaro che il consolidamento ai vertici del calcio italiano e la presenza fissa in Champions ha dato la possibilità al club di De Laurentiis di poter a volte derogare alla propria politica societaria in tema di mercato: i 45 milioni spesi per Lozano e il tentativo di portare in azzurro Icardi questa estate ne sono un esempio. Ma anche in questo caso va considerata la carta d’identità sia del messicano che dell’argentino che spiega lo sforzo economico che il presidente partenopeo ha fatto o era disposto a compiere: la loro ancora giovane li rende possibili fonti di plusvalenze, come è stato nel caso di Cavani, Higuain e Jorginho. Allo stesso modo è evidente che l'eventuale mancato approdo alla prossima Champions non consentirà l'accostamento di grandi nomi alla piazza napoletana nel prossimo mercato estivo.     

RIVOLUZIONE O RIDIMENSIONAMENTO? - Il problema ora è capire se con gli eventuali addii di pezzi da 90 come Koulibaly, Fabiàn, Mertens e Callejon per i motivi di cui sopra, il Napoli possa continuare, a partire dalla prossima stagione, a confermarsi ai vertici della Serie A. Già nelle ultime gare per motivi di infortunio Gattuso ha dovuto fare a meno del senegalese, del belga, dello spagnolo e di Allan, come se si preparasse a farne a meno. La sensazione predominante è che ce ne voglia di tempo prima di poter pensare di tornare a competere per lo scudetto come due anni fa e come si sperava si potesse fare con Ancelotti. Negli anni passati, in particolar modo con Mazzarri e Sarri, la crescita dei giovani poi divenuti giocatori di livello insieme alla crescita stessa dei tecnici ha fatto sì che si creasse una squadra quantomeno capace di lottare tra le prime posizioni e di conseguenza avere un posto fisso nell’Europa che conta.  
La speranza è che Gattuso riesca con quelli che rimarranno, quelli che sono appena arrivati e quelli che arriveranno a ricalcare le orme dei suoi predecessori, gareggiando almeno per la parte alta della classifica. La speranza è che la rivoluzione non si trasformi in involuzione.