I CONTI CON L'OSTE

e parole in libertà per chi ha tempo da perdere

“calatino-a-interland, tornato a scrivere dopo una lunga assenza che durava da luglio...” (cit. Redazione CM)

Un'occasione un po' per “discolparmi” (o anche per spiegare), queste riflessioni libere da schemi (un altro cazzeggio, insomma!!!)

 

I CONTI, L'OSTE, IO, DE LAURENTIIS...

Beh, sì, i conti di cui parlo non sono quelli che fanno incazzare Salvini come una bestia: l'uno, Giuseppe, a capo del governo, l'altro, Antonio, in testa al campionato, ma quelli semplicissimi che si fanno in fretta, pensando di avere capito i banali meccanismi di calcolo di una somma frettolosa e che, senza l'oste a controllarti, sono sempre molto accattivanti ai tuoi occhi. Quasi benevoli.

Tu che pensi di darti al bel tempo, nella città che ti a dato i natali, e tra passeggiate tra i carruggi, a riscoprire un tempo che non c'è più e incontrare assenze, che si presentano puntuali agli appuntamenti, e prelibatezze per gratificare il palato e stimolare la memoria, pensi di dedicare parte del tuo beato tempo a scrivere ”cazzeggi siciliani” e cercare di abbindolare i redattori di calciomercato.com, spacciandoli per articoli e, possibilmente, facendoli pubblicare e esponendoli a quei lettori meno smaliziati, da inciamparvi e non sfuggirli, che proveranno a leggerli.

Nei miei conti, anticipati senza l'oste, quegli articoli dovevano essere numerosi (ok, va bene, 5 o 6 o poco più) e impregnati di calore solare isolano, di profumi di cibo, di fiori e di frutti, magari scritti su una panchina del parco cittadino, mentre il lieve profumo della terra appena bagnata dagli irroratori automatici, e dagli inservienti addetti a quella bisogna, che preferisco, ti stimola l'olfatto, in tenzone difficile con l'aroma del caffè Brasilrecca, che riesco a bere solo qui. Non sono un caffeinomane ma uno che beve volentieri un buon caffè, se trova un bar che gli permetta di farlo senza l'esigenza di aggiungere zucchero o latte, per renderlo bevibile o sopportabile.

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Probabilmente, anche i conti fatti dal buon De Laurentiis sono stati eseguiti senza chiedere parere all'oste, e ignorando quello di Carletto Ancelotti, navigato in rapporti umani con gli addetti alla pedata di un certo livello, e rendendo franoso tutto un terreno conquistato, valorosamente, metro dopo metro, dalla C alla A e fino ai quasi fasti dell'ultimo Sarri, maltrattato incomprensibilmente, forse perché gli oscurava il trono o gli impallava le foto della notorietà. Intendiamoci, valore che gli riconosco. Proprio per questo non capisco il suo uccidere la propria creatura per una follia da padrone delle ferriere. Per troppo amore non si uccide. Anzi, no: per troppo amore per se stessi si arriva a uccidere, salvo poi dichiararsi perdutamente innamorato della vittima.

Brutta cosa da fare, a campionato appena iniziato, quel ritiro, e con tutto ancora da giocarsi, pur nelle incertezze palesate e nel bel gioco perduto. Chi troppo vuole nulla stringe? Può essere.

Chi troppo vuole parla di scudetto senza aver visto ancora la squadra mostrare gioco vero in campo. Chi nulla stringe manda in ritiro i giocatori, additati come soli e solitari colpevoli, contro il parere dell'allenatore, imprigionato lui pure, esponendoli alla malevolenza del tifo. 

Chi è causa del suo mal pianga se stesso? Vi sfido ad immaginare il valoroso Aurelio inciampare nel suo buon senso e fermarsi a riflettere su qual è il bene della squadra... Io me lo auguro, per il campionato, e non ci riesco.

Adesso anche la coesione tra Ancelotti e la squadra sembra incrinarsi e il tecnico, come mai prima, a mia memoria (si fa per dire, per darsi un po' d'importanza poggiata sul nulla), ha deciso per la linea dura. Tutti divisi alla meta. 

 

IL RITORNO DELL'OSTE E LA CLESSIDRA...

L'uomo che mi sta di fronte, alla vigilia del mio compleanno, è un medico ed è bravo.

Mi dice che bisogna fare in fretta altri accertamenti, perché quella macchia nell'ecografia è preoccupante. Ci accordiamo per il giorno successivo al mio compleanno, che passerò brindando con 4 litri di un intruglio che mi ripulirà per benino l'intestino e con un digiuno al posto di una torta di compleanno.

L'oste di Caltagirone che mi fa i conti veri, infine, è proprio quell'onesto medico che, palesemente a disagio, mi dice che bisogna fare in fretta perché il tempo si sta esaurendo. La clessidra è impazzita e io devo correre nel raccattare le mie cose per tornare a casa e farmi assistere da chi mi vuol bene in questi passaggi diventati obbligati.

Ricordo di aver recitato un “quanto vuole per scappare dall'altra parte?” a chi sta spingendo la mia barella verso un ascensore e, quindi, verso una sala fredda, solo per chi è lì in ansia per me. Per spendere una sicurezza che non ho e celare i timori che, invece, ho numerosi.

 

LAUTARO MARTINEZ, LUKAKU E I MANCATI RIMPIANTI PER ICARDI

Se non dovessi occuparmi di cose più importanti e preoccupanti, parlerei ancora di Icardi, che seguo quando posso nella sua, sin qui fortunata, avventura parigina, e farei di conto sulle operazioni non condivise nella stagione passata.

Tralascio: oggi è stata giornata di chemio pesante e da domani ne inizio la fase di 14 giorni con pastiglie che mi infastidiranno lo stomaco. Poi 5 giorni di riposo, per ricreare qualche cellula e si ricomincia un altro degli 8 cicli previsti. In questi mesi che ho davanti non c'è spazio per futili rimpianti calcistici: spazio alle piacevolezze!

Lautaro Martinez non sempre mi convince ma ha ampi spazi di miglioramento, partendo da indiscusse qualità. Deve spendere meglio la sua foga e gestire meglio il suo egoismo da goleador. Mi piace abbastanza, fa bene cose (tante) e sbaglia cose (poche) da credibile grande calciatore.

Quello che mi ha fatto arrabbiare, fino a poco fa, e che mi ha incantato, pur avendo alle spalle tanti errori e mostrando discutibile tecnica, fino ad ora, è Lukako, improvvisamente, con due giocate: da fuoriclasse l'una (il cross di esterno sinistro per il goal di Lautato contro lo Slavia Praga) da esperto in magie l'altra (il tocco filtrante, tanto delicato quanto preciso, per il goal divorato da Lautaro contro la Spal). Che dire: amo queste stranezze, anche se sono rare chicche che vorrei vedere più spesso. Ma le stranezze non possono essere normalità e allora, tra uno stop mancato e un posizionamento maldestro, so che posso trovare delle prelibatezze calcistiche, come quando, da ragazzino e poi da adulto, andavo a raccogliere erbe selvatiche in campi incolti, in cui tanti vedevano solo abbandono e “erbacce” ed io e mia madre trovavamo tanta naturale ricchezza da portarci a tavola.

 

CRISTIANO RONALDO

Il Re è triste: pensieroso passeggia sulla fascia sinistra della Juve e rimugina.

Il Re è triste e solitario nei suoi pensieri. Un allenatore che vorrebbe amarlo viene tenuto a distanza dalla diffidenza di chi avverte qualcosa di anomalo nell'aria. Sospetta un tentativo di fronda da parte dei suoi sudditi che esultano vincendo partite a cui lui partecipa inviando la sua ombra, preoccupato e maldisposto. Higuain e Dybala non sono compagni adeguati a creargli spazi e corridoi verso il goal che gli permetta di esultare, regale, sotto gli spalti adoranti.

Era stato chiamato a sprovincializzare il nostro calcio e rimetterlo un po' al centro dell'Europa, se non del mondo. Invece, eccolo qui. Un anno in più e quel maledetto ritratto in soffitta che ha smesso di invecchiare al posto suo e riversa su di lui stanchezze e crepe che la sua regalità non aveva previsto. Dorian Gray aveva un pusher di giovinezza più affidabile. Che si può fare? Come accettare che il mondo intorno non si adegui?

Forse, affidarsi qualche volta agli occhi critici dell'allenatore aiuterebbe a darsi una misura diversa e di confrontarsi con la realtà degli altri. Impossibile che non capisca che rischia di rovinare anni di gloria quasi incontrastata, con una discesa accelerata verso la mediocrità, sconosciuta e per questo pericolosamente imprevedibile e imprevista. Anziché ignorare le attuali difficoltà dovrebbe avere l'umiltà di affrontarle come una nuova sfida da vincere.

Speriamo di vedere ancora un Re sorridente e con l'energia per scrollarsi di dosso questi cattivi momenti. Accetti di mettersi in discussione e non abbia paura di rovinarsi la costosa pettinatura, anche se il cerchietto in testa è pure elegante. Se è stanco si riposi come tutti i comuni mortali. Vada in vacanza lontano dall'Olimpo e ritorni con sufficiente energia a fare i suoi giochi di gambe, infilarsi negli spazi e spedire missili verso incolpevoli portieri. Altrimenti, segua la via della seta, gliela segnaleranno con un tappeto regale per chiudere in triste ricchezza, anche se non ne ha certo bisogno.

 

ZLATAN IBRAHIMOVIC

Il Re Zingaro invece è allegro e sfrontato, come sempre. Lo rivedrei volentieri nel nostro campionato, perfino nelle file degli “odiati” cugini. Una scossa per tutto l'ambiente rossonero ma anche un buon chiudere la vecchiaia sportiva tra quelle mura di casa che è, per lui, il campionato italiano. Non mi sembra che abbia guai fisici né le scorie mentali dell'altro Re.

Non è tipo da rimuginare troppo vagando per il campo e può essere esplosivo, con il suo carattere, per un ambiente acciaccato psicologicamente.

Il suo ghigno furbesco è immutato. Forse il suo ritratto in soffitta invecchia ancora al posto suo, oppure bara impudentemente e non ci sarebbe da stupirsene. Buon ritorno a casa...