Nel corso degli anni il calcio cambia. Subisce un mutamento. È naturale. È fisiologico. È nella natura delle cose. Già se vediamo la dinamicità di oggi rispetto agli anni 80 per esempio, anche solo all'occhio si vede che i giocatori di oggi vanno più veloci.

Cambia il metodo di allenamento, ci sono più partite, ci sono nuovi modi di allenarsi. Cambia anche il quotidiano che in qualche modo influenzano poi il calciatore nella crescita personale poiché noi siamo come delle spugne che assorbono ciò che viene propinato attorno a noi. I calciatori non sono da meno. Fanno parte della società anche loro.

C'è stato un evidente livellamento verso il basso delle qualità tecniche dei calciatori. Anche per essere convocati con la Nazionale Italiana maggiore, oggi, complice anche la minore concorrenza e qualità, è diventato molto più semplice arrivare ad essere convocati in azzurro. Il concetto di meritocrazia è andato un poco scemando o comunque richiede un minor livello di bravura.

Tutto questo inizia dalle giovanili. Ci sono molti meno calciatori "anarchici", sono più ingabbiati negli schemi, costretti loro malgrado a fare esclusivamente ciò che gli viene ordinato di fare, come ad essere una specie di robot che esegue dei comandi. Si gioca a due tocchi, bisogna fare quei movimenti volti a coprire e a dare manforte in fase di non possesso e chi ci rimette di più sono i geni, quelli che hanno più talento, che non possono dare sfoggio totale del proprio estro e della propria fantasia proprio perché non sono liberi ma hanno un copione da recitare in campo, fatto di schemi, gioco a due tocchi e movimenti in fase di non possesso, in fase di ripiegamento. Sono dei soldatini che obbediscono agli ordini.

Nel calcio ci vuole anche quello, ma occorre anche imprevedibilità, lasciare libero il calciatore talentuoso, il genietto, di inventare, creare, stupire, senza ingabbiarlo in degli schemi. Lasciarlo libero di fare uscire fuori il suo talento. La sua bravura. La sua fantasia.

Si creano dei robot capaci di eseguire solo dei comandi, di giocare a memoria ma non si lavora più sulla tecnica individuale con insistenza. Il dribbling negli spazi stretti, la marcatura a uomo, il tiro dalla distanza di collo pieno, di piatto, a giro, di esterno, migliorare la potenza del tiro, la precisione di esso, il gioco aereo, tutte situazioni che se allenate con costanza nelle giovanili possono portare ad un netto miglioramento individuale della qualità tecnica del calciatore.

Il tiro di collo pieno è diventata sempre merce più rara. Ormai il tiro a giro e di piatto è quello che viene più praticato, anche dalla distanza. Si cerca più l'effetto, il tiro a giro, la precisione chirurgica ma manca spesso la potenza. Si dice che il tiro di collo pieno stia in qualche modo sparendo per via dei nuovi palloni troppo leggeri rispetto a qualche anno fa. La potenza, il colpire questi palloni di collo pieno dà un effetto strano, tipo super tele, quei palloni che si usano da ragazzini o da bambini per giocare a calcio in giro, con la palla che si muove come se fosse spostata dal vento. Il tiro di collo ormai su usa solo per fare qualche lancio da lontano. Manca anche maggiore qualità in velocità. Saper giocare bene e in maniera pulita la palla in velocità.

Si dice che questi palloni sia stati fatti proprio per vedere più gol. Per questo sono più leggeri. Però facendo così sparisce il tiro in porta di collo pieno, di potenza. Sparisce o quasi. Il pallone se calciato di potenza prende sempre effetto. Mai o raramente va dritto per dritto in porta in maniera lineare senza prendere effetto.

E tutto ciò che ho scritto va a spiegare perché il calcio, se guardiamo i calciatori, a livello di qualità tecnica individuale si sia nettamente livellato verso il basso nel corso degli ultimi anni. Ci sono ancora campioni di alto livello ma ce ne sono molti meno. E alcuni calciatori di un tempo passato, che avevano davvero talento e classe da vendere, ma che erano cresciuto in un contesto che era zeppo e pieno di campionissimi e giocatori di un valore tecnico molto elevato, ebbene, se questi calciatori che sono rimasti incompiuti o incompresi o che magari non sono emersi in maniera prepotente, fossero nati nel calcio di oggi, livellato tecnicamente verso il basso, adesso sicuramente lo sarebbero. 

Federico Giampaolo, Domenico Morfeo,  Corrado Grabbi e Roberto De Zerbi sono stati quattro talenti purissimi degli anni 90. Oggi sarebbero in Serie A ad alti livelli. In quel calcio loro sono stati comprimari o comunque in secondo piano. Ma tecnicamente erano di un livello molto alto.

Federico Giampaolo è stato uno storico e grande numero 10 del Pescara Calcio. È fratello di Marco Giampaolo, ex allenatore anche del Milan tra gli altri. È abruzzese, nato a Teramo il 3 marzo del 1970. È stato un trequartista dotato tecnicamente, alto 175 cm, dal piede educato e dalla capacità innata di fornire assist decisivi per i compagni. Vederlo giocare era uno spettacolo per gli esteti del calcio. Aveva tecnica, sapeva saltare l'uomo, vedeva la porta, calciava bene punizioni e rigori. Non gli è stata data la possibilità di esprimersi in un top  club e non ha avuto molta continuità, ma tecnicamente era un elemento assolutamente valevole.

È cresciuto nelle giovanili di Giulianova e della Juventus. Con la Juventus non è riuscito ad esordire in prima squadra. Nel 1987-88 inizia la carriera nel Giulianova in C2. C'è anche il fratello Marco Giampaolo in quella squadra. Nel 1988 passa alla Juventus ma nei due anni che resta in bianconero non racimola nemmeno una presenza. Nel 1990 va a giocare nello Spezia in C1. Nel 1991 esordisce in Serie A e va a giocare nel Bari. E segna anche un gol nella massima serie italiana in 20 presenze. Nel 1992 esordisce in Serie B con il Verona e segna 5 gol in 29 presenze. Nello stesso anno esordisce con la nazionale azzurra Under 21. Resterà la sua unica presenza con l'Italia Under 21. Con la nazionale maggiore non riuscirà mai ad esordire. Nel 1993 va a giocare nel Palermo sempre in B e realizza 1 marcatura con i rosanero in 21 apparizioni. Nel 1994 arriva la svolta. Approda al Pescara e vi resta per 3 stagioni, sempre in B e accumula complessivamente 101 presenze con i biancazzurri con 35 gol all'attivo. Nel 1998 va al Genoa, sempre in B e fa 10 gol in 37 match. L'anno dopo va a giocare nella Salernitana, il primo anno in A e il secondo in B. In A in 23 presenze realizza 3 gol. Nel gennaio del 2000 torna al Pescara e vi resta fino al 2001 e realizza 14 gol in 60 presenze. L'anno dopo va a Cosenza sempre in B e vi resta una stagione e realizza 5 gol in 22 match. 

Nel 2002 torna per la terza volta a Pescara ed entra nella storia del delfino. Resta con gli abruzzese fino al 2005 e complessivamente sono 92 le presenze con 19 reti. Diventa così il secondo marcatore della storia del Pescara dopo Tontodonati e quello con più presenze dopo Ottavio Palladini. Nel 2005 passa all'Ascoli. Qui avviene un fatto curioso. Quell'Ascoli è in Serie A ed è allenato dal fratello Marco Giampaolo. Con quell'Ascoli fa solo due presenze in Coppa Italia. La prima giornata contro il Milan, Federico Giampaolo resta tutto il tempo in panchina, non esordisce in A con l'Ascoli e poco dopo viene ceduto al Modena in Serie B. Era appena stato preso dall'Ascoli ma viene subito ceduto. Con la squadra modenese realizza 1 gol in 25 match.

Nel 2006 va a Crotone, in B. Retrocede a fine anno in C e con la squadra realizza 5 reti in 24 presenze. Nel 2005 va alla Cavese in C1 e nel 2008 passa al Sorrento, sempre in C1. Nel Sorrento vince il suo primo trofeo, la Coppa Italia di Serie C segnando il gol decisivo in finale di ritorno contro la Cremonese. Nel 2009 chiude la carriera nel Noicottaro in C2, allora seconda divisione e realizza 4 gol in 11 presenze.

Domenico Morfeo è stato un talentuoso numero 10, trequartista, abruzzese nato a Pescina, in provincia de L'Aquila il 16 gennaio del 1976. Un funambolo, aveva dribbling, tecnica sopraffina, serpeggiava tra gli avversari. È mancato di continuità e aveva anche il suo carattere. Durante una conferenza stampa quando giocava con la maglia dell'Inter, per rispondere alle contestazioni dei tifosi nerazzurri disse praticamente che erano dei frustati che sottostavano ed erano sottomessi e sotto scacco dalle loro mogli tutta la settimana e così lo stadio e contestare i giocatori era l'unica loro valvola di sfogo. Suo fratello è Mario Morfeo, anche lui un ex calciatore nello stesso ruolo del fratello ma con meno talento e di due anni più piccolo.

Domenico Morfeo aveva un sinistro delizioso. Ha giocato anche ala sinistra e seconda punta. Specialista nei calci piazzati. Piccolo, alto 173cm per 74 kg quando era calciatore, è cresciuto nelle giovanili dell'Atalanta dove ha vinto a livello giovanile 1 campionato di allievi nazionali, 1 campionato primavera, 1 torne di Viareggio e 1 trofeo Dossena e con il quale esordisce nei professionisti nel 1993 e vi resta fino al 1997. 3 anni di A con la Dea e uno di B e complessivamente con gli orobici tra campionati e coppe nazionali in 111 presenze realizza 28 gol, compreso un ritorno in nerazzurro nella stagione 2000-2001. Per lui anche una presenza nella vecchia coppa Anglo italiana. Nel 1997-98 passa alla Fiorentina dove resta una stagione e vi tornerà nel 2000 fino a gennaio del 2001 e complessivamente con i viola tra Serie A, coppa Italia e coppa Uefa 55 presenze e 10 gol.

Nel 1998-99 passa al Milan. Tra campionato e coppa Italia 13 presenze senza reti ma vince uno scudetto pur senza essere protagonista e facendo vedere solo sprazzi del suo grande talento. Nel 1999 fino a gennaio del 2000 e da gennaio  a giugno del 2000 gioca prima a Cagliari e poi a Verona. Dopo i ritorni alla Fiorentina e all'Atalanta, successivamente passa all'Inter nel 2002-2003. 17 presenze e 1 gol in A con i nerazzurri di Milano e 10 presenze e 1 gol in Champions. Dal 2003-2004 gioca nel Parma fino al 2007-2008. Delizia Parma e tra Serie A, Champions league e Coppa Uefa in 96 presenze realizza 16 gol. Dal 2008 fino a gennaio 2009 passa a Brescia e gioca la miseria di una presenza in Coppa Italia. Dopo soli due mesi vuole rescindere e fa intendere di volersi ritirare dal calcio giocato ma all'inizio del 2009 va alla Cremonese dal suo ex allenatore Emiliano Mondonico, avuto già come coach all'Atalanta in prima divisione. 4 presenze e 0 reti in campionato e 3 presenze e 2 gol in Coppa Italia di Lega Pro. Chiude la carriera a San Benedetto dei Marsi nel 2011, città dove ha trascorso l'infanzia, in seconda categoria e in 22 match segna 19 gol. Con l'Italia Under 21 ha vinto un campionato d'Europa di categoria nel 1996. Non ha mai giocato nella nazionale italiana maggiore ma ha 2 presenze nell'Italia olimpica nel 1996 e ha vestito la maglia azzurra nelle selezioni Under 16 e Under 18 oltre che Under 21.

Corrado Grabbi è stato un talento purissimo cresciuto nella Juventus che ha visto il suo declino iniziare in Inghilterra, nel Blackburn Rovers. È stato un trequartista ma anche esterno di centrocampo. È nipote di Giuseppe Grabbi, mediano della Juventus degli anni 1920 e anche il padre Luigi ha giocato nelle giovanili della Juventus fino ad arrivare in primavera bianconera.

Nel 1993-94 gioca nei dilettanti nello Sparta Novara e in 31 match fa 8 marcature. Nel 1994-95 esordisce in A con la Juventus e in 2 match segna 1 gol. Esordisce con la Juventus anche in Coppa Uefa dove non trova gol nella sua unica presenza ma a fine anno vince Scudetto e Coppa Italia dove raccimola 1 presenza. Da luglio a novembre 1995 gioca con la Lucchese e in Serie B segna 1 gol in 8 presenze e raccimola pure una presenza in Coppa Italia senza trovare la via del gol. Da novembre 1995 fino al 1996 gioca nel Chievo e in B in 18 presenze segna 2 gol. Dal 1996-97 fino al 1997-98 gioca con il Modena in C1 e complessivamente tra campionato e coppa Italia di Serie C realizza 33 gol in 65 presenze.

Nel 1998-99 c'è la sua prima venuta alla Ternana che non sarà delle migliori come score realizzativo. La consacrazione definitiva arriverà nel ritorno a Terni. In B la prima volta con la Ternana realizza 14 presenze e 2 gol in B e 1 presenza in Coppa Italia. Nel 1999-2000 fa un anno in B al Ravenna dove in 29 presenze in campionato realizza 13 gol e trova anche la marcatura 1 volta in Coppa Italia in 5 match. Nel 2000-2001 torna alla Ternana. Si consacra definitivamente e in 34 presenze realizza 20 gol in B. E 3 presenze e 1 gol in Coppa Italia.

Nel 2001 fino a gennaio del 2002 passa al Blackburn e qui inizia il suo declino. È considerato uno degli acquisti peggiori della premier league inglese. Nella sua seconda venuta al Blackburn c'è stato un importante infortunio al ginocchio che lo ha fermato. Colpa anche di Graeme Souness. Fu pagato 22 mld di lire e il coach del Blackburn si intestardì nel metterlo fuori ruolo, ovvero esterno di centrocampo a sinistra. Fu la sua rovina. In Inghilterra iniziò a perdersi. In Premier league in 14 presenze realizza 1 gol. Inoltre ha all'attivo 2 presenze in FA CUP con 1 gol segnato e 4 presenze senza segnare in Coppa di Lega inglese.

Da gennaio a giugno 2002 va in prestito al Messina in B dove realizza 4 gol in 12 match di campionato. Nel 2002-2003 torna al Blackburn Rovers e segna 1 gol in 11 presenze. 2 presenze in FA Cup e 3 presenze in Coppa di lega inglese con 1 gol. 1 gol pure in Coppa Uefa in 2 presenze. Dal 2003 fino a gennaio del 2004 con il Blackburn fa 5 presenze in Premier league, 1 in Coppa di lega inglese e 2 in Coppa Uefa senza mai andare a segno. Da gennaio a giugno 2004 va all'Ancona in Serie A in una annata surreale dove l'Ancona fa ultimo e retrocede. Si presentò ad Ancona anche fuori forma, fece solo 7 presenze e fu anche colpito dal morbo di Ledderhose che lo aveva già colpito a Terni che gli rendeva difficile persino camminare.

Resta inattivo un anno ma poi l'11 settembre del 2005 viene ingaggiato dal Genoa che gioca in C1 e conquista una promozione in B contribuendo con 8 gol in 25 presenze. L'anno dopo con il Genoa in B non gioca. Ha subito nella sua carriera 8 interventi chirurgici ai piedi. Medita di ritirarsi ma viene convinto dai compagni a continuare. Da gennaio a giugno 2007 va all'Arezzo ma in 7 presenze in Serie B non segna. Chiude la sua carriera in Svizzera nel Bellinzona nel 2007-2008 dove in 6 presenze nella massima serie Svizzera non segna neanche un gol ma in Coppa di Svizzera riesce a realizzare un gol in due presenze in quella che sarà la sua unica marcatura in terra Svizzera.

Roberto De Zerbi è conosciuto come allenatore ma da calciatore è stato un grande talento che non è riuscito ad emergere del tutto. Ma aveva classe da vendere. Trequartista, prevalentemente mancino, dotato di tecnica e capacità di dribbling. Piccolo di statura, alto 175cm, era dotato di una buona visione di gioco ed era  un ottimo assist-man. Ha giocato pure esterno di attacco. Nato a Brescia il 6 giugno del 1979 era soprannominato il piccolo genio in omaggio a Dejan Savicevic, ex leggenda del Milan. Roberto De Zerbi è cresciuto nelle giovanili del Milan dove resta fino al 1998 arrivando in primavera. Si fa notare in precampionato con il Milan ma non riesce mai a fare una presenza con la prima squadra. Il suo esordio nei professionisti arriva con il Monza in Serie B dove milita dal 1998 fino a gennaio del 1999. 9 presenze e 0 gol con la squadra lombarda. Da gennaio a giugno 1999 gioca in C2 nel Padova e in 11 presenze realizza 2 gol. Dal 1999 a gennaio del 2000 gioca in C1 nel Como e complessivamente tra campionato e coppa Italia gioca 7 match senza segnare. Da gennaio a giugno 2000 gioca nel Padova in C2 e in 12 match trova il gol 3 volte.

Nel 2000-2001 gioca in C1 nell'Avellino e raccimola 6 presenze senza andare a segno. Dal 2001 fino a gennaio 2002 va a Lecco, sempre in C1. Qui 7 presenze e 0 gol. Da gennaio 2002 fino al 2003-2004 gioca nel Foggia. Due annate in C2 e una in C1. Si consacra e complessivamente con la squadra foggiana segna 18 gol in 56 presenze. Con il Foggia ha vinto un campionato italiano di C2.

Nel 2004-2005 gioca con l'Arezzo in B e segna 4 gol in 27 match. Nel 2005-2006 va a Catania e segna 7 gol in 34 presenze nel campionato cadetto. Per lui anche una presenza in Coppa Italia. Nel 2006-2007 va al Napoli in B. Tra campionato e coppa Italia complessivamente fa 3 gol (tutti in B) in 34 presenze.  L'anno dopo in Serie A con il Napoli realizza 0 gol in 3 presenze e a gennaio fino a giugno del 2008 va a giocare nel Brescia, la squadra della sua città natale, in B. Con il Brescia arriva in semifinale di play off ma non riesce ad agguantare la promozione in Serie A. 19 presenze complessivamente con un gol all'attivo con le rondinelle. L'anno dopo torna a Napoli per fine prestito sempre in A ma gioca solo 1 volta in Coppa Intertoto e 1 in Coppa Uefa  nel 2008-2009 torna all'Avellino in B. E questa volta va meglio rispetto alla prima volta e realizza 5 gol in 15 presenze. 

L'anno dopo torna nuovamente a Napoli dove non è stato molto fortunato. Non viene mai fatto giocare e nel febbraio del 2010 vola in Romania a giocare nel Cluj nella massima serie rumena. Non gioca molto e complessivamente tra massima serie rumena, Coppa di Romania, Champions league e supercoppa di Romania realizza 8 gol in 30 presenze e vince 2 campionati rumeni, nel 2009-2010 e nel 2011-2012 e una coppa di Romania nel 2009-2010. Chiude la sua carriera nel 2013 nel periodo che va da gennaio a giugno nel Tento in D dove realizza 3 gol in 10 match. Gli è mancata continuità ma De Zerbi era un giocatore tecnicamente valido. Nella sua carriera in 284 presenze più 2 presenze nei play off di B con il Brescia ha realizzato 55 reti. Non ha segnato molto ma era un ottimo suggeritore per i compagni.